In classe iniziamo lo studio del Giappone e subito si pone il problema di fare un po’ di chiarezza: cinesi e giapponesi non sono la stessa cosa.

Fino a qualche anno fa tutti coloro che avevano gli occhi anche vagamente a mandorla erano per definizione giapponesi, anzi per l’esattezza “turisti giapponesi”, oggi, sulla scia dei servizi giornalistici imperniati sui laboratori gestiti da cinesi, tutti coloro che hanno gli occhi vagamente a mandorla sono cinesi, siano essi coreani, vietnamiti o filippini.

E soprattutto sono tutti uguali, o almeno così la pensano molti dei miei allievi.

Cucina cinese è l’involtino primavera, ma anche il sushi, indifferentemente, basta che chi lo porta in tavola sia un orientale.

Allora ci siamo messi a elencare nomi, persone e oggetti, poi abbiamo cancellato tutto ciò che giapponese non è e così sono rimaste parole come samurai, ikebana, tsunami, toyota, fuji, kimono, manga, nintendo e via dicendo.

Alla fine, quando pensavo che fosse tutto chiaro, poco prima del suono della campanella uno dei miei pargoli ha commentato giulivo “Prof, siamo proprio invasi dai cinesi!”

Che bello scoprire che bisogna ricominciare da capo!