Archivio mensile:Dicembre 2018

Un’altra valigia, un altro volo.

Manca veramente poco a Capodanno e se la tradizione ci insegna che “Natale con i tuoi…”, subito dopo Santo Stefano è già ora di pensare alla valigia per il viaggio breve (o, se vogliamo, il “week end lungo”) di fine anno.

Quest’anno la meta è Lisbona, una città che non ho mai visitato e che mi attira per i suoi colori e la sua vivacità (per non parlare del Porto).

E così, tra pochissimo tempo, si ripeterà il rito della sveglia ad ore antelucane, dell’aeroporto pieno di viaggiatori in partenza per le più fantasiose destinazioni, del volo mentre si leva il sole, della scoperta di luoghi sconosciuti, di cibi insoliti, di nuove atmosfere.

Ancora una volta inizierò il nuovo anno lontano da casa e, a mio parere, è uno dei modi migliori per cominciare una nuova avventura.

In volo da Baku a Milano

L’arte intorno.

Capita in queste giornate di grandi abbuffate di sentire la necessità di una passeggiata soprattutto per smaltire le libagioni e le calorie interiorizzate.

Capita anche che, ogni tanto, la foschia si diradi e il sole sembri improvvisamente più tiepido e l’aria sembri più tersa e allora diventa piacevole passeggiare fuori dal paese, tra gli alberi spogli e i terreni incolti.

E passeggio verso le Foppe, il laghetto poco distante, in cerca di quiete e di bellezza e la mia attenzione è attratta dagli strani disegni dei rami spogli che si riflettono sul pelo dell’acqua o dalle geometrie eleganti dei canneti.

I miei occhi sono pieni di immagini che mi ricordano dei quadri astratti, i tagli di Fontana o il rigore di Mondrian e comprendo che l’arte è intorno a me, che la bellezza è intorno a me.

Cavenago di Brianza - Le Foppe Cavenago di Brianza - Le Foppe

Cosa non è il Natale.

Possiamo allestire un presepe con angeli e stelle, possiamo accendere tutte le luci, ma non dobbiamo mai dimenticare che cosa il presepe ci racconta: il Figlio di Dio che si fa ultimo tra gli ultimi, che condivide con gli ultimi la povertà e l’esilio, che deve fuggire perchè un tiranno sanguinario vuole la Sua morte, che la sua famiglia non ha trovato nessuno che accogliesse una donna incinta stanca per un lungo viaggio.

Se per un attimo non ci facciamo catturare dalla magia del Natale, se non ci facciamo prendere solo dal sentimentalismo e non ci facciamo intenerire dalla dolcezza dei canti, se non ci affidiamo ad una tradizione edulcorata possiamo capire che il presepe è anche un simbolo di dolore e di paura, che quella famiglia, la Sacra Famiglia, deve affrontare mille difficoltà, che nascere in una stalla non è poetico, ma è terribile.

Che il Figlio di Dio abbia scelto di non nascere nel lusso ci insegna che dirsi cristiani significa, prima di tutto, saper accogliere e condividere, che dirsi cristiani non significa brandire il crocifisso e poi dimenticare la croce.

Buon Natale a tutti.

Milano  - Natale 2016

Babbo Natale.

Per qualche anno è stato un “must”, ma ora (per fortuna) sembra scemare la moda dei pupazzi di Babbo natale appesi (… e talora impiccati) a finestre e balconi.

I primi, devo ammettere, erano  simpatici, anche se un po’ inquietanti, perchè erano quasi a grandezza naturale e sembravano arrampicarsi sulle facciate degli edifici con fare furtivo.

Poi, con il passare del tempo, i pupazzi sono diventati di tutte le misure, con le casacche un po’ stinte e malridotte, appesi in posizioni improbabili, in balia degli eventi atmosferici che non contribuiscono certo a migliorare la situazione.

Ora mi sembra che la moda sia un po’ “passata di moda”, ma ho paura di scoprire quali altre brutture  ci riservi il futuro.

Cavenago di Brianza - Babbo Natale

Stille Nacht, heilige Nacht.

E’ una delle canzoni natalizie più famose (dalle nostre parti nota col titolo “Astro del Ciel”) che fu eseguita per la prima volta la vigilia di Natale del 1818, proprio duecento anni fa, nella chiesa di San Nicola a Oberndorf, vicino a Salisburgo.

Il canto evoca tutta la magia di una notte silenziosa, di una notte santa in cui tutto è pace, solo una coppia veglia accanto ad un bambino ricciuto che dorme sulla paglia della mangiatoia.

La musica ricorda una dolcissima ninna nanna che possiamo facilmente immaginare sussurrata da Maria per tranquillizzare il Bambino forse turbato nel suo placido sonno dal canto degli angeli e dall’accorrere festoso e stupito dei pastori.

Quando, nella notte di Natale, sento l’organo accennare le prime note che si librano purissime nell’aria greve di incenso, mi sento invadere da una dolcezza struggente che mi riporta alla mente tante notti simili e la magia e il mistero della nascita e la tenerezza della mano di mio padre che stringe la mia.

Milano  - Natale 2016

Il buio e la luce.

Nel mese di dicembre cade il solstizio d’inverno, il giorno più buio dell’anno, quello in cui le tenebre sembrano mangiarsi tutta la luce, ma anche quello in cui le ore notturne arrivano al massimo, poi le giornate cominciano impercettibilmente al allungarsi e ci rassicurano perchè ci dicono che anche la notte più lunga ha un termine e poi spunta il sole.

Sarà proprio perchè dicembre è un mese così buio che accendiamo tante luci nelle nostre case e nelle nostre città e le luminarie natalizie forse simboleggiano più di quello che immaginiamo, forse non sono solo un modo un po’ ingenuo e retorico di festeggiare il Natale, ma ci ricordano il nostro desiderio di luce.

Non solo le comunità di tradizione cristiana accendono le luci, ma anche il mondo ebraico festeggia, nei primi giorni di dicembre, Hanukkah, la festa della consacrazione del Tempio, che è anche la Festa delle Luci e questo forse significa, al di là delle diversità delle credenze religiose, che tutti gli uomini vivono il buio con particolare disagio e quando si trovano nelle tenebre trovano conforto nella speranza della luce.

Milano - Luci di Natale in Corso Como

Aria di casa.

Alla mia nascita mia madre si dimise dall’ufficio dove lavorava (allora si usava così) e cominciò a fare la mamma a tempo pieno e allora il lavoro delle casalinghe era una faccenda tosta.

Da quando ho ricordi vedo la mia mamma alzarsi presto la mattina per accendere la stufa, la vedo lavare i vestiti a mano, la vedo rassettare la casa (che per fortuna era minuscola), la vedo fare la spesa nei tanti negozi della via tenendomi per mano, ma soprattutto la vedo cucinare con passione.

Una delle cose che amavo di più era stare accanto a mia madre quando preparava gli gnocchi, la vedo sbucciare le patate bollite ancora fumanti e poi passarle nello schiacciapatate (che faceva usare anche a me), la vedo impastare le patate con la farina e preparare dei lunghi cilindri di pasta che venivano tagliati con un coltello affilato in pezzetti lunghi poco più di un centimetro.

Il mio compito, invece, consisteva nel passare gli gnocchi sui denti di una forchetta per dare loro una forma che permettesse al sugo di fare presa.

Un altro compito che mi spettava quando stavo accanto alla mamma era quello di chiudere i lembi dei ravioli, facendo attenzione che aderissero bene perchè il ripieno non se ne andasse in giro quando l’acqua cominciava a bollire.

Poi sono cresciuta e ho imparato a grattugiare il parmigiano e a mescolare il ragù, cercando di non ustionarmi.

Mi piaceva “aiutare” la mamma, mi faceva sentire importante e, contemporaneamente, mi permetteva di acquisire una manualità in cucina che ancora oggi fa parte delle mie competenze.

Ho imparato tanto stando accanto a mia madre, ho imparato la dedizione, ho imparato la gioia serena di fare qualcosa per le persone care e di questo le sono ancora grata.

Bologna - A tavola

Gli angeli intorno a noi.

Quando ero bambina il mio angelo custode deve aver rischiato più di una volta l’esaurimento nervoso, perchè ero vivacissima, mi arrampicavo sugli alberi, correvo a perdifiato inciampando spesso (le cicatrici sulle mie ginocchia ne sono una prova tangibile), mi mettevo sempre nei guai e, tutto sommato, non mi è mai successo niente di grave o, per lo meno, non sono mai finita in pronto soccorso, segno evidente che il mio angelo custode ha dovuto fare gli straordinari.

Mia madre, nelle preghiere della sera, mi rammentava sempre di ringraziarlo.

Poi sono cresciuta, ma ho sempre avuto un angelo vicino a me ed era mio padre (che guarda caso si chiamava Angelo), un angelo attento, ma discreto, un po’ defilato, ma sempre presente, un angelo capace di tenermi per mano e di lasciarmi libera di sbagliare.

Ormai da tanto tempo non è più visibilmente con me, ma lo sento vicino, con la sua tenera presenza, con il suo sorriso luminoso, con il suo amore incondizionato.

Bergamo - Lorenzo Lotto - Pala con Madonna e Santi nella chiesa di S. Bernardino-

Per fare un presepe.

Per fare un presepe in fondo basterebbero Maria, Giuseppe, il Bambino e una grotta dove trovare riparo contro il freddo delle notti invernali perchè, quando facciamo memoria dell’Incarnazione, il nucleo fondamentale della narrazione è proprio questo: una giovane coppia, la povertà del rifugio, la gioia di una nascita.

Ma il nostro presepe, secondo la tradizione, è molto più “abitato”  perchè non ricorda solo la nascita di un bambino, ma l’evento destinato a mutare la vita di molti e quei pastori che si affollano titubanti intorno alla grotta simboleggiano tutti coloro che riconoscono nel Natale il mistero della nascita del Figlio di Dio.

E allora ci vogliono anche gli angeli che, nella notte santa, svegliano i pastori e annunciano la venuta di Cristo e ci vuole una stella che guidi i Magi fino alla grotta e ci vogliono tanto amore e condivisione.

Scicli (Sicilia)

Elogio della polenta.

E’ il piatto invernale per eccellenza, almeno dalle mie parti, appare per magia con i primi freddi, calda, fumante, dal colore giallo che mette allegria.

Un tempo era la regina di tutte le tavole brianzole, anzi spesso era l’unica protagonista dell’alimentazione delle famiglie contadine, perchè è saporita, sazia e costa poco.

Oggi arriva in tavola accompagnata da un intingolo goloso, dai funghi, dalle salamelle, mischiata con i formaggi, condita con burro fuso e salvia e non è sempre  solo gialla, in montagna spesso ha il colore grigiastro del grano saraceno, qualche volta è bianchissima e spolverata di formaggio e radicchio, ma è sempre buona.

In questi giorni di dicembre, in cui capita spesso di ritrovarsi con gli amici intorno ad un tavolo per scambiarsi gli auguri, la polenta la fa da padrona, con buona pace della linea, e insieme ad un calice di buon vino rosso aiuta a riscaldare la convivialità.

E’ bello vederla cuocere nel paiolo di rame e poi scivolare fumante sul tagliere, ha un sapore che sa di antico, di tradizione, di un passato forse più povero, ma autentico.

Piani di Artavaggio