Un film per sorridere e riflettere.

Si sorride assistendo al film “Jojo Rabbit”, anzi a tratti si ride di gusto, ma si trova anche il tempo per pensare.

Johannes, detto Jojo, è un bambino di dieci anni, cresciuto in un villaggio di una Germania immaginaria a tinte pastello, circondato dall’amore della madre Rosie (una Scarlett Johansson in gran spolvero), una donna forte e indipendente che, non condividendo l’entusiasmo del figlio per il nazismo in cui è cresciuto, cerca di liberarlo dalla sua ossessione con l’entusiasmo, la gioia di vivere, ma senza imposizioni.

Jojo ha un amico immaginario, uno sgangherato Hitler che lo consiglia e lo guida, si pavoneggia nelle sue divise, si ciba di unicorni e il nazismo, visto attraverso gli occhi del bambino è mitico e grottesco al tempo stesso.

Il film racconta la crescita del bambino attraverso esperienze dure che lo portano a comprendere la realtà: egli scopre che la madre nasconde in soffitta una ragazza ebrea, compagna della sorella morta, e a poco a poco passa dalla paura al disprezzo all’innamoramento, assiste all’impiccagione della madre come oppositrice del regime e vede la dissoluzione della Germania sconfitta e distrutta.

La guerra finisce e Jojo con la sua amica si ritrovano per strada, finalmente liberi e possono danzare.

Il film denuncia il negazionismo, il razzismo, il sovranismo e l’elogio della violenza sbeffeggiandoli con rara grazia e un humor che lascia il segno.

Spero che, nella notte degli Oscar, il film riceva i riconoscimenti che, a mio parere, merita.

Berlino - Topografia del Terrore

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