Archivi categoria: in biblioteca

La penisola dei Curoni.

La penisola è una sottilissima striscia di terra lunga novantotto chilometri, in parte in territorio Lituano e in parte in territorio Russo (Oblast’ di Kalinigrad), verdissima e suggestiva, che divide la laguna dal Mar Baltico.

E’ un luogo di dune di sabbia, di foreste popolate da inquietanti presenze (le decine di sculture in legno di streghe e demoni che le popolano) di minuscoli villaggi di pescatori con le casette linde e colorate che sembrano prese in prestito da una favola, di cormorani che con le grandi ali spalancate asciugano le penne al sole e al vento.

E’ un lingua di terra così bella e tranquilla che Thomas Mann, dopo averla visitata, decise di costruire qui, su una altura, la sua casa tra gli abeti.

La penisola dei Curoni è uno dei luoghi che merita una visita in questo paese, la Lituania, forse poco conosciuto, ma ricco di angoli che lasciano a bocca aperta, di scorci bellissimi, di atmosfere di quieta serenità.

Nida - Penisola dei Curoni (Lituania)
I Cormorani
Penisola dei Curoni (Lituania) - Casa di Thomas Mann
Casa di Thomas Mann

Lo scaffale vuoto.

A Berlino, in Bebelplatz, proprio di fronte all’imponente facciata della Humboldt-Universität, c’è un pannello trasparente grande più o meno come un tombino che lascia intravvedere una stanza, sotto il livello della piazza, arredata con scaffali da biblioteca completamente vuoti.

A pochi passi dal pannello una targa ricorda che, proprio in quel punto,
il 10 maggio 1933 avvenne il rogo in cui i nazisti bruciarono circa 25.000 volumi ritenuti pericolosi ed è questo evento che gli scaffali vuoti vogliono dolorosamente simboleggiare.

Quello del ’33 non è stato il primo rogo di libri e temo che, purtroppo, non sarà l’ultimo perché ogni dittatorucolo che si rispetti (o che non si rispetti) nella sua carriera sente il desiderio di distruggere i libri, perché i libri parlano con parole di libertà, i libri hanno una voce esprimono idee (giuste o sbagliate non importa), fanno pensare, rendono liberi, i libri fanno paura perchè creano cultura e chi si nutre di ignoranza teme la cultura come la peste.

Heinrich Heine scriveva: “Chi brucia i libri, presto o tardi arriverà a bruciare esseri umani.” ed è questa la frase incisa sulla targa commemorativa.

Mi sono inginocchiata e ho ripensato a quei libri bruciati che, nonostante il rogo, sono sopravvissuti a chi voleva far tacere la loro voce, e mi sono consolata un po’ pensando che i dittatori passano, ma la parola scritta resta.

Berlino - L'università - La biblioteca senza libri

Oggi compirebbe novant’anni.

Nata a Francoforte il 12 giugno 1929, se fosse ancora su questa terra oggi Anna probabilmente avrebbe l’aspetto un po’ fragile delle tante simpatiche nonnine che incontro tutti i giorni alla casa di riposo e festeggerebbe il compleanno circondata da figli e nipoti, sconosciuta se non alla ristretta cerchia dei parenti stretti e degli amici più cari.

Ma la sua vita ha avuto un corso diverso e si è interrotta bruscamente a soli sedici anni nel campo di concentramento di Bergen Belsen.

Di quella beve adolescenza ci è rimasto il Diario, simile per certi versi al diario di tante adolescenti di allora e di ora, con il sentimenti, le speranze, i timori di una ragazzina che si vede crescere, ma anche con il racconto, spesso ingenuo, ma profondo, della vita nell’alloggio segreto in Prinsengracht 263.

Ho letto per la prima volta quel diario quando avevo poco meno della sua età e ricordo di aver condiviso molte delle sue osservazioni perché un’adolescente, anche quando vive segregata, in un contesto di precarietà inimmaginabile, è pur sempre un’adolescente e tende a guardare la realtà con occhi diversi dagli adulti.

«…È un gran miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze perché esse sembrano assurde e inattuabili. Le conservo ancora, nonostante tutto, perché continuo a credere nell’intima bontà dell’uomo che può sempre emergere…»

Mauthausen reticolati

Storie di bradipi, lupi e coccinelle.

Più o meno una volta al mese partecipo al progetto “Nati per Leggere” che permette ai bambini, fin dal primo anno di vita, di incontrare i libri e appassionarsi alla lettura molto prima di aver imparato a leggere.

Sulle coperte, nel giardino della biblioteca, sono sparsi i libri, allegri e coloratissimi, i bambini li afferrano, li sfogliano, ci giocano, prendono confidenza con questi “oggetti misteriosi”.

Le storie parlano di animali buffi, di bradipi che non riescono a tornare a casa, di lupi imbranati, di coccinelle impegnate in una gara di corsa, di orsi golosi e raccontano dell’amicizia, della condivisione, dell’accettazione dell’altro, della gioia di stare insieme e di giocare insieme.

Talora i bambini chiedono di leggere e rileggere gli stessi libri, si affezionano alle storie e ai personaggi, si lasciano cullare dai racconti e, per tutto il tempo della lettura, stringono un legame particolare con l’adulto che legge, un legame che arricchisce tutti, ma soprattutto gli adulti che sperimentano la gioia di donare il proprio tempo e la propria voce alla fantasia dei più piccoli.

L’intento del progetto è quello di avvicinare i bambini alla lettura e di aiutarli a crescere in modo armonioso e di arricchire la loro naturale curiosità, la loro creatività e il loro desiderio di conoscere.

Libringiro - Cavenago di Brianza Maggio 2016

La tentazione del rogo.

Cosa hanno in comune i romanzi di Harry Potter, un ombrellino di Hello Kitty e una maschera africana?

Apparentemente nulla, ma stando ad una notizia rimbalzata sui nostri quotidiani qualcosa in realtà c’è ed è il fatto che, in una cittadina della Polonia, questi oggetti sono stati dati alle fiamme, condannati al rogo perchè blasfemi.

Purtroppo, anche se oggi è il Fact-Checking day ( la giornata dell’impegno contro le “bufale”), non ho modo di verificare se la notizia sia vera o se sia, come vorrei augurarmi, uno strascico del 1 aprile (… e dei relativi pesci).

Tuttavia, se fosse vera, si tratterebbe di un atto gravissimo che mi provoca un brivido nella schiena come i roghi dei libri durante il Nazismo o quelli del futuro distopico di Fahrenheit 451.

Bruciare i libri è un tentativo maldestro e intollerante di cancellare le idee che non ci piacciono, perché un libro non è mai “solo” un libro, ma è uno scrigno di pensieri, di storie e di vita.

Per fortuna la storia ci insegna che non basta il fuoco per fermare le idee, i pensieri, la libertà.

Falò

Mamma Lingua.

“Mamma Lingua” è un progetto che si prefigge lo scopo di ampliare il patrimonio librario nei presidi e nei punti di lettura NPL (Nati per Leggere) allargandolo anche a opere in lingue diverse dall’italiano.

I libri indirizzati prevalentemente a bambini di età prescolare, sono stati scelti con cura da un gruppo di esperti e sono scritti in Cinese, Albanese, Arabo, Francese, Inglese, Rumeno e Spagnolo.

“Mamma Lingua” offre l’opportunità ai bambini italiani di scoprire che esiste una pluralità di idiomi e ai bambini stranieri di ascoltare racconti nelle lingue dei genitori, lingue che, vivendo in Italia e condividendo il tempo della scuola e del gioco con coetanei parlanti l’Italiano, rischiano di non conoscere, mentre sarebbe auspicabile che mantenessero una forma di bilinguismo.

“Nati per Leggere” parte dal presupposto che leggere ad alta voce ai bambini, anche piccolissimi, rafforza il legame con gli adulti e che
un bambino che ascolta letture quotidiane arricchirà il proprio vocabolario, potenzierà immaginazione, esprimerà meglio il proprio pensiero e sarà più curioso di leggere.

Il regalo più bello che un genitore possa fare al proprio figlio è quello di ritagliarsi un po’ di tempo, possibilmente ogni giorno, e di leggere per lui e con lui creando così uno spazio quasi magico di condivisione e di complicità.

2019-03-11_09-49-48

Una settimana impegnativa.

Sono un po’ stanca, oggi, dopo una settimana passata a fare cose che adoro, ma che hanno richiesto impegno, ma si tratta di una stanchezza “buona”, di una stanchezza solo fisica (perché l’anagrafe è quella che è), mentre lo spirito non è stanco, anzi oggi “dentro” mi sento una ragazzina.

La settimana appena conclusa è iniziata domenica scorsa a Venezia, per il carnevale,ed è stata una giornata intensa, piena di sole e di colori.

Poi, martedì, dopo le prove un po’ ansiogene dello spettacolo “Ritratti di donne” ho avuto giusto il tempo di farmi una doccia ed andare al cinema per la proiezione di “Green Book”, il film che ha vinto l’Oscar, e che mi ha divertito e commosso.

I giorni seguenti sono passati tra le mie solite occupazioni, le visite a mia madre e le faccende domestiche, sempre con in mano gli appunti per lo spettacolo.

Non mi sono quasi accorta dell’8 marzo, ma tanto si sa che per me l’8 marzo è una data da dimenticare, perchè penso che le donne vadano celebrate ogni giorno dell’anno.

Ieri è stata un’altra giornata piena: la sveglia all’alba, la corsa veloce in metrò per andare a “Fa’ la cosa giusta” allo stand di “Mamma Lingua” e poi il ritorno a casa, un boccone veloce, trucco e parrucco e finalmente “Ritratti di donna” che mi ha impegnato tutto il pomeriggio.

Sono un po’ stanca, dicevo, ma sono contenta come una Pasqua.

L’Arsenale dei Veneziani.

Fin dal XII secolo l’Arsenale fu il cuore dell’industria navale della Serenissima, era un cantiere imponente organizzato come una sorta di “catena di montaggio” ante litteram, infatti vi lavoravano maestranze specializzate che eseguivano le operazioni di assemblaggio utilizzando componenti standard.

Ancora oggi se ne può ammirare l’imponenza e l’estensione che doveva essere motivo di stupore per i visitatori e di grande vanto per la città anche nel Medioevo e via via che Venezia e le sue esigenze commerciali e militari crescevano anche l’Arsenale cresceva in dimensioni e in specializzazione.

Vi doveva fervere una grande operosità se persino il Sommo Poeta, nel descrivere la quinta bolgia che è “mirabilmente oscura” per la pece che vi ribolle, usa come termine di paragone “l’arzanà de’ Viniziani “.

Oggi la zona dell’Arsenale, un po’ defilata rispetto ai centri del turismo di massa, è sede di un interessante Museo Navale e della Biennale d’Arte, è un luogo dove si può passeggiare tranquillamente assaporando i fasti di una città bellissima e particolare, sospesa tra acqua e cielo.

Venezia - Carnevale 2019 - L'arsenale

Una tentazione.

Lo ammetto: anche se non guardo spesso la televisione sono una delle migliaia di fan del commissario Montalbano, il personaggio di Camilleri che, per me, ha il volto, la voce e le espressioni di Luca Zingaretti tanto che, anche quando leggo i romanzi, non riesco ad immaginare un altro volto.

Vedo volentieri gli episodi (e ogni nuova stagione è un vero e proprio regalo) anche perchè ritrovo alcuni angoli di Sicilia di cui mi sono innamorata nel mio recente viaggio nell’Isola e risento il calore e i profumi di quella terra magica.

Durante il viaggio ho visitato i luoghi di Montalbano, la casa di Punta Secca, gli angoli di Ibla e il Municipio di Scicli dove è ambientato il commissariato.

La porta dell’ufficio di Montalbano reca, sugli stipiti sbeccati, i segni del passaggio del mitico Catarella e devo confessare che, durante la visita, ho provato la forte tentazione di catapultarmi contro quella porta.

Ma forse gli altri visitatori mi avrebbero guardato male.

Scicli (Sicilia)

Vestivano alla marinara.

“Vestivamo alla marinara” è un libro che amo molto, scritto da Susanna Agnelli racconta gli anni dell’infanzia e della giovinezza sua e dei fratelli, che, vestiti rigorosamente alla marinara, passeggiavano sotto i portici di Torino senza farsi distrarre dalle vetrine delle lussuose pasticcerie, senza ciondolare, allineati e composti, guidati dall’inflessibile Miss Parker che ripeteva come un mantra “Don’t forget you are an Agnelli”.

Mi affascinano questi ricordi dei primi anni del secolo scorso in cui i bambini non erano veramente bambini, ma “piccoli” adulti, non erano al centro del mondo come oggi, non avevano molti diritti, non dovevano parlare se non interrogati, dovevano stare seduti composti ed imparare a muoversi con disinvoltura in un mondo fatto di molte regole.

Quando riguardo le vecchie foto mi soffermo sempre su un cartoncino un po’ opaco che ritrae mio nonno all’età di sette o otto anni, con il faccino serio serio, un vestito buffo nella sua pomposa eleganza, il cappello alla marinara, il cerchio in una mano e l’altra posata languidamente su una roccia di cartapesta che forse, nelle intenzioni del fotografo, doveva conferire all’immagine un’atmosfera di romanticismo, solo le scarpe, un po’ consunte, raccontano di un’agiatezza solo simulata (spesso mi chiedo quanto sia costata quella foto scattata nei primi anni del secolo scorso).

Lo sfondo, evidentemente posticcio, raffigura una balaustra affacciata sul nulla.

So, dalle storie di famiglia, che mio nonno era un bambino amatissimo (figlio unico di una giovane coppia che avrebbe voluto una prole ben più numerosa) eppure la sua espressione non ha nulla di allegro e di spontaneo, la sua postura un po’ rigida tradisce un certo imbarazzo.

Spesso mi chiedo come reagirebbero i bambini di oggi in questa situazione.

nonno