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Il ritorno della paura.

Prima che scoppiasse la pandemia, in questo periodo dell’anno, le tre classi seconde della locale scuola secondaria (la scuola media, per intenderci) venivano invitate in biblioteca per tre serate di lettura di racconti del terrore, con brani di Poe, Buzzati, Garlaschelli, Dahl e chi più ne ha più ne metta.

Le sale della biblioteca, completamente buie, decorate (si fa per dire) con ragnatele, erano popolate da inquietanti figure che si animavano per leggere i testi e poi sparivano nelle tenebre, tra rumori sinistri e, logicamente, le grida spaventate dei ragazzi.

Si trattava di un modo non usuale per avvicinare i ragazzi alla lettura e per celebrare in modo non banale Halloween.

Poi l’arrivo della pandemia, la necessità del distanziamento, le classi in DAD per due anni hanno reso impossibile il ripetersi di questa attività che, ormai, era diventato un appuntamento quasi tradizionale.

Quest’anno, finalmente, la paura è tornata ad aggirarsi tra gli scaffali della biblioteca e questo mi sembra un bel segnale di ritorno alla normalità.

Milano - Kasa dei libri

Una nuova partenza, un nuovo viaggio.

Preparo di nuovo la valigia: questa volta si tratta di abiti leggeri, cappello, occhiali da sole mentre nel bagaglio a mano c’è già la macchina fotografica, c’è il passaporto, ci sono le mascherine (che non sono obbligatorie, ma il volo e lungo e non si sa mai).

Come sempre, quando sta per iniziare un nuovo viaggio, sono un po’ agitata, sono un po’ timorosa, ma sono anche impaziente di lanciarmi nella nuova avventura che questa volta avrà come destinazione Il Cairo.

Inutile dire che non vedo l’ora di trovarmi al cospetto delle piramidi e della Sfinge, di trovarmi in un luogo che ha alle spalle una storia millenaria, una civiltà splendida, un passato che ho tanto studiato sui libri di scuola.

Non vedo l’ora di stare nel luogo della Biblioteca di Alessandria, di un centro di cultura che purtroppo è stato distrutto, ma che per me, che ho passato la vita a leggere e tradurre i classici della letteratura greca, è come un faro luminosissimo.

Sono emozionata all’idea di trovarmi lì dove la Storia ha impresso con forza le sue orme.

In volo verso Amman

Pastelli e quaderni.

Quando ero bambina la scuola iniziava al primo di ottobre e, di conseguenza, restavamo in montagna quasi fino alla fine di settembre ed era piacevole perché, anche se dopo i primi temporali di agosto il tempo si guastava, c’era ancora qualche giornata di cielo terso e di sole tiepido e di profumo di muschio.

Quando si tornava a casa gli ultimi giorni prima dell’inizio delle lezioni erano dedicati a preparare il materiale per la scuola, ma non si trattava di acquisti molto dispendiosi: un quaderno a righe e uno a quadretti, i pastelli colorati con cui rimpiazzare quelli troppo consumati nell’astuccio (che era sempre lo stesso per cinque anni), una matita nuova, una gomma (se quella vecchia era troppo consumata), un set di pennini.

Il temperamatite era sempre lo stesso così come la cannuccia (quella dove infilare i pennini), mentre il nettapenne me lo confezionava la nonna con alcuni dischi di panno tenuti insieme da un bottone per camicie cucito nel centro.

Pochi acquisti poco costosi mi permettevano di rimettermi in pista.

La nonna mi cuciva anche due o tre grembiulini nuovi (se quelli vecchi erano troppo piccoli) e la mamma acquistava due o tre colletti inamidati e un paio di fiocchi nuovi (la mia sezione portava orgogliosamente un fiocco azzurro).

Non avevamo niente di firmato, niente di griffato, ma allora eravamo tutte così, in quegli anni sessanta di un’Italia che stava vivendo il “miracolo economico”, ma non lo sapeva ancora, in cui i genitori e i nonni avevano ancora ben presenti i dolori e le miserie della guerra, anche se nella case cominciavano ad entrare televisori, frigoriferi e lavatrici.

Erano gli anni in qui ci si poteva permettere qualche acquisto, ma in cui si cercava di risparmiare dove si poteva, in cui i piatti raramente erano vuoti, ma noi bambini venivamo addestrati a non lasciare nulla nel piatto, in cui se una cosa si rompeva la si aggiustava fino a quando era definitivamente inservibile.

Io sono cresciuta in quel clima.

milano scuola elementare 1963 64

Compagno di viaggio.

Dante è un compagno di viaggio fin dalle scuole medie quando la mia insegnante di italiano, che mai smetterò di ricordare con affetto, mi fece incontrare la Commedia, non senza impegno visto che ricordo ancora a memoria i brani di Caronte e di Ulisse e del conte Ugolino.

Mi innamorai subito di Manfredi, “biondo e bello e di gentile aspetto”, fui catturata dall’intelligenza di Ulisse, mi avvicinai in punta di piedi all’amore di Paolo e Francesca che allora non potevo capire, ma che intuivo fosse un sentimento potente, capace di sopravvivere alla morte.

Poi Dante mi ha accompagnato al liceo e all’università e ogni nuovo incontro, ogni nuova lettura mi hanno donato nuove emozioni e nuova conoscenza.

Dante non è solo il padre della lingua italiana e il sommo poeta, Dante era un intellettuale di vastissima cultura e sensibilità, è un profondo conoscitore dell’animo umano e dei sentimenti che guidano le azioni dell’uomo.

A settecento anni dalla morte del poeta oggi celebriamo il Dantedì proprio nel giorno in cui, secondo gli studiosi, si collocherebbe l’inizio del viaggio nell’oltretomba, l’inizio di un racconto che per molti versi coinvolge noi tutti.

Firenze

L’anno di Dante.

Nel 2021 ricorre il settecentesimo anniversario della morte del Poeta e in molte parti d’Italia ci si accinge a celebrare l’evento con mostre, letture pubbliche, lezioni di illustri accademici.

Mi rendo conto che, di questi tempi, Dante possa sembrare lontano come la luna e d’altra parte quando insegnavo era abbastanza difficile convincere i ragazzi ad avvicinarsi alla Commedia senza pregiudizi poichè il linguaggio è decisamente ostico per un adolescente e l’imponenza del poema spaventa.

Ma poi, quando leggevamo insieme brani immortali come l’incontro con Paolo e Francesca o la narrazione del “folle volo” di Ulisse o la tragedia del conte Ugolino o la preghiera di San Bernardo alla Vergine si realizzava una specie di magia e Dante, all’improvviso, sembrava “interessante e moderno”.

Ho incontrato Dante, per la prima volta, alle medie e me ne sono innamorata, poi, al liceo, il programma di letteratura prevedeva la lettura integrale delle tre cantiche ed è stato allora che ho cominciato a capire veramente l’architettura raffinata dell’opera, le scelte linguistiche che, allora, erano arditissime, la complessità del sapere umano racchiusa tra i versi, la sfida delle allegorie, la bellezza senza uguali di un’opera che è il fondamento della nostra lingua.

Chi altri avrebbe potuto immaginare un verso tanto ardito come “Vergine Madre, figlia del tuo figlio”?

Ho amato e amo Dante senza riserve e quest’anno mi piacerebbe tornare a Firenze per respirare l’atmosfera dove si manifestarono le sue scelte politiche, dove si perfezionò il linguaggio, dove visse passioni, amori e quotidianità.

Firenze

Quelle splendide donne.

Le ho incontrate quando erano poco più che bambine, piene di dubbi, incertezze, speranze, ambizioni, alcune un po’ goffe come farfalle rinchiuse in un bozzolo che ne camuffava la grazia e la bellezza, consapevoli della loro forza e della loro intelligenza, ma non ancora pronte a fidarsi della loro intelligenza e della loro forza.

E le rivedo oggi, sui social spesso, ma anche per la strada, al supermercato, negli uffici, le vedo ormai diventate grandi e bellissime come fiori d’acciaio, alcune con il capo incoronato di alloro, alcune con un bimbo o una bimba accanto, donne che hanno trovato un posto nel mondo, che svolgono una professione che si sono assunte delle responsabilità e che, finalmente, hanno imparato ad affidarsi alla loro forza e alla loro intelligenza.

Mi piace pensare di aver percorso un pezzetto di strada con queste donne, mi piace immaginare di aver lasciato loro qualcosa che le abbia aiutate nel tempo a realizzarsi.

Vederle crescere è il raro privilegio di chi, come me, ha passato una vita tra i banchi di scuola.

Valbiandino fiori

Due anni da pensionata.

Sono passati due anni dal mio ultimo giorno di lavoro, due anni da pensionata, due anni di viaggi, letture, relax, sveglia quando capita, quasi nessuna scadenza (tranne qualche bolletta da pagare), due anni senza temi da correggere, lezioni da preparare, programmazioni da stilare, registri da compilare, riunioni spesso abbastanza inconcludenti.

Quando sono andata in pensione qualcuno fra i miei amici profetizzava che la scuola mi sarebbe mancata perché la scuola era la mia vita.

Devo osservare, giusto per smentire i falsi profeti, che la scuola non mi è mancata per nulla, non mi sono mancati i ragazzi (che comunque se ne sono andati con me) e non mi mancano neppure i nuovi allievi (quelli che se fossi ancora in classe sarebbero i miei allievi) per il semplice motivo che non li ho mai conosciuti .

Mi spiace solo aver lasciato i ragazzini di una prima in cui insegnavo storia e geografia perchè era una bella classe, con delle testoline intelligenti, ma comunque era inevitabile che dovessi lasciare indietro qualcuno e ho la consolazione di averli lasciati in buonissime mani.

Del resto immagino con terrore come me la sarei cavata con la scuola a distanza visto che, per me, il rapporto diretto con i ragazzi era ed è fondamentale.

Correzione

Le soluzioni “facili”.

Oggi, passando per la piazza del paese, ho colto i discorsi di persone preoccupate per l’imminente rientro a scuola di scolari e studenti e mi sono resa conto che, incredibile a dirsi, la scuola è veramente una priorità (se non altro perché gestire i ragazzini a casa, con le lezioni a distanza e le connessioni ballerine e la difficoltà di conciliare le lezioni con lo smart working dei genitori, è un’impresa ardua).

Da una parte c’era chi paventava una immediata chiusura delle scuole a pochi giorni dalla riapertura, chi discuteva se fosse meglio far misurare la temperatura ai genitori o al personale, chi cercava soluzioni, apparentemente ovvie, ma impraticabili.

Qualcuno sosteneva che l’unico modo per garantire il distanziamento tra gli alunni consisteva nello svolgere le lezioni per mezza classe al mattino e per mezza al pomeriggio (semplice no? e poi si eliminerebbero le classi “pollaio).

Peccato che il raddoppio delle classi coinciderebbe con il raddoppio del numero degli insegnanti o delle ore di insegnamento, con un conseguente raddoppio dei costi che potrebbero diventare insostenibili.

Chi non ha responsabilità nelle decisioni ha, di solito, tutte le soluzioni.

Francamente sono contenta di essere in pensione da due anni.

elementare

E’ difficile scrivere.

Non è solo colpa del caldo e dell’aria di vacanza, ma si tratta piuttosto di una sorta di disagio perché in questo periodo, soprattutto sui social, leggo post deliranti, post complottisti, ondate di puro odio e, anche se avrei tanto da dire, preferisco chiamarmi fuori, non entrare in discussioni senza capo né coda ben sapendo che, soprattutto di questi tempi, cercare di fare discorsi improntati a razionalità e senso critico è sempre più arduo.

Mi piacerebbe scrivere, portare opinioni, discutere in modo pacato fondando sul ragionamento le mie conclusioni, ma ho sempre più l’impressione che sia tempo perso e fatica sprecata.

Purtroppo chi si è “laureato” su facebook , chi crede ciecamente alle affermazioni anche più improbabili, agli esperti del nulla non ha incertezze, non ha dubbi e, di solito, non affronta criticamente le questioni e io, francamente, faccio fatica a confrontarmi con chi non dialoga, ma afferma in modo assoluto.

Per anni ho cercato di insegnare ai miei ragazzi a porsi dei dubbi, a farsi delle domande, a non fidarsi in modo acritico di chi “possiede la verità”, anzi li incitavo a verificare anche le mie affermazioni, a non fidarsi neppure di me.

Spero francamente che non sia stata fatica sprecata, spero di aver aiutato a crescere donne e uomini liberi.

Io, per quanto mi riguarda, in momenti come questi preferisco tacere anche perché sono un po’ stufa di combattere contro i mulini a vento.

Marsala (Sicilia)

Una scuola fatta di “persone”.

Alessio non era un mio allievo, ma ci siamo trovati subito, durante l’intervallo mi ronzava attorno e adorava infilarsi a tradimento nella mia classe, era un ragazzino pieno di interessi e passioni tra le quali quella per la geologia e i minerali, io gli avevo regalato quelli che, per me, erano solo “sassi” ed eravamo diventati amici.

Poi lui è cresciuto e io sono invecchiata, ma siamo ancora amici, quando ci incontriamo per strada o al bar ci facciamo grandi feste e condividiamo la passione per la fotografia e per il cielo.

Ogni tanto mi regala, sulla mia pagina di Facebook, qualche foto della Luna o di Venere o di qualche costellazione, foto che rivelano un grande amore per l’astronomia e una infinita pazienza.

Per questo motivo oggi, contrariamente a quello che faccio di solito, pubblicherò sul mio blog una foto non mia, ma di Alessio, una foto stupenda, tanto bella da sembrare “finta”, una foto che racconta di una grande passione, di pazienza, di sensibilità, di amicizia.

Grazie Alessio.

Foto di Alessio Ursino