Corre voce che ci siano sempre meno insegnanti disposti ad accompagnare le classi nei viaggi d’istruzione, soprattutto quando si tratta di scuole superiori e francamente la cosa non mi stupisce.

Un viaggio di più giorni, che preveda più di un pernottamento, decisamente non è un affare: si lavora ventiquattro ore su ventiquattro (perchè alcuni ragazzi riescono a non dormire proprio mai), le responsabilità, trattandosi di minori, sono mostruose, il compenso è quasi nullo, l’età media degli insegnanti è sempre più alta, mentre l’unico vantaggio consiste nel viaggiare gratis (…e vorrei anche vedere…).

Che i giovani si trasformino spesso in un’orda di barbari è dimostrato dal fatto che tutti gli alberghi, in Italia e all’estero, chiedono esosissime cauzioni per proteggersi dai danni.

Viaggiare con le scuole medie inferiori è un po’ più agevole benchè anche i più piccoli festeggino la prima esperienza fuori casa, senza i genitori, con nottate di estenuanti baldorie, tuttavia sono più limitati i rischi legati al consumo di alcool e sostanze più o meno illecite, alle fughe notturne, agli assembramenti sediziosi in una sola stanza che invece caratterizzano le trasferte dei più grandi.

Sta di fatto che, anche nella nostra scuola, non è stato facilissimo trovare i malcapitati che il primo marzo, ad ore antelucane, con un clima da tregenda, si imbarcheranno per un viaggio di cinque giorni in quel di Praga con sessanta ragazzini esaltati dall’idea di sentirsi un po’ più grandi.

Non sono pentita, ma comincio a considerare con interesse la scelta di quei colleghi che hanno preferito starsene a casa.