Un albero per amico.

Tanto tanto tempo fa (in una galassia molto lontana) sono stata anch’io una ragazzina e mi sembra di ricordare che non avessi comportamenti sostanzialmente dissimili dalle “mie” fanciulle in fiore.

Mi piaceva stare in compagnia, raccontare all’amica del cuore i piccoli segreti, passare il pomeriggio girando sempre per le stesse vie del paese, nella vana speranza di incontrare casualmente “qualcuno”, ridere per niente e piangere per tutto.

Ogni tanto, però, sentivo un irrefrenabile impulso a stare da sola per poter pensare ai fatti miei con un po’ di tranquillità senza che qualche adulto di passaggio mi chiedesse all’improvviso “a cosa stai pensando?” gettandomi nel più patetico imbarazzo: di solito stavo pensando a qualcosa che, allora, non avrei confessato neanche sotto tortura.

Quando ero in vacanza in montagna (ebbene sì, sempre la Valsassina) avevo imparato ad arrampicarmi sugli alberi: c’era un abete molto vecchio sul limitare del parco-giochi dove mia madre portava mio fratello, che allora era particolarmente piccolo e rompiscatole, e, se mi obbligava a seguirla, dopo poco tempo sparivo tra i rami più alti, usando quelli più bassi come agevoli gradini di una scala a pioli.

Allora ero molto agile e sgusciavo tra i rami con sicurezza, mi portavo dietro un libro e qualcosa da sgranocchiare e mi perdevo, per ore, nella lettura o nella contemplazione del paesaggio, con la schiena appoggiata al vecchio tronco rugoso e le gambe, che erano sempre graffiate, penzoloni nel vuoto (una specie di Forrest Gump ante litteram).

Forse ero stata influenzata dalla recente lettura del “Barone rampante” e mi immaginavo di non scendere più, ma di trascorrere tutta l’esistenza muovendomi tra i rami, con il profumo inebriante della resina che mi solleticava le narici, osservando il mondo là sotto solo di tanto in tanto, quando la brezza apriva un varco tra le fronde.

Poi ho smesso di arrampicarmi come uno scoiattolo, perché ero cresciuta e mi vergognavo di quell’abitudine un po’ puerile, ora tornerei volentieri, ma il fisico non mi permette più di sfidare la gravità come allora…eppure il mio amico albero è ancora lì maestoso e paziente che sembra ancora aspettarmi, con le sue braccia accoglienti, per offrirmi attimi di solitudine e di quiete.

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11 pensieri su “Un albero per amico.

  1. kiara

    Mio padre a me e ai miei cugini aveva fatto una casetta deliziosa su una quercia nel nostro giardino, qualche anno fa la banca ha comprato il terreno e la quercia l’hanno buttata giù per fare un bel parcheggio..
    Non ho neppure una foto..
    Baci.

  2. Gala

    Soffro di vertigi e salire sugli alberi mi è impossibile. Avevo però un ciliegio che adoravo, mio padre lo aveva messo in giardino per me.

  3. vendostelle

    Anch’io da piccolo avevo un sogno..quello di farmi una casetta su un albero a casa dei miei nonni…
    Se ci penso il mio unico desiderio e’ quello di tornare a quell’eta’!!!

  4. lau

    Se non puoi più salire, abbraccialo, lui ti trasmetterà tanta energia.
    La Yourcenair scriveva:”Le radici affondate nel suolo….il capo in pieno
    cielo. Conosci un modo di esistere più saggio?…”
    Sono parole d’amore per gli alberi.
    Sono contenta di essre passata quì.

  5. Gianluca

    Ho fatto tanti tentativi con uno stesso albero: tutti falliti: il tronco dell’albero era troppo largo.

    Però non ti devi vergognare di arrampicarti anche alla tua età … anzi potresti dare un esempio! 😉

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