Un popolo di sarti…

Non solo siamo un popolo di santi (navigatori ed eroi), ma anche un popolo di sarti, o meglio di stilisti e Milano è il cuore pulsante di questa Italia della moda.

Proprio per rendere omaggio a questo aspetto non secondario dell’economia milanese negli anni novanta, in occasione della totale ristrutturazione della stazione delle “Ferrovie Nord” in piazzale Cadorna ad opera di Gae Aulenti (che per le stazioni ha una mano santa: si veda la Gare d’Orsay di Parigi), proprio di fronte all’edificio è stato posizionato quello che dovrebbe rappresentare il simbolo della laboriosità meneghina (se sta mai cui man in man!) e della vocazione della mia città a capitale della moda: un gigantesco ago conficcato nel suolo, dalla cui cruna scende un filo di tre colori che si perde nella pavimentazione per riemergere qualche metro più in là con un enorme nodo.

Milano l'ago

Si tratta di una scultura di Claes Oldenburg dal titolo abbastanza criptico: “Ago, filo e nodo” (ma guarda!).

Non so quanto i milanesi si siano riconosciuti in quest’opera, ma, come sempre accade, dopo un’iniziale perplessità venata dalla tipica ironia che li contraddistingue, hanno fatto l’abitudine a vedersela tra i piedi (ne hanno viste tante nella storia di questa città) tanto è vero che oggi è diventato un innocuo spartitraffico nel caotico traffico cittadino e i numerosi passanti, soprattutto i pendolari che la stazione delle ferrovie e quella del metrò vomitano copiosi a intervalli regolari, sfilano di fianco al gigantesco ago senza neppure alzare lo sguardo e senza scomporsi più di tanto.

Siamo gente abituata a commentare in tono ironico: alcune definizioni dei monumenti cittadini sono veramente fulminanti e forse, già tanti anni fa, il tradizionale buonsenso meneghino aveva sollevato qualche perplessità persino sull’affresco del refettorio di Santa Maria delle Grazie, il famoso Cenacolo, che il maestro di Vinci, geniale quanto tiratardi, non si decideva a completare.

Da parte mia non ho ancora capito se mi piace o no, ma, come tanti miei concittadini, ormai mi sono abituata a considerarlo un elemento del paesaggio e quindi può continuare ad occupare il suolo pubblico (tanto non sporca).

7 pensieri su “Un popolo di sarti…

  1. Signor Ponza

    Io sono uno di quelli a cui non dispiace per niente. Mi piace soprattutto il fatto che sia colorato, in una città spesso grigia, o così percepita.

  2. Serena

    …ho fatto una ricerca digitando la parola “Ago” ed ecco cosa mi appare?!
    Non sono di Milano e non ho mai visto questa scultura dal vivo…
    Ma questi commenti mi fanno sorridere…… Sto facendo la tesi su un’ artista che si impegnava nella realizzazione di aghi e bottoni… Terrò presenti i vostri commenti visto che nella tesi cito anche Oldenburg! Minimo!!!
    A mio parere è un po’ … trash… volutamente ambiguo!
    Ciao

  3. enrico

    Bèh, cus agh sarà mai da ved, in fund l’è pö ‘mà na gügia. Ansi, par cul ch’i vedi l’è anca ‘n bèl gügión, e tanti paroli difìcili, tanti paroli ch’i dìsan cüj ch’hin a-stüdià, mi i a capissi gnanca. Cus l’è ch’al sarissa stu “trash”? No, dim da trà, l’è manumà na gügia.
    Ciau nèh.
    enrico (damdatra)

  4. kairi

    ciau… cercavo su internet delle immagini di opere di Claes Oldenburg e ta dan… ho visto questa… l’ho riconosciuta subito, l’ho vista tantissime volte, durante le gite a milano con la scuola, non pensavo fosse un’ “opera d’arte”, agli inizi credevo fosse qualcosa di pubblicitario per una sartoria XD

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