Archivio mensile:Febbraio 2018

Aspettando la neve.

Guardo fuori dalla finestra in attesa della neve prevista per questa notte, guardo la strada asciutta, il cielo coperto, ma sono abbastanza tranquilla perché so che, anche se ci fossero precipitazioni abbondanti, sono state prese le necessarie contromisure.

In fondo lavoro a pochi metri da casa e anche in caso di nevicate abbondanti raggiungere la mia scuola non è un problema e poi, sarò incosciente, ma la neve mi piace, mi mette allegria, mi fa venire in mente le tante giornate passate sugli sci, quando ero bambina, la gioia di affondare nel manto soffice, di scivolare lungo i pendii, di sciare fino a quando i muscoli diventano rigidi per il freddo e la fatica, di gustare una cioccolata calda con il primo gancio degli scarponi aperto e la voglia di tornare sulle piste fino a quando il sole scivola dietro le montagne e cominciano a scendere le prime ombre della sera.

luce e neve

Un toro in via Torino.

In questo pomeriggio gelido di febbraio la gente passa frettolosa (… e freddolosa) in via Torino scivolando accanto alla grande scultura che rappresenta un toro a testa in giù che si riflette in una mappa a specchio della città.

Si tratta di un’opera dello scultore toscano Christian Balzano dal titolo “Io Siamo Resilienza” che resterà esposta nella via (nell’ambito di una  personale dell’artista collocata nella sede di Banca Generali Private) fino al 3 maggio.

Il clima non è abbastanza clemente per permettere di soffermarsi accanto al grande toro, che sembra schiantato al suolo, o per leggere le “istruzioni per l’uso”, ma comunque l’opera attira l’attenzione, incuriosisce, spinge i passanti più temerari a scattarsi un selfie.

Lo osservo e non so bene cosa pensare, ma mi stupisce per la sua originalità e per l’impressione di forza che da esso emana.

Milano - Via  Torino

E’ arrivata la bufera.

Era stata ampiamente annunciata l’ondata di freddo artico che ha colpito tutta la penisola, ma, come spesso succede in questi casi, ci ha colto alla sprovvista.

In realtà, dalle mie parti, c’è stato un calo delle temperature, un po’ di vento gelido e una spruzzata di nevischio, ma nessun serio disagio se non qualche brivido di troppo e una recrudescenza di tosse e raffreddore.

I ragazzi, a scuola, scrutano il cielo nella speranza che la neve cada abbondante e provochi la chiusura delle scuole regalando qualche giornata di vacanza insperata, ma, almeno per ora, sembrano destinati ad una cocente delusione.

Quello che stupisce è che parte del paese  sia paralizzato, che i passeggeri siano costretti a bivaccare nelle stazioni in attesa di treni che accumulano ritardi biblici, che le scuole chiudano, che i mezzi pubblici non circolino.

Sembra banale, ma non serve a molto poter prevedere le variazioni del tempo se poi non è possibile prendere le necessarie contromisure.

Moggio Ghiaccio

 

Il tempo della sciocchezza.

Gli ultimi giorni della campagna elettorale equivalgono praticamente all’apertura del vaso di Pandora: è il tempo delle “bufale” più smaccate, delle promesse elettorali irrealizzabili, del fango sparso a piene mani.

E’ il tempo dei cervelli in fuga (e non sto alludendo ai giovani talenti che cercano lavoro all’estero), il tempo in cui l’irrazionalità sembra farla da padrone, in cui i discorsi da bar prendono strade incredibili.

Poi per fortuna si entra in una fase di silenzio elettorale che dovrebbe essere dedicata a raccogliere le idee e a riflettere sulla scelta, o almeno una volta, prima dei social, era così.

Ai tempi di facebook e di twitter nulla è più anacronistico del “silenzio elettorale” visto che non si può più parlare, ma si può continuare a scrivere e la rete contribuisce a diffondere i messaggi alla velocità della luce.

L’unica via di fuga è cercare di raccogliere gli ultimi neuroni sopravvissuti alla devastazione dei discorsi e delle discordie e, possibilmente, cercare di usarli.

roma

La soluzione del problema.

Dopo l’ennesima strage in una scuola americana l’inquilino della Casa Bianca ha affermato che gli insegnanti dovrebbero essere armati (logicamente non a loro spese, ma utilizzando fondi federali) per evitare che questi episodi di cieca violenza si ripetano.

A parte il fatto che mi sembra improponibile trasformare le aule scolastiche in una sorta di “sfida all’ O.k. Corral” dove ha ragione chi estrae più velocemente la pistola, quello che mi sconvolge è che il Presidente non si renda conto che il ruolo degli insegnanti non può essere quello di rispondere al fuoco con il fuoco, ma quello di educare alla tolleranza, al rispetto, alla convivenza civile.

E intanto di limitare la vendita delle armi non se ne parla neppure.

Per un attimo mi sono vista andare a scuola con la pistola, acquistata con la “carta del docente” nella borsetta (oltre al telefonino, alle verifiche, alle penne, ai fazzoletti di carta), mi sono vista minacciare i miei scolari a mano armata consapevole del fatto che, probabilmente, otterrei un silenzio “di tomba” anche da parte dei più casinisti.

Mi scappa da ridere per non piangere.

Valle d'Aosta - Castello di Issogne

Un pezzo di cielo.

Quando ero a bambina abitavo a Milano in una casa di quattro piani ai margini dell’Isola, il quartiere dove era nato mio padre e dove viveva ancora mia nonna, dove c’era la mia scuola e l’oratorio che frequentavo (… e prima di me mio padre e i miei zii), dove c’era la latteria con la panna montata spruzzata di cannella e la cartoleria dove acquistavo i quaderni e i pennini prima che suonasse la campanella.

La casa in cui vivevo era un edificio ottocentesco, con appartamenti di grandi proporzioni e soffitti altissimi (… o almeno a me sembrava così), noi abitavamo al terzo piano e non c’era l’ascensore, ma ampie scale con la ringhiera in ferro battuto e il corrimano in legno lucidissimo.

Passavo molto del mio tempo in casa a leggere o giocare perché non c’erano parchi o giardinetti vicini e nel piccolo cortile, chiuso tra quattro muri, era proibito giocare (allora non si badava molto ai “diritti” dei bambini).

Ogni tanto mi capitava di alzare lo sguardo e ricordo che osservavo quel piccolo pezzo di cielo per capire come sarebbe stato il tempo e vedevo il sole al tramonto riflettersi nei vetri della casa di fronte e le nubi correre portate dal vento e il buio della sera colorarsi delle luci della città.

Quel piccolo pezzo di cielo era un limite e un’opportunità: c’era poco da vedere, ma moltissimo da immaginare, c’era un mondo là fuori che potevo colorare con la mia fantasia.

cielo

Pensare non fa male.

Ogni tanto, quando in classe mi avanza un po’ di tempo, presento ai miei ragazzi una “bufala” (immagini, testi e quant’altro pescati qua e là sui social) e li invito a smascherarla.

Di solito ci mettono pochi minuti perché, tutto sommato, sono ragazzi in gamba e, contrariamente a quanto si potrebbe immaginare, sono addestrati a riflettere su quello che vedono.

Mi piace che si abituino a pensare (possibilmente con la loro testa), mi piace che non si facciano influenzare da tutto ciò che trovano in rete, ma che si sforzino di andare a fondo prima di “indignarsi e condividere”.

In fondo sono stati proprio loro a segnalarmi (ribaltandosi dalle risate) il post apparso su un social nel quale si stigmatizzava l’invasione culturale da parte degli islamici con la frase “vogliono obbligarci a usare i numeri arabi”.

Sono in gamba, ma persino loro avrebbero qualche problema a risolvere calcoli con i numeri romani.

Brivio

Passeggiando per Torino.

Piovigginava ieri a Torino, ma poco importa perché i portici del centro offrono un riparo a chi ha voglia di passeggiare e poi ci sono tanti musei e caffè scintillanti di luci e cristalli dall’atmosfera un po’ retrò e pasticcerie che spandono intorno il profumo del cacao.

Palazzo Carignano ci accoglie con le sue sale dedicate alla storia patria a partire dalla rivoluzione francese, passando per l’età napoleonica, per giungere al percorso che portò all’unità nazionale.

Le sale sono ricche di dipinti, cimeli, ricostruzioni e ripercorrerle è un vero e proprio tuffo nel passato o in un libro di storia, è emozionante soffermarsi ad osservare il manoscritto dell’inno nazionale o il calamaio con cui fu firmato lo Statuto Albertino o la piccola aula del Parlamento Subalpino dove fu pronunciato il discorso del “grido di dolore”, almeno è emozionante per me che amo studiare la storia ed approfondirne i molti aspetti, anche quelli più quotidiani.

Torino, con la sua elegante geometria, con i suoi edifici carichi di storia, con le sue luci e i suoi profumi che neppure una giornata di pioggia riesce a cancellare è una  città  che merita sempre una visita (o un ritorno).

Torino - Palazzo Carignano - Museo del Risorgimento

Torino - Palazzo Carignano - Museo del Risorgimento

Torino - Palazzo Carignano - Museo del Risorgimento

Parma.

E’ notizia di oggi che Parma è stata scelta come Capitale Italiana della Cultura per il 2020.

Sono contenta per questa occasione offerta ad una città vivibile, ricca di monumenti e luoghi storici di grande eleganza e bellezza, culla di una gastronomia di altissima qualità.

Il mio amore per Parma è scritto nel mio dna, visto che mio nonno proveniva proprio da lì, ma si è rinnovato e rafforzato in un recente viaggio che mi ha permesso di esplorare la città anche nei suoi aspetti meno famosi, ma ugualmente affascinanti.

Spero che la città e il territorio sappiano sfruttare questa opportunità per arricchire una offerta turistica già importante e per far conoscere ancora di più questi luoghi che per arte, cultura, bellezza meritano un posto di primo piano tra le città italiane.

Da parte mia penso che approfitterò dell’occasione per tornare.

Parma

Storie di una levatrice.

Mi sono appassionata ud una serie televisiva, prodotta dalla BBC a partire dal 2012, intitolata “Call the midwife” che racconta le vicende di un gruppo di levatrici, religiose e laiche. che operavano nel popolare quartiere dell’East End di Londra negli anni cinquanta e sessanta.

I telefilm sono veramente piacevoli per i personaggi, le ambientazioni, i costumi, le musiche e l’atmosfera di povertà dignitosa della zona dei Docks, tra Poplar e l’Isola dei Cani, in una città che lentamente rinasce dopo le devastazioni della seconda guerra mondiale che hanno lasciato il segno negli edifici, ma più ancora, nei cuori delle persone.

Le storie si ispirano alle memorie di Jennifer Worth che lavorò come levatrice in quel contesto sociale e sono così avvincenti e ricche di umanità da avermi spinto a leggere i libri che ho trovato altrettanto avvincenti.

Nei romanzi ho ritrovato i personaggi, come la sorprendente suor Monica Joan o la scorbutica suor Evangelina, ho ritrovato gli ambienti, ho ritrovato le storie di dolore e amore e l’incredibile mistero che accompagna ogni vita fin dal suo inizio.

Londra - Hammersmith