In biblioteca.

Alla fine del ginnasio ricordo che scoprii, di colpo, tutti gli svantaggi di aver scelto una scuola superiore impegnativa e che aveva come unico sbocco l’Università: molte mie compagne delle medie avevano smesso di studiare ed avevano cominciato a lavorare acquisendo una indipendenza economica per me impensabile e irraggiungibile.

Così decisi che dovevo trovarmi un lavoro (oggi si direbbe part time, allora si diceva un “lavoretto”) un’occupazione, cioè, che impegnasse poche ore della giornata e mi permettesse di raggranellare qualche soldino da spendere in libri e dischi, i leggendari 45 giri (sembra preistoria, ma nella mia adolescenza la musica era solo in “vinile”) da ascoltare con un gracchiante mangiadischi fucsia,

Avevo cominciato a capire qualcosa di musica ascoltando “Alto Gradimento” o “Bandiera Gialla” e, in un’era in cui esistevano ancora i magnetofoni (quelli abbastanza ingombranti con i tasti colorati) e i mangiacassette erano un lusso, ascoltare la musica significava acquistare dei dischi o attaccarsi alla radio (altro che mp3, ipod e amenità consimili).

Inutile dire che i miei genitori erano abbastanza preoccupati all’idea che trascurassi gli studi, poi capitò il colpo di fortuna, un amico di famiglia mi offrì di lavorare nella biblioteca del paese, praticamente una soluzione fantastica: avrei potuto studiare e lavorare in mezzo ai libri.

Così tutti i pomeriggi aprivo la biblioteca, dove restavo per tre ore, gestivo il prestito, aiutavo i ragazzini a fare le ricerche (non c’era internet allora), catalogavo i libri nuovi e nei tempi morti studiavo.

Qualche volta qualcuno mi chiedeva di consigliargli un libro e io mi rendevo conto che era difficile parlare di qualcosa che non si conosceva, così cominciai a leggere di tutto, anche dei romanzi e dei saggi assolutamente improponibili (per sapere se un libro è decente bisogna leggerlo tutto).

Ricordo ancora una signora che era un’accanita lettrice di romanzi rosa e che ho tentato a lungo, invano, disperatamente di orientare su altre letture: alla fine mi sono arresa, ma ho imparato la lezione che, almeno per quanto riguarda i gusti, ciascuno è libero di fare ciò che vuole.

Alla fine del mese ritiravo i miei soldini, che mi bastavano giusto per un disco, non ricordo esattamente l’entità dei miei proventi, tuttavia ho la vaga sensazione che fossero piuttosto magri, ma io ne andavo fiera perchè erano i primi soldi “miei”, guadagnati col mio “lavoro”.

3 pensieri su “In biblioteca.

  1. aigle

    La conoscenza fa la differenza!!!… La tua scrittura la conferma, è un piacere leggerti.

    L’indipendenza economica non sempre paga…

  2. IrishSara

    Anch’io ho fatto qualcosa di simile, nel 1996, alla biblioteca di Reggio Emilia,la “Panizzi”, ma il mio era un lavoro non retribuito, una sorta di volontariato. Per un periodo sono stata al reparto audiovisivi, e per il tempo rimanente dovevo catalogare dei libri d’epoca, meravigliosi da tenere fra le mani…ricordo che non mi accorgevo nemmeno del tempo che passava…poi, prima di andare a casa, il giretto all’emeroteca per leggere i giornali…che bei ricordi! Grazie per avermeli riportati alla mente….!

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