Archivio mensile:Maggio 2008

Nuove frontiere dell’italianità.

Mi ha fatto sorridere la notizia riportata da LaRepubblica secondo la quale il vicesindaco di Treviso si sarebbe  scagliato  (il condizionale è d’obbligo) contro i cani  di provenienza  esotica: basta con i labrador, i pechinesi, gli husky, bisogna ritornare alle razze nostrane, quindi immagino che oltre al lupo italiano saranno bene accetti il pastore bergamasco, il pastore maremmano e il mastino napoletano.

Forse avranno diritto di cittadinanza anche il pastore tedesco, il pastore scozzese e il lupo alsaziano, in fondo si tratta di animali “comunitari” e come tali probabilmente beneficeranno del  trattato di Schengen.

Qui mi fermo perchè l’unico commento che mi sento di esprimere è un costernato “no comment”.

Sfogliando i cataloghi.

In questi giorni sto guardandomi intorno nelle agenzie di viaggi in cerca di un’idea per la “mia” settimana di vacanze.

In realtà le mie vacanze durano due mesi, che trascorrerò come sempre nella mia casa in montagna, aiutata nelle mille incombenze quotidiane da una splendida ragazza, proveniente dalla Costa d’Avorio che, ormai da due estati, tiene compagnia a mia madre e svolge qualche faccenda domestica, permettendomi di fare qualche passeggiata e di rilassarmi un po’, tuttavia riesco a ritagliarmi anche qualche giorno lontano da casa e allora ne approfitto per regalarmi un breve viaggio.

Lo scorso anno, dopo aver affidato mia madre a mio fratello, mi sono concessa una vacanza di cinque giorni in Valle d’Aosta, tra montagne imponenti, paesaggi mozzafiato, camminate nel verde e mangiate pantagrueliche.

Oggi sono tornata a casa carica di cataloghi che sfoglio lasciandomi andare a qualche sogno: qualche giorno in costiera amalfitana, una crociera di otto giorni nel mediterraneo orientale, un breve viaggio a Parigi o Berlino, un giro in Toscana a caccia di dolci colline.

Non so se la prossima estate riuscirò partire per una piccola avventura, ma sognare non costa niente.

lago maggiore

I bambini ci guardano.

In uno dei film tratti dai romanzi di Guareschi, “Il ritorno di Don Camillo“, la diatriba tra il sindaco Peppone e il possidente Cagnola sulla requisizione delle terre per la costruzione degli argini coinvolge anche i figli dei protagonisti che litigano aspramente fra loro, dopo il ferimento grave del bambino del sindaco solo l’alluvione del Po, che sommerge il paese, riporterà la pace richiamando tutti alla solidarietà e alla concordia.

I bambini ci guardano, ci osservano, anche quando non lo danno a vedere, imparano a leggere la realtà attraverso i nostri occhi e le nostre parole e imparano a vivere in mezzo agli altri attraverso i nostri comportamenti.

Per questo motivo non mi scandalizzano i temi dei bambini di Ponticelli, mi chiedo solo che atmosfera avvelenata abbiano respirato i piccoli autori, che discorsi abbiano udito in famiglia o per le strade: gli occhi dei bambini sono lo specchio nel quale noi adulti vediamo riflessa la nostra immagine, facciamo grande attenzione a non deturparlo.

Hanno tanti maestri i bambini: gli insegnanti, la televisione, il gruppo dei “pari”, ma soprattutto i genitori e, soprattutto dai genitori imparano comportamenti, valori, idee e pregiudizi.

Il dovere di noi adulti è quello di essere semplicemente “buoni maestri”.

occhi di bambino

Ricordo personale.

Ventotto anni fa moriva, assassinato in un attentato terroristico, Walter Tobagi.

Io ho un ricordo molto personale, avevo sostenuto con lui (che allora credo fosse, oltre che uno stimato giornalista, un assistente di Storia Moderna) uno dei miei esami meglio riusciti, lo avevo apprezzato come una persona colta, molto disponibile, che aveva impostato l’esame come un colloquio in cui mi ero trovata subito a mio agio.

Il suo assassinio mi colpì profondamente anche se, allora, gli omicidi erano quasi un’abitudine tanto che, quando stavo a studiare in Università, ogni tanto venivo interrotta dal lungo urlo di una sirena che tuttavia era un suono drammaticamente consueto.

E’ incredibile come in quegli anni, gli anni di piombo, la mia vita scorresse “normale”, tra una lezione universitaria e i miei primi maldestri tentativi di giovane moglie impegnata ai fornelli, ogni tanto mi scopro a pensare che ci si abitua veramente a tutto.

Ma all’omicidio di Tobagi non riuscivo a fare l’abitudine, non era un nome in cronaca, era una persona in carne ed ossa che avevo incrociato e che avevo ammirato e così mi ritrovai, spalla a spalla con il generale Dalla Chiesa, in una gremita e dolente camera ardente, a rendere omaggio a un uomo che ci era stato tolto violentemente e, almeno allora per me, incomprensibilmente.

Vele al vento.

la virata Nella scuola dove insegno si organizzano, ormai da molti anni, dei corsi che hanno lo scopo di avvicinare i ragazzi ad attività sportive un po’ diverse dal calcio così, mentre in inverno i ragazzi partecipano a lezioni di sci e snowboard, nella bella (si fa per dire, visto il clima di questi giorni) stagione gli allievi di prima partono per l’idroscalo di Milano per seguire il corso di vela organizzato dalla “Lega navale italiana“.

Si tratta di quattro lezioni durante le quali, sotto la guida di pazienti istruttori, i ragazzi imparano a prendere confidenza con i microscopici “optimist“, imparano il linguaggio indispensabile per capire le istruzioni, imparano ad armare l’imbarcazione con deriva, timone e vela, imparano a fissare le cime con i nodi adeguati e poi si spingono al largo, da soli sul piccolo natante e si cimentano con venti, andature e virate vincendo la paura che, anche se non lo ammetteranno mai, è tradita dal nervosismo e dalle risate un po’ troppo squillanti.

E’ divertente sentirli parlare, con una proprietà di linguaggio degna di Cino Ricci, di “mura a dritta”, “orzare” e “boma”, ma soprattutto è appassionante vederli impegnati nel cercare il vento per far correre veloce la piccola imbarcazione sotto lo sguardo attento degli istruttori a bordo del gommone.

Alla fine della lezione, mentre smontano vela, deriva e timone, discutono animatamente fra loro, millantando abilità da vecchi lupi di mare, poi si torna sui banchi di scuola, ma anche questa esperienza serve a crescere.

idroscalo

Chi di pregiudizio colpisce….

Fa discutere una serie di spot pubblicitari, apparsi sulla televisione tedesca, nei quali i “creativi” si sono affidati ai più triti stereotipi sugli italiani per promuovere l’offerta di televisori al plasma in vista degli Europei di calcio.

Il protagonista è un italiano, munito di catenona d’oro e canotta con il tricolore, decisamente trucido, truffatore, maschilista e playboy: in poche parole è l’immagine dell’italiano frutto dei peggiori pregiudizi.

Qualche anno fa, in un percorso educativo volto a capire che cosa siano gli stereotipi, abbiamo affrontato in classe, insieme ad alcuni esperti, un lavoro veramente interessante: dapprima abbiamo chiesto ai ragazzi di elencare le caratteristiche di alcuni popoli stranieri, poi abbiamo illustrato lo stesso lavoro svolto con ragazzi austriaci, tedeschi, inglesi e francesi a proposito degli italiani.

Ecco il ritratto del nostro popolo secondo la descrizione dei loro coetanei stranieri: gli uomini sono di pelle, capelli e occhi scuri, usano molta brillantina, portano vistosi anelli e catene d’oro, camicie sbottonate sul petto villoso, ci provano sempre anche se con scarso successo, hanno un solo credo “la mamma”; le donne sono basse, con curve molto evidenti, vestono, se giovani, con colori sgargianti, se anziane rigorosamente in nero, diventano ben presto grasse, ma sono ottime cuoche.

Logicamente i ragazzi erano stupiti e si chiedevano da dove fosse uscita un’immagine così irreale del nostro popolo, ma è bastato proiettare qualche spot pubblicitario d’oltralpe per svelare il mistero.

Spero abbiano capito che giudicare un popolo in base a preconcetti è frutto dell’ignoranza e che, per farsi un’idea degli altri, bisogna informarsi, viaggiare, comunicare e non farsi condizionare dagli stereotipi.

Bisogno di sicurezza.

Di questo ho paura, perchè temo la violenza cieca, che si scaglia contro chi è “diverso” e, anche se rispetta le regole, lavora, paga le tasse, per il solo fatto di essere diverso, di avere una lingua, una cultura, delle abitudini diverse dà fastidio.

Ho paura anche di chi non ha il minimo rispetto della vita altrui e si mette alla guida di un’auto magari ubriaco e pazienza se qualcuno si trova ad incrociare la sua strada, ho paura di chi usa l’auto come un’arma letale in un folle gioco al massacro.

Ho orrore della violenza intimidatoria che colpisce chi ha idee e comportamenti minoritari perchè penso che tutti abbiano il diritto di vivere come meglio credono, purchè non violino la libertà degli altri.

Forse se le nostre città non sono sicure, se c’è tanta violenza, se c’è tanta paura la causa non è da ricercare solo nei campi nomadi o nei quartieri popolati da cittadini extracomunitari, forse è il caso di comprendere che c’è una nuova barbarie , che cresce e si rafforza alimentata dalla paura stessa e dall’indifferenza, che non è meno pericolosa.

“Louvre a Verona” addio.

Salterà quasi sicuramente l’attesissima mostra “Il Louvre. Capolavori a Verona“, programmata per settembre e organizzata da “Linea d’Ombra”, con opere di Leonardo, Raffaello, Botticelli, Tiziano, Tintoretto e tanti altri provenienti dal prestigioso museo del Louvre.

Il comunicato stampa degli organizzatori è reciso e non ammette repliche, purtroppo, benchè ci siano già più di 100.000 prenotazioni, il museo francese non potrà prestare le opere promesse poichè, a causa di un grave ritardo nei lavori, non sarebbe possibile garantire conservazione e sicurezza adeguate ai dipinti.

Sicuramente si è persa una grande occasione per ammirare, nel nostro paese, opere di prima grandezza e di immensa bellezza.