Archivio mensile:Aprile 2010

Un po’ di fifa.

Hanno un bel dire che si tratta di un’operazione semplice, quasi di routine, con percentuali di successo altissime, comunque è pur sempre un intervento chirurgico e un po’ di fifa, come è naturale che sia, c’è.

E poi mi turba un po’ l’idea di sostituire un pezzo dell’occhio con qualcosa che, comunque si consideri la cosa, è artificiale: mi sento un po’ “donna bionica”.

Nonostante tutto sono pronta, sono quasi pronta, sto per andare in ospedale e poi si vedrà (spero nel senso letterale del termine).

Non se ne sentiva la mancanza.

Ecco il tipo di affermazioni di cui decisamente non si sentiva la mancanza.

L’unica cosa che mi innervosisce è che ogni volta mi riprometto di non commentare certe notizie e poi, è più forte di me, ci ricasco.

Spero solo che il giovanotto, nella sua fulgida carriera politica, non sieda mai in Parlamento perchè mi seccherebbe proprio che fosse mantenuto dallo Stato che tanto disprezza, protetto da quella  bandiera che giudica così anacronistica

Dalla parte degli animali.

In attesa del voto sulle norme che permetterebbero di estendere a dismisura il calendario venatorio si muovono le associazioni ambientaliste nel tentativo di scongiurare quello che considerano un danno grave per il patrimonio faunistico e ambientale del Paese.

La L.A.V. ha simbolicamente oscurato il proprio sito per denunciare il futuro oscuro che attende gli animali selvatici fra i quali, non va dimenticato, vi sono anche gli uccelli migratori che nel loro viaggio solvolano il nostro territorio.

Personalmente non amo la caccia, non riesco a considerarla uno sport, non mi capacito che i cacciatori si dichiarino amanti della natura, io, che credo di amare veramente la natura, amo camminare nei boschi, pieni di cinguettii, fruscii e schiocchi  e non mi piace, quando mi aggiro nel folto, dovermi preoccupare se sento esplodere vicino a me un colpo d’arma da fuoco o se in lontananza percepisco il latrare di un cane.

Spero che i deputati chiamati a votare, anche quelli della maggioranza che si sono detti contrari al provvedimento, per una volta facciano una scelta che io considero una scelta di civiltà.

airone

I potenti della terra.

Forse la giornata festiva, con i suoi tempi rallentati, aiuta la riflessione, forse il clima piovoso che non permette di fare molto altro favorisce il pensiero.

Così, guardando fuori dalla finestra, nel tentativo, lo ammetto, un po’ infantile, di riconoscere tra le nubi una nube un po’ speciale mi sono ritrovata a riflettere su quanto siamo indifesi di fronte alla natura,, quando la natura decide veramente di muoverci guerra, di quanto siano velleitari i nostri deliri d’onnipotenza.

Le ceneri del vulcano islandese il cui nome è difficile a pronunciare e impossibile da ricordare tengono a terra gli aerei con il loro carico di uomini e merci, minando un’economia già fragile e precaria, e restano saldamente ancorati al suolo anche “i potenti della terra” impossibilitati a raggiungere la Polonia.

Non so se c’è una lezione da imparare, da tutta questa storia, però mi dà da pensare che uomini abituati a decidere le sorti del loro Paese e del mondo, non possano nemmeno decidere se e quando partire.

Qualcuno sa spiegarmi il perché?

Da un paio d’anni osservo un curioso fenomeno del quale non so spiegarmi nil motivo.

In casa con me, come molti sanno, vive anche mia madre che è non vedente, per questo motivo sono io che devo tenere sotto controllo il suo conto in banca sul quale viene accreditata la pensione.

Per fare questo dispongo di un sistema di controllo dell’estratto conto telefonico (c’è anche quello online, ma fa lo stesso).

La pensione di mia madre viene accreditata il primo giorno di ogni mese e, fino a due anni fa, se il primo giorno cadeva di domenica o in un giorno festivo, la pensione veniva accreditata l’ultimo giorno lavorativo precedente.

Da due anni a questa parte viene accreditata il primo giorno lavorativo seguente.

Lo so che tutto sommato non fa molta differenza, un giorno in più o in meno conta veramente poco, ma mia madre resta comunque agitata per tutta la giornata.

E non è una bella cosa.

La polvere sotto il tappeto.

Certo, sarebbe stato meglio non parlare di camorra, certo, sarebbe stato meglio nascondere la polvere sotto il tappeto, perchè è risaputo che un fenomeno esiste solo se se ne parla, quindi, se non se ne parla, mafia e camorra non esistono.

Si tratta un po’ di quello che succedeva per il cinema neorealista: anche allora  i vari Rossellini e De Sica venivano accusati di mandare per il mondo l’immagine di un’Italia stracciona che non dava lustro al nostro Paese, perchè anche la povertà, se si ha l’accortezza di non parlarne, non esiste.

Secondo una leggenda, infatti, un giovanissimo sottosegretario democristiano avrebbe affermato che “i panni sporchi si lavano in famiglia”.

Quindi è giusto continuare così, non parlare dei problemi e forse, a furia di non parlarne, può anche darsi che mafia e camorra spariscano….proprio come i rifiuti di Napoli.

Un ricordo fra tanti.

Mi piaceva molto Raimondo Vianello, mi piaceva il suo stile, il suo umorismo elegante, ma spesso cattivissimo, la sua comicità mai volgare e sguaiata, la sua ironia talora pungente, ma sempre efficacissima.

Mi tornano in mente le sue gustosissime parodie dei documentari di Mario Soldati, in coppia con Ugo Tognazzi nella trasmissione “Un due tre”, piccoli gioielli di umorismo intelligente che ogni tanto la televisione ci ripropone in tarda serata.

Si trattava di una televisione povera, probabilmente con pochi soldi e pochi mezzi, ma con professionalità di altissimo livello.

Raimondo Vianello era ormai uno degli ultimi testimoni di quell’epoca, un signore prestato allo spettacolo.

Quello sconosciuto che gira per casa.

L’ennesima notizia di cronaca sullo scambio di foto e filmati (che definire osè sarebbe un pietoso eufemismo) tra ragazzini vede, come sempre più spesso succede, i genitori “cadere dalle nuvole”.

Sì perché lo sconosciuto, o la sconosciuta, che gira per casa non è un individuo introdottosi con la forza o con l’inganno tra le mura domestiche, ma più semplicemente è il cucciolo di casa, quello, o quella, che agli occhi degli ignari genitori, è poco più che un bambino.

Come già ebbi ad osservare circa tre anni fa, all’uscita dello  sconvolgente ritratto degli adolescenti “Ho 12 anni faccio la cubista mi chiamano principessa”, siamo di fronte ad una vera e propria emergenza educativa.

E’ ora più che mai necessario che i genitori, ma anche la scuola certamente, si mettano in ascolto con pazienza ed umiltà e cerchino di capire l’universo di questi ragazzi che sono sempre più lontani dal mondo degli adulti.

Non basta, per noi educatori, ricordare come eravamo a quell’età, perché noi quell’età non l’abbiamo mai avuta, o meglio, il mondo in cui vivevamo a quell’età è lontano da questo come la preistoria.

Non ci sono “manuali d’istruzione” per crescere i propri figli, ma è indispensabile l’amore che non significa solo stravedere per loro e accontentarli in tutto, ma stare loro vicini, con fermezza ed autorevolezza, condividere con loro il tempo, prendersi la briga di parlare con loro, ma anche, e soprattutto, di ascoltarli, avere il coraggio di dire qualche no, provare a dare qualche regola, a mettere qualche paletto.

Perchè i ragazzi, che ci crediamo o no, hanno bisogno di regole, magari giusto per il gusto di infrangerle, i ragazzi sanno se siamo credibili e ci sfidano, ogni giorno, sul terreno della credibilità, vedono le nostre incoerenze e le giudicano senza pietà, hanno un senso magari distorto della giustizia, ma sono pronti ad accettarci se sappiamo essere severi, ma giusti.

E’ difficile stare accanto ai ragazzi, ma è un compito che ci tocca.