Archivi giornalieri: 19 Giugno 2007

A proposito di maestri.

Sto passando queste giornate (per la precisione queste mattinate) ad osservare i miei allievi tutti intenti nello svolgimento degli esami scritti, nella scuola e nella classe c’è un silenzio insolito, un’atmosfera quasi ovattata, innaturale, anche i ragazzi mi sembrano diversi dal solito, mi sembrano più timidi, più riflessivi, più “pulitini”, praticamente in “alta uniforme da esame”.

Li guardo e rifletto sui percorsi che li hanno portati a questo esame: percorsi diversi a partire fin dalla nascita, diverse situazioni socio-economiche, diversi ambienti culturali, diversi stimoli, diverse esperienze, persino diverse alimentazioni, ma tutti si trovano ad affrontare l’esame di stato in condizione di assoluta uguaglianza.

E’ in situazioni come questa che mi torna in mente la lezione di Don Milani, che in qualche modo ha sempre orientato il mio modo di essere insegnante: ” Non c’è nulla che sia più ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali “.

La frase, tratta da “Lettera ad una Professoressa”, è sempre stata il mio modello di comportamento: tante volte mi sono chiesta quale sarebbe stato il rendimento scolastico di un ragazzo se la sua storia fosse stata “differente”.

Con ciò non voglio dire che ciascun di noi è predestinato al successo o all’insuccesso e non può modificare la situazione, logicamente ha una grande importanza l’impegno che ciascuno di noi mette o non mette in quello che fa.

Vorrei però sottolineare che noi insegnanti dobbiamo tener conto del fatto che qualche ragazzino trova più ostacoli, più difficoltà o, al contrario, la strada spianata per il solo fatto di essere nato in una famiglia dove i libri sono merce rara oppure no, dove si parla in dialetto o in italiano forbito, dove si trascorrono le vacanze giocando per le strade del paese o visitando i musei di Parigi e, di conseguenza, dovremmo adattare il nostro insegnamento alle loro esigenze, insegnando competenze più che contenuti, mettendo l’educazione linguistica e la padronanza degli strumenti espressivi al centro dell’esperienza scolastica e non limitarci, come a volte succede, a registrare asetticamente i successi gli insuccessi.

Seguendo l’insegnamento di Don Milani io ho sempre cercato di affinare questa sensibilità, di lavorare con e per i ragazzi nel tentativo di colmare le lacune che ciascuno, a causa del proprio vissuto, si porta dietro anche perchè, come diceva l’illustre pedagogo, “I care” ho a cuore i miei ragazzi e il loro futuro.

Se si perde loro (i ragazzi più difficili) la scuola non è più scuola. É un ospedale che cura i sani e respinge i malati“.