Archivi giornalieri: 19 Maggio 2007

Zoccoli in mano!

Ho già raccontato, in precedenza, che anni fa abbiamo svolto una ricerca sul territorio intervistando gli anziani del paese per raccogliere informazioni sui tempi andati.

Un tempo la scuola elementare (che negli anni venti nel mio paese arrivava solo fino alla quarta) era ospitata in quello che oggi è il Palazzo Comunale, una antica villa settecentesca originariamente di proprietà dei conti Rasini, le classi si trovavano al piano superiore ed erano raggiungibili percorrendo le due rampe di un ampio scalone.

Allora i ragazzi portavano ai piedi gli zoccoletti di legno e la maestra, prima di affrontare i gradini, dava l’ordine “zoccoli in mano” in modo da consentire una salita ordinata e silenziosa (anche se a piedi nudi, ma allora i bambini erano spartani), logicamente c’era sempre qualche “furbetto” che, per far inquietare la maestra e perdere un po’ di tempo, lasciava cadere le calzature che rotolavano rumorosamente a valle, così tutti quanti erano costretti a tornare indietro per affrontare di nuovo la scala.

Allora insegnava una maestra quasi leggendaria, una signorina che aveva dedicato tutta la vita alla scuola e sulla cui tomba qualche mano ignota depone ancora oggi dei fiori freschi, che in paese veniva chiamata semplicemente “la Signora Maestra”: aveva insegnato ad intere generazioni a leggere, scrivere e far di conto, conosceva tutti e controllava tutto, se a un ragazzino mancava un bottone del grembiulino o se una bimba esibiva delle unghie non perfettamente pulite e tagliate si incaricava di segnalarlo ai genitori, i quali, lungi dal reagire, provvedevano immediatamente, perché non era neppure pensabile contraddire una simile autorità.

All’inizio dell’anno scolastico il cartolaio, proveniente dalla vicina cittadina, portava i sussidiari, i quaderni e le matite colorate, sei pastelli delle dimensioni delle matite dell’Ikea, chiusi in scatolette di cartone, la maestra conservava tutto quanto sotto chiave e distribuiva l’occorrente ai ragazzi solo quando era necessario, così il materiale, benché limitatissimo, durava tutto l’anno.

Quando i ragazzi, alla fine della quarta elementare, avevano assolto all’obbligo scolastico la maestra girava per il paese e reclutava quelli che non avevano intenzione di proseguire gli studi, spostandosi nei paesi vicini, parlava con i genitori e, per evitare che finissero a lavorare sui telai, convinceva le famiglie a rimandarli a scuola, dove frequentavano come “ripetenti volontari”.

Gestiva classi numerosissime: insegnava grammatica, aritmetica e geometria, storia, scienze, geografia e religione, assegnava compiti e lezioni che puntualmente controllava il giorno seguente, in quarta elementare faceva leggere “I Promessi Sposi” o “Le confessioni di un Italiano” e stupisce incontrare degli anziani che ricordano ancora a mena dito i romanzi letti in età infantile o ricordano le biografie di Guglielmo Oberdan e Cesare Battisti.

Insegnava ai bambini a leggere le ore dal balconcino sulla facciata del palazzo, prospiciente il campanile, perché nelle povere case contadine di allora gli orologi e le sveglie erano rari.

La scuola allora era un’oasi felice nella vita durissima dei ragazzi che passavano le giornate invernali nelle stalle e quelle estive a lavorare nei campi, si andava a scuola volentieri perché anche le lezioni, i compiti e la ferrea disciplina erano un privilegio rispetto alla quotidianità del lavoro e nei ricordi dei bambini di allora c’è ancora tanta gratitudine e rispetto per chi ha svolto il proprio lavoro con dedizione e l’orgoglio di una conoscenza acquisita a prezzo di tante fatiche e sacrifici.

Palazzo Rasini