Raramente mi fermo a mangiare in un fast food (è proprio il concetto di fast che mi disturba), ma ieri sera, incastrata tra un problema di lenti e una riunione, avendo poco meno di un’ora per raggiungere il centro commerciale, portare gli occhiali ad aggiustare, mangiare, ritirare gli occhiali e fiondarmi alla suddetta riunione, ho deciso che, per una volta, potevo anche piegarmi alla logica del fast.
Espletate le formalità di rito (ritirato il vassoio con cibarie e bevande dall’aspetto abbastanza sintetico) ho cercato un tavolino dove poter consumare la cena indisturbata.
Il problema è proprio questo, a parte la musica tenuta ad un livello che sfiora l’insopportabilità, a parte i rumori di fondo di un centro commerciale che si fondono in un unico sordo boato, mi sono ritrovata a pochi metri da un simpatico frugoletto, dall’età apparente di quattro anni, che correva urlando tra i tavoli rovesciando bicchieri, posando le manine grondanti maionese su ogni oggetto animato e inanimato e intercettando, nella propria folle corsa, tutti i malcapitati che si trovavano a passare di lì rischiando di mandarli a gambe levate.
Nell’angolo più remoto della saletta, seduti ad un tavolo, i genitori continuavano imperterriti a consumare il loro pasto come se il pargolo non li riguardasse, ogni tanto gettavano un’occhiata annoiata per intercettarlo, in questo sicuramente guidati dal clamore delle collisioni, e poi tornavano indisturbati (loro!) ad occuparsi del cibo.
Alla fine hanno raccolto sacchetti e borse, hanno recuperato il piccolo e se ne sono andati seguiti da un muto quanto vano coro di proteste.
In queste circostanze mi sento idealmente molto vicina ad Erode.