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Addio Penelope.

Per quelli della mia generazione la grande attrice greca Irene Papas era Penelope, il personaggio che aveva interpretato magistralmente nello sceneggiato televisivo (allora non si usava il termine “fiction”), coprodotto dalla RAI, nel 1968 che aveva portato nelle case degli italiani le vicende dell’Odissea.

Fu la prima produzione RAI a colori e resta memorabile perché le puntate erano precedute da una introduzione di Giuseppe Ungaretti che leggeva alcuni versi del poema omerico.

L’attrice greca aveva restituito una figura di donna forte e bellissima, estremamente elegante e raffinata.

L’anno seguente recitò in “Z-l’orgia del potere” di Costa Gavras che vinse l’Oscar come miglior film straniero e narra dell’assassinio dell’attivista greco Grigoris Lambrakis per mano di estremisti di destra con la complicità delle forze dell’ordine e dei militari.

In realtà il film, girato sotto il regime dei colonnelli, non fa esplicitamente riferimento a nomi, luoghi e tempi ma, proprio perchè slegato da un contesto storico specifico, diventa una parabola politica universale.

Non si può dimenticare, oltre alla incredibile bravura, il suo volto, vera icona della bellezza greca: con lo sguardo scurissimo incorniciato da folte sopracciglia nere, la capigliatura corvina, il profilo dritto delle divinità raffigurate nelle sculture classiche.

Kioni - Itaca (Grecia)

The Butler

“The Butler – Un maggiordomo alla Casa Bianca” è un bel film del 2013 che narra le vicende di Eugene Allen (nella finzione cinematografica Cecil Gaines), maggiordomo afroamericano alla Casa Bianca per più di trent’anni, accompagnando nella loro vita quotidiana i presidenti da Eisenhower a Reagan.

Sullo sfondo della narrazione è sempre presente la storia della lotta per i diritti civili raccontata attraverso i difficili rapporti con il figlio che, da seguace di Martin Luther King, diventa attivista del movimento della Pantere Nere, ma  quando sente Reagan dichiarare che non intende appoggiare il movimento contro l’Apartheid in Sudafrica, Cecil decide dolorosamente di dimettersi dopo tanti anni di servizio e si riconcilia con il figlio.

Alla fine del film il presidente Obama convoca Cecil alla Casa Bianca perché desidera conoscerlo: l’uomo indossa con orgoglio la cravatta preferita di Kennedy che, dopo la morte del presidente first lady Jackie gli aveva regalato, e si avvia all’appuntamento confidando al cerimoniere che non ha bisogno di essere accompagnato nello Studio Ovale perché conosce la strada.

Anche oggi il maggiordomo della Casa Bianca avrà un ruolo importante, forse il più importante, perché sarà proprio lui (a quanto pare) ad accogliere dopo il giuramento il Presidente Biden e la First Lady visto che il Presidente Trump e la consorte, con una decisione quanto meno sgarbata, non saranno lì ad accogliere il nuovo padrone di casa.

Chissà come si sarebbe sentito Eugene Allen?

Milano -Expo 2015 : Indipendence day

Al Drive-In

Non è che a luglio venga proprio voglia di chiudersi in un cinema, ma il Drive-In è tutta un’altra faccenda.

A Milano, in via Senigallia, zona Parco Nord, ce n’è uno veramente accogliente e ben organizzato, dove si può trascorrere una serata diversa in assoluta tranquillità.

Trovato il sito e completata la procedura di prenotazione ieri sera ci siamo avviati per tempo (bisogna arrivare con venti minuti di anticipo sull’inizio della proiezione e con la A4 non si sa mai come va a finire).

Arrivati a destinazione siamo stati accolti dal personale gentilissimo che ha provveduto a controllare sullo smartphone la prenotazione, a misurarci la temperatura, a consegnarci gli altoparlanti e, dopo averci dato poche semplici istruzioni, ad accompagnarci alla nostra postazione.

Abbiamo ordinato cibo e bevande tramite whatsapp e dopo pochi minuti un velocissimo addetto, a bordo di un monopattino, ci ha consegnato quanto ordinato.

E così ci siamo goduti il film (“Indipendence day”, per inciso) in un’atmosfera a metà strada tra “Grease” ed “Happy Days”, in tutta sicurezza e con una buona qualità di suono e immagine, insomma abbiamo trascorso una serata un po’ diversa in modo divertente ed economico.

Alla fine della proiezione gli addetti hanno fatto defluire le auto in modo veloce e ben organizzato.

Per chi fosse interessato ecco è il link e la pagina Facebook

Milano - Drive In

Un film per sorridere e riflettere.

Si sorride assistendo al film “Jojo Rabbit”, anzi a tratti si ride di gusto, ma si trova anche il tempo per pensare.

Johannes, detto Jojo, è un bambino di dieci anni, cresciuto in un villaggio di una Germania immaginaria a tinte pastello, circondato dall’amore della madre Rosie (una Scarlett Johansson in gran spolvero), una donna forte e indipendente che, non condividendo l’entusiasmo del figlio per il nazismo in cui è cresciuto, cerca di liberarlo dalla sua ossessione con l’entusiasmo, la gioia di vivere, ma senza imposizioni.

Jojo ha un amico immaginario, uno sgangherato Hitler che lo consiglia e lo guida, si pavoneggia nelle sue divise, si ciba di unicorni e il nazismo, visto attraverso gli occhi del bambino è mitico e grottesco al tempo stesso.

Il film racconta la crescita del bambino attraverso esperienze dure che lo portano a comprendere la realtà: egli scopre che la madre nasconde in soffitta una ragazza ebrea, compagna della sorella morta, e a poco a poco passa dalla paura al disprezzo all’innamoramento, assiste all’impiccagione della madre come oppositrice del regime e vede la dissoluzione della Germania sconfitta e distrutta.

La guerra finisce e Jojo con la sua amica si ritrovano per strada, finalmente liberi e possono danzare.

Il film denuncia il negazionismo, il razzismo, il sovranismo e l’elogio della violenza sbeffeggiandoli con rara grazia e un humor che lascia il segno.

Spero che, nella notte degli Oscar, il film riceva i riconoscimenti che, a mio parere, merita.

Berlino - Topografia del Terrore

Il “mio” film di Natale

Quando manca qualche giorno a Natale vado in cerca del mio film prediletto, una pellicola ormai vecchiotta (infatti risale al 2003):: “Love actually”.

Per chi non lo conoscesse il film racconta e intreccia diverse storie d’amore in una Londra scintillante di luci che illuminano le due settimane che precedono il Natale.

Il cast è stellare infatti recitano alcuni dei miei attori preferiti come Emma Thompson, Liam Neeson, Colin Firth, il compianto Alan Rickman, Keira Knightley e Hugh Grant.

Cosa c’è di meglio del Natale per raccontare l’amore, l’amore che nasce, l’amore che finisce, l’amore disperato, l’amore timido e impacciato, l’amore inaspettato, l’amore adolescenziale che sembra tragico e importante perché, a quell’età, l’amore è sempre importante.

E intorno c’è Londra con le sue luminarie, e le vetrine splendide di Fortnum & Mason e i Double Decker che fendono il traffico sotto la pioggia e il nevischio.

Tra le scene che adoro c’è quella di Hugh Grant, un giovane e timido primo ministro, che balla in maniche di camicia tra le sale di Downing Street e, imperdibile, Rowan Aktinson (meglio noto come Mr. Bean) che impacchetta un regalo natalizio con dovizia di spezie, fiori secchi, fiocchi e nastrini (quasi come mi è capitato di veder preparare un pacchetto da un solertissimo commesso di Fortnum & Mason e non sto a raccontare che fatica ho fatto a restare seria).

Sorrido e mi commuovo perché, in fondo, il film racconta i sentimenti profondi che, soprattutto a Natale, sembrano aver ancora più forza.

Poi, la sera della vigilia, sarà la volta di “Una poltrona per due”, ma questa è un’altra storia.

Londra - Fortnum & Mason

Una settimana impegnativa.

Sono un po’ stanca, oggi, dopo una settimana passata a fare cose che adoro, ma che hanno richiesto impegno, ma si tratta di una stanchezza “buona”, di una stanchezza solo fisica (perché l’anagrafe è quella che è), mentre lo spirito non è stanco, anzi oggi “dentro” mi sento una ragazzina.

La settimana appena conclusa è iniziata domenica scorsa a Venezia, per il carnevale,ed è stata una giornata intensa, piena di sole e di colori.

Poi, martedì, dopo le prove un po’ ansiogene dello spettacolo “Ritratti di donne” ho avuto giusto il tempo di farmi una doccia ed andare al cinema per la proiezione di “Green Book”, il film che ha vinto l’Oscar, e che mi ha divertito e commosso.

I giorni seguenti sono passati tra le mie solite occupazioni, le visite a mia madre e le faccende domestiche, sempre con in mano gli appunti per lo spettacolo.

Non mi sono quasi accorta dell’8 marzo, ma tanto si sa che per me l’8 marzo è una data da dimenticare, perchè penso che le donne vadano celebrate ogni giorno dell’anno.

Ieri è stata un’altra giornata piena: la sveglia all’alba, la corsa veloce in metrò per andare a “Fa’ la cosa giusta” allo stand di “Mamma Lingua” e poi il ritorno a casa, un boccone veloce, trucco e parrucco e finalmente “Ritratti di donna” che mi ha impegnato tutto il pomeriggio.

Sono un po’ stanca, dicevo, ma sono contenta come una Pasqua.

Un mestiere d’altri tempi.

Non credevo ne esistessero ancora perché quello del “lustrascarpe” è proprio un mestiere antico, che ci riporta all’Italia del secondo dopoguerra, al cinema neorealista, alla Napoli sotto l’occupazione americana dove i ragazzini che lucidavano le scarpe dei soldati erano definiti sciuscià (deformazione dialettale del termine shoeshine) ed erano immortalati dal genio di Vittorio De Sica.

Credevo che non ne esistessero più ed è per questo motivo che ho provato grande stupore nell’incontrare un lustrascarpe in una piazza di Lisbona e non ho potuto fare a meno di scattare una foto che sembra rappresentare una realtà d’altri tempi anche se l’aspetto delle persone e delle strade è decisamente contemporaneo.

Lisbona è così, una città Europea, una città moderna che sa regalare ancora squarci di passato.

Lisbona (Portogallo)

Notting Hill.

Londra - Portobello Road

Mi sono divertita e anche un po’ commossa quando ho visto per la prima volta il film “Notting Hill”, anche se di solito le storie romantiche non catturano molto la mia attenzione, ma la pellicola con Julia Roberts e Hugh Grant non è solo sdolcinata come un “barile di melassa” , ma è anche umoristica ed è ambientata in Portobello Road che, con il suo mercato e i suoi negozi colorati, ricorda un po’ un villaggio.

Ho passeggiato lungo la strada nelle prime ore del mattino quando il mercato cominciava ad animarsi, ho cercato la “Libreria di Viaggi” che, anche se ha conservato l’insegna del film, in realtà è un negozio di souvenir, ho respirato l’atmosfera di una Londra un po’ meno monumentale e imperiale, ma un po’ più a misura d’uomo.

Mi sono spinta fino alla casa “dalla porta blu” o lungo le vie laterali fiancheggiate da edifici eleganti dai colori pastello, con cancelli in ferro battuto e verande deliziose.

Penso che, in questa parte della città, potrei anche decidere di vivere.

Londra - Notting Hill - La porta blu

La fabbrica dei sogni.

Cinecittà nasce nel 1937 quando Mussolini decise di dare nuovo impulso all’industria cinematografica (dopo l’incendio nel 1935 degli studi Cines che si trovavano presso la Basilica di San Giovanni) e inizialmente constava di settantatré edifici tra i quali si contavano ventun teatri di posa.

Oggi è un grande complesso in parte visitabile, soprattutto per quanto riguarda i grandi set come il Tempio di Gerusalemme, la Firenze del Medioevo e Roma antica (andato però in parte distrutto a causa di un incendio recente).

Una palazzina ospita anche un interessante museo che illustra le professioni del mondo del cinema dove è possibile anche sperimentare una prova di doppiaggio sulla celebre scena della Fontana di Trevi tratta da “La dolce vita” di Fellini.

La visita a Cinecittà permette di calarsi in un’atmosfera surreale e quasi magica, ma contemporaneamente permette anche di accostarsi a grandi professionalità.

Roma - Cinecittà

Roma - Cinecittà

Roma - Cinecittà

Due fustini in cambio di uno.

Per quelli della mia generazione era l’elegante signore che, all’entrata di un supermercato, fermava le acquirenti con i carrelli colmi, invitandole a fare uno scambio (quanto vantaggioso?) tra un fustino di detersivo di una nota marca, con due più anonimi e meno rassicuranti, ricevendone sempre un incredulo e garbato rifiuto.

Ma Paolo Ferrari non era solo “l’uomo dei due fustini”, al contrario era un attore serio e preparato, garbato ed elegante che aveva lavorato in teatro, al cinema con grandi registi, in alcune produzioni televisive.

Ricordo una serie di sceneggiati degli anni ’70, imperniati sulla figura di Nero Wolfe (un inarrivabile Tino Buazzelli) nei quali l’attore interpretava il ruolo di un elegante ed ironico Archie Goodwin, il segretario e braccio destro del personaggio creato da Rex Stout, una sorta di “dottor Watson” che beveva litri di latte e viveva con il gigantesco investigatore nella casa di arenaria nella 35ª strada ovest.

Paolo Ferrari era anche la voce di Humphrey Bogart (nelle riedizioni del doppiaggio degli anni ‘7o): in pratica la battuta “Suonala ancora, Sam”, la battuta più celebre di “Casablanca” è pronunciata dalla sua voce calda e ben impostata.

Oggi Paolo Ferrari è mancato, con lui se ne va un professionista serio e misurato che tanto ha dato al mondo dello spettacolo.