Archivio mensile:Dicembre 2018

Le luci della città.

Fa freddo in questi giorni a Milano e quando è l’ora del crepuscolo la temperatura sembra scendere più velocemente, ma contemporaneamente la città si accende, le vetrine luccicano, le luminarie e i festoni risplendono soprattutto nel Quadrilatero, in piazza della Scala, in Galleria o in piazza Gae Aulenti.

E’ piacevole passeggiare in questo clima di festa e combattere il freddo pungente con una fetta di torta e un caffè caldo caldo in uno dei tanti locali che si affacciano sulle vie affollate, è divertente osservare le vetrine e commentare gli oggetti esposti, spesso stravaganti, e i prezzi altrettanto stravaganti.

La vie del centro sono punteggiate di pasticcerie storiche dalle vetrine opulente che attirano i passanti con le creazioni fantasiose che promettono dolcezze e profumi e sono un piacere per gli occhi.

Si torna a casa un po’ stanchi e infreddoliti, ma con una gioia che rincuora.

Mi sento bene e stare bene fa bene.

Milano - Natale nel Quadrilatero

Milano - Natale nel Quadrilatero

Il giorno prima di Santa Lucia.

Oggi è il giorno di Santa Lucia, ieri era il 12 dicembre, il giorno che per me, e credo per tutti quelli della mia generazione, è ancora e sempre l’anniversario della strage di Piazza Fontana, della bomba nella Banca Nazionale dell’Agricoltura del 1969.

Ieri non ho ricordato in questo blog, come faccio ogni anno, il tragico evento forse perchè distratta da altre tragedie, ma poi, verso sera, mentre parlavo con un giovane, mi sono resa conto che, per lui, Piazza Fontana non è neppure un ricordo e che il 12 dicembre è solo il giorno prima di Santa Lucia.

Ho sentito spesso dire che ormai, a quasi mezzo secolo dalla strage, è ora di seppellire i morti e di lasciare quei fatti e quegli anni all’oblio, ma io che quegli anni ho vissuto, io che sento ancora vivo lo sgomento per la mia città ferita, per l’innocenza perduta non riesco, non posso e non voglio dimenticare.

E allora ricordiamo: ieri era l’anniversario della strage di Piazza Fontana, della bomba che ha spezzato la vita di diciassette persone lasciando sul terreno ottantotto feriti, dell’inizio di quella che fu definita “la strategia della tensione” e in qualche modo della fine dell’ingenuo ottimismo degli anni del dopoguerra.

Milano Piazza Fontana

Strasburgo.

Strasburgo è una città stupenda posta nel cuore dell’Europa, è un crocevia della storia, è un luogo simbolo del desiderio, spesso difficile e impervio, di pace che ha attraversato ( e credo attraversi ancora) l’Europa dopo gli orrori delle guerre mondiali.

Strasburgo è la sede prestigiosa del Parlamento europeo e del Consiglio d’Europa e ricordo ancora l’emozione dei miei allievi durante la visita dei luoghi istituzionali, la loro allegra fierezza nello scattarsi un selfie davanti alle bandiere allineate nel grande piazzale.

Oggi Strasburgo è ferita ed è una ferita che ci colpisce tutti.

Strasburgo (Francia)

Viaggi di gruppo.

Più o meno due volte all’anno (in estate e per Capodanno)  partecipo ad un viaggio di gruppo, di solito si tratta di un tour, organizzato da un’agenzia di viaggi di cui conosco la serietà e la competenza.

In genere mi piace organizzare personalmente i miei viaggi brevi , ma quando la meta è un po’ più complessa o il viaggio consiste in una serie di spostamenti da una città all’altra preferisco affidarmi a qualcuno che mi organizzi gli spostamenti, i pernottamenti, le visite guidate e mi lascio portare a spasso senza preoccuparmi di orari e prenotazioni.

Tuttavia, anche se partecipo ad un tour organizzato, mi piace ritagliarmi i miei spazi e starmene un po’ da sola come la scorsa estate, durante il viaggio in Polonia, quando mi svegliavo molto presto, facevo colazione alle sette e poi uscivo a visitare il centro storico quando la città si stava ancora svegliando.

Ricordo ancora l’atmosfera di Danzica, le ombre lunghe, le strade vuote, il profumo dell’aria fresca del mattino, l’emozione di scoprire la città quando non è ancora invasa dai turisti, la tranquillità del silenzio in cui è più facile seguire il filo dei pensieri, la gioia della scoperta.

Poi, per le nove, quando il gruppo si ritrova davanti all’albergo per partire, sono pronta per ripartire con il mio bagaglio di pensieri, di ricordi, di emozioni.

Polonia - Danzica

Emulazione.

A poche ore dalla strage in discoteca provocata, a quanto pare, dalla fuga dai ragazzi dalla sala dopo che era stato usato uno spray urticante un episodio analogo si è ripetuto in due scuole, quasi si trattasse di un “effetto Werther” dell’imbecillità.

Ogni volta che un gesto (compiuto per dolo o per stupidità o per noia o per divertimento) balza agli “onori” della cronaca, soprattutto della cronaca nera, saltano subito fuori gli emulatori e il fenomeno è tanto più diffuso quanto più l’informazione fa da cassa di risonanza.

Penso che molti ricordino il periodo dei  sassi lanciati dai cavalcavia: spesso i responsabili, quando venivano identificati, erano ragazzi che ripetevano il gesto incuranti delle responsabilità e delle conseguenze (talvolta mortali) e lo facevano per divertimento, per vedere “l’effetto che fa”, perchè, in un modo perverso, era di moda.

Gli emulatori sono persone deboli, forse desiderose di un attimo di visibilità (anche solo nel gruppo dei pari), che considerano un gioco assaggiare il “frutto proibito” di un albero avvelenato.

Non so se esistano soluzioni al fenomeno, so tuttavia che deve essere pesantemente sanzionato.

Il Museo Bagatti Valsecchi.

La casa si trova proprio nel Quadrilatero della Moda, a pochi passi dalle vetrine lussuose di via Monte Napoleone e, vista da fuori, è un edificio elegante ed austero che non lascia neppure lontanamente immaginare il fasto delle stanze del piano nobile.

All’interno sono conservati gli arredi delle sale dei due appartamenti dei fratelli Fausto e Giuseppe Bagatti Valsecchi i quali, nella seconda metà dell’800, si dedicarono alla ristrutturazione del palazzo di famiglia secondo il programma culturale varato dalla monarchia sabauda all’indomani dell’unità d’Italia che vedeva nel Rinascimento un elemento fondamentale per il consolidamento dell’identità nazionale.

I due fratelli dedicarono denaro ed energie alla ricerca di oggetti, dipinti, arredi da collocare in modo armonioso nei locali fino a ricreare ambienti dal sapore antico dove però la famiglia continuò a vivere la propria quotidianità fino al 1974.

E’ curioso ascoltare le testimonianze dell’ultimo inquilino della casa che ricorda di aver percorso i saloni con la macchinina rossa a pedali o di aver assistito allo sbarco sulla luna tra un caminetto quattrocentesco e un dipinto del Bellini.

Oggi la casa è un museo, uno dei tanti gioielli preziosi e spesso sconosciuti di Milano.

Milano - Museo Bagatti Valsecchi

Un regalo per i milanesi (… e non).

Da undici anni a questa parte, poco prima della festa di Sant’Ambrogio, Palazzo Marino ospita un capolavoro, proveniente da musei e collezioni prestigiose, che resta esposto nella Sala Alessi dall’inizio di dicembre fino alla metà di gennaio e può essere ammirato gratuitamente con l’aiuto di guide che illustrano il dipinto inserendolo nel contesto storico-artistico del periodo in cui è stato creato.

Si tratta di un’iniziativa dell’Amministrazione Comunale che ormai è entrata nella tradizione del Natale a Milano e che rappresenta un vero e proprio regalo alla città e a tutti coloro che la visitano.

Quest’anno l’opera esposta è “L’adorazione dei Magi” del Perugino che è uno dei tesori della Galleria Nazionale dell’Umbria.

Il dipinto, una pala d’altare di grandi dimensioni, è attribuita al periodo giovanile del Perugino e rappresenta una sintesi geniale tra la tradizione  tardo-gotica e le nuove atmosfere che l’artista aveva respirato nella bottega del Verrocchio dove aveva lavorato come allievo fianco a fianco con Leonardo e Botticelli.

Vele la pena di sopportare un po’ di coda per ammirare questo capolavoro.

Milano - Palazzo Marino - "Adorazione dei Magi" del Perugino (Particolare)

Milano - Palazzo Marino - "Adorazione dei Magi" del Perugino (Particolare)

I Re Magi.

Quando ero bambina li guardavo incuriosita quando li liberavamo dall’involucro polveroso di carta di giornale che li aveva protetti per un anno dagli urti e dai rischi di rottura in cui potevano fortunosamente incappare nella nostra cantina.

Li mettevamo lontano dal presepe perchè, seguendo la cometa disegnata sulla carta azzurra coperta di stelle dorate, sarebbero arrivati solo all’Epifania e li avremmo sistemati con i loro abiti fastosi e i loro esotici cammelli, tra gli umili pastori e le pecorelle.

Le statuine che facevano parte del nostro presepe , seguendo una tradizione consolidata, erano tre: uno europeo (oggi diremmo caucasico), uno decisamente asiatico e uno (udite, udite) africano, con la pelle scura e i lunghi capelli ricciuti.

Ero piccola, ma in qualche modo quella pluralità di etnie, mi piaceva perchè, come mi avevano spiegato i miei genitori, il bambino nella mangiatoia era nato per tutti, senza distinzioni, senza differenze tra ricchi e poveri, tra bianchi e neri.

Milano - Presepe all'Albergo Diurno

I sapori del Natale.

Il periodo natalizio (che più o meno inizia all’inizio di dicembre e finisce intorno alla metà di gennaio) è un tempo di grandi abbuffate da scontare poi con un tempo più o meno lungo di rimorsi e dieta ferrea.

Una volta, quando ero bambina, era un tempo un po’ più ristretto in cui ritornavano ciclicamente sapori particolari che poi sparivano durante il resto dell’anno ed attendere quei sapori era un’esperienza gioiosa che oggi, nell’era della globalizzazione, in qualche modo ci è stata tolta.

Ricordo il profumo delle arance e dei mandarini avvolti in carta lucida che si spandeva  intorno alla tavola ancor prima che gli spicchi dorati venissero liberati dalla buccia tesa, ricordo il sapore particolare dei datteri, dolcissimi ed appiccicosi, il gusto delle noci, delle mandorle e dei fichi che, per il resto dell’anno, scomparivano come per magia.

Ricordo che mia madre preparava una sorta di aspic di pollo e verdure con la gelatina lucida e tremolante che troneggiava in mezzo alla tavola dove compariva anche, accanto al bollito, la mostarda.

E poi ricordo il profumo del panettone e il sapore dei canditi e dell’uvetta che mi sembravano più saporiti di oggi anche perchè il panettone era artigianale e ce n’era di un solo tipo non come ora che i panettoni sono ricoperti di cioccolato e glassa, farciti con creme dai sapori esotici, senza canditi, o senza uvetta, o senza uvetta e canditi, o senza uova e burro, o senza glutine, o senza panettone (… e in questo caso si chiama pandoro).

E poi c’era il torrone, duro come il cemento, profumato di frutta secca e di miele.

Forse non erano i sapori ad essere diversi, forse eravamo diversi noi che eravamo capaci di stupirci, che sapevamo il valore dell’attesa, che ci accontentavamo di semplici gioie, che sapevamo gustare la felicità di stare insieme.

Milano Expo 2015

Istruzioni per l’uso.

Si sa che pochi minuti prima del decollo gli assistenti di volo illustrano, nel disinteresse generale, le istruzioni di sicurezza che vengono ripetute, pari pari, ogni volta tanto che tutti i viaggiatori hanno l’impressione di conoscerle a memoria (anche se in realtà non credo che sia proprio così).

Vengono indicate le uscite di sicurezza (… e il “sentiero luminoso” per raggiungerle), viene spiegato il sistema di sgancio delle cinture, viene illustrato come indossare le maschere per l’ossigeno e il giubbotto di salvataggio.

Il giubbotto di salvataggio serve “nell’improbabile caso di un ammaraggio”, ci dicono, ed effettivamente quando ho volato verso la Polonia, sorvolando le Alpi, l’ammaraggio mi sembrava molto improbabile (se non altro per mancanza di mare), e poi bisogna ricordare che il fantomatico giubbotto non va gonfiato all’interno dell’aereo anche se, quando sento queste parole, mi vengono alla mente immagini del tipo “L’aereo più pazzo del mondo”.

Appena concluso il rassicurante discorsetto l’aereo comincia a rullare sulla pista, allaccio la cintura, metto il cellulare in modalità “aereo”, raddrizzo il sedile, alzo la copertura dell’oblò, do un’occhiata allo sportello che cela il mio giubbotto di salvataggio e, di solito, mi addormento.

In volo verso Catania