Archivio mensile:Luglio 2014

Passeggiando.

Quando ci si muove con una sedia a rotelle bisogna sempre tenere d’occhio il cielo, non si sa mai che un improvviso acquazzone ci colga lontano da casa, per questo motivo nei giorni scorsi, caratterizzati da un clima sereno-variabile, nuvoloso o molto nuvoloso, il nostro raggio d’azione è stato piuttosto limitato.

Ieri, però, il tempo ha virato decisamente sul bello-stabile e allora ci siamo spinti un po’ più in là, verso le Foppe (il laghetto artificiale, risultato di una cava d’argilla, poco fuori l’abitato)

Abbiamo percorso la ciclabile con calma, assaporando il calore del sole e la dolcezza dell’ombra, godendo della vista degli orti e dei campi appena lavorati, respirando il verde.

Dopo più di sei mesi quasi ininterrotti di ospedale mio marito si guardava intorno con stupore e curiosità, quasi a volersi riappropriare di un paesaggio conosciuto, ma in qualche modo dimenticato, quasi a volersi riempire gli occhi di verde e azzurro dopo tanti giorni di bianco e grigio.

Sono passeggiate timide e nostre, brevi escursioni fuori dalle mura di casa, brevi evasioni nella normalità e spingere la sedia a rotelle diventa quasi un piacevole diversivo.

Cavenago di Brianza

Spot.

La pubblicità che interrompe le trasmissioni televisive è un male “necessario” al quale a poco a poco mi sono abituata, anche se appartengo alla generazione di “carosello” (quando gli spot erano più lunghi, divertenti e soprattutto raggruppati in uno spazio unico prima dei programmi di prima serata).

Anzi talvolta qualche spot particolarmente intelligente può essere anche un’interruzione piacevole, soprattutto se lo spettacolo interrotto è noioso.

Gli spot più gradevoli hanno spesso un difetto: restano in mente, ma distraggono dal prodotto reclamizzato cosa che non credo sia economicamente utile al committente della pubblicità.

Qualche volta, invece, succede proprio il contrario: lo spot è talmente noioso o fastidioso che può essere un vantaggio che lo spettatore dimentichi il prodotto (altrimenti si guarderebbe bene dall’acquistarlo).

Il questi giorni gira sulle reti nazionali uno spot, che reclamizza una linea di detergenti per la casa, che io trovo insopportabile: una garrula coppia di giovani sposi magnifica le proprietà dei prodotti urlando da un capo all’altro della casa esprimendosi in rima mentre un pargoletto si aggira per le stanze su di un triciclo strombazzante.

E’ una fortuna che io non riesca a ricordare i prodotti pubblicizzati dalla coppietta urlacchiante.

 

Lacrime brasiliane.

Ma quanto piangono i tifosi verdeoro?

Certamente viste le imprese della Nazionale brasiliana (la “seleçao” come dicono quelli che la sanno lunga) c’è poco da ridere, ma, d’altra parte, anche noi abbiamo poco da stare allegri eppure non ci sciogliamo in lacrime ad ogni sconfitta (ci mancherebbe altro).

Mi stupisce l’enorme investimento di sentimenti e di speranze dei brasiliani, capaci di stare vicini alla loro squadra, di sostenerla indefessamente, di disperarsi se le cose vanno male, come se le sorti della Nazionale fossero strettamente connesse con le sorti del Paese, oppure con le fortune personali di ciascun tifoso.

Sarà forse colpa della “saudade“, quella sottile lama di nostalgia per ciò che c’era e  non c’è più, per le sicurezze perdute, sarà perchè la Nazione che ospita il Mondiale di calcio si sente in qualche modo favorita (anche se la storia ci insegna che raramente è così), ma la disperazione dei tifosi è totale e mi stupisce e un po’ mi commuove.

Noi, al massimo, ci arrabbiamo, recriminiamo, ma lasciamo le lacrime per altre sconfitte.

 

Finale un po’ triste.

In attesa della “finalina” per il terzo e quarto posto mi chiedo come debbano sentirsi i giocatori che stanno per scendere in campo per contendersi la palma di “chi ha perso un po’ meno”, mi chiedo quanta voglia abbiano di giocare e invece non siano distratti dal rimpianto per ciò che avrebbe potuto essere e non è stato, per la finale, quella vera, che si giocherà domani sera.

Come si fa a battersi alla morte per arrivare terzi?

Mi chiedo se abbia senso, al di là della pura motivazione economica, giocare questa partita che rischia di avere il  gusto di un’amichevole di lusso.

Ma forse mi sbaglio, magari sarà una partita combattuta e bellissima proprio perchè la posta in palio non mette ansia e permette di giocare per il piacere di giocare.

Staremo a vedere.

Milano - Portello

 

Giocattoli.

Le estati della mia infanzia le ho trascorse sempre in montagna, erano estati particolarmente lunghe, dalla metà di giugno fin quasi alla fine di settembre (in quei tempi felici la scuola iniziava il primo di ottobre, anche se poi il 4 ottobre si faceva vacanza in onore di San Francesco).

Erano estati in cui ci si divertiva molto, avevamo pochissimi giocattoli, ma giocavamo tantissimo inventandoci avventure mirabolanti nel boschetto dietro casa dove costruivamo improbabili capanne con rami e frasche (e qualche coperta trafugata da casa) e poi passavamo la giornata a raccontarci storie, a progettare nuove avventure.

Ci divertivamo veramente molto con poco, eravamo un gruppetto di ragazzini poveri di mezzi, ma ricchissimi di fantasia e non ci annoiavamo mai, neppure nelle giornate di pioggia quando, sfuggendo  alle mamme che cercavano di imporci i famigerati compiti delle vacanze, ci riunivamo nella cucina della nonna di uno di noi, una signora vecchissima (a me sembrava centenaria), sempre vestita di nero che sedeva vicino al camino e, mentre lavorava a maglia, raccontava storie bellissime della sua infanzia, storie simili a fiabe, forse inventate, ma sempre affascinanti.

Quelle storie forse hanno fatto nascere in me il desiderio di ascoltare racconti e di narrare, il desiderio di leggere e di conoscere, mi hanno insegnato il valore della parola che ha in sè un’incredibile forza evocativa.

In quelle ore passate ad inventare nuovi giochi e ad ascoltare storie vicino al fuoco ho imparato a giocare con le parole e penso che sia una grande ricchezza.

Moggio

Roba d’altri tempi.

Una volta, quando ero bambina, andavano di moda le rondini: a scuola si leggevano testi legati alla partenza autunnale o al ritorno foriero di primavera, ma il top era una tristissima poesia del Pascoli, con un nido pigolante  abbandonato nel buio.

Le rondini erano anche protagoniste dei proverbi di mia nonna che, quando camminavamo per strada mi indicava i nidi, lassù sotto le grondaie così, quando mi ritrovavo a dover disegnare un nido a scuola (per esempio quando dovevo completare la pagina della “N”) io, bambina di città, non riuscivo a immaginare niente di diverso da una piccola coppa di fango e rametti appiccicata sotto le tegole.

Oggi le rondini ci sono ancora, ma non nei testi delle elementari, e devono contendersi il cielo del mio paese con piccioni, gabbiani da discarica e gazze sempre più invadenti.

Si vedono attraversare l’azzurro con voli veloci, e scendere radenti al suolo quando la bassa pressione spinge verso terra gli insetti di cui sono ghiotte.

E’ più difficile scorgere i nidi perché non sono più tanto graditi, le rondini sporcano i davanzali si sa perciò i nostri bambini non sono più abituati a scorgere nella penombra del sottotetto i piccoli affacciati a minuscolo davanzale in attesa del nutrimento.

Oggi, mentre bevevo il caffè al bar ho alzato lo sguardo verso il tetto e ho scorto un nido, mi sono affrettata ad indicarlo ad un bimbo che giocava seduto al tavolino vicino al mio e ho visto, con piacere, i suoi occhi riempirsi di stupore.

Anche il suo stupore (e il mio) è roba d’altri tempi.

Cavenago di Brianza - rondine

Angeli.

Quando ci si trova in difficoltà, quando la malattia devasta il corpo e lo spirito succede di trovare nelle persone che ci circondano solidarietà, comprensione, compassione, ma anche indifferenza e qualche volta fastidio.

Non è facile confrontarsi con il dolore, non è facile trovare le parole giuste, se pur esistono lle parole giuste per confortare, per dare coraggio o anche per regalare un po’ di gioia.

Spesso nel dolore ci si sente soli, non è giusto che sia così, ma è umano e comprensibile.

E poi succede di incontrare persone che compiono piccoli semplici gesti, che vanno al di là dei loro doveri e dei loro compiti, persone che ti riconciliano con il mondo e con la vita come il tassista di Rovereto che dà un’occhiata a mio marito seduto sul sedile posteriore, finge di non far partire il tassametro e ci chiede una cifra ridicola dopo aver attraversato la città, o l’infermiera in ospedale che, con un sorriso, offre il suo pasto serale a mio marito che non sopporta più di ingurgitare semolino, o il meccanico che ripara la carrozzina difettosa e si accontenta di un grazie o come le tante persone, magari sconosciute, che ci regalano un sorriso, un piccolo aiuto, un gesto amichevole.

Penso che non sia necessario guardare in cielo: gli angeli sono qui, intorno a noi.

Moggio 2010 Nuvole

 

 

Cronache gialle.

Uno degli appuntamenti dell’estate, in casa mia, è il Tour (mio marito è sempre stato appassionato di ciclismo e, in altri tempi, amava inforcare la bici da corsa e inerpicarsi su per monti e colline).

Anche se non mi appassionano particolarmente le gare, mi piace assistere allo snodarsi del percorso delle tappe soprattutto perché le riprese dall’elicottero permettono di scoprire angoli di Francia sconosciuti o di ritrovare luoghi che conosciamo bene come la Bretagna con le sue scogliere e la Normandia, l ‘Alsazia con Strasburgo e Colmar abbracciate dai vigneti e la zona dei castelli della Loira.

Un appuntamento da non perdere, dopo l’arrivo, i festeggiamenti di rito e le prime (spesso scontate) interviste è una brevissima striscia quotidiana intitolata “Cronache gialle” che pone l’accento su una caratteristica storica, artistica, economica o sociale della zona attraversata dalla tappa.

MI piace questo appuntamento quotidiano che permette di conoscere aspetti della storia, della cultura e delle tradizioni di luoghi magari poco conosciuti, ma comunque interessanti.

Colmar (Francia)

Musica.

Comprendo che in estate il caldo e l’allungarsi delle giornate facciano venire voglia di stare fuori di casa un po’ di più, soprattutto alla sera.

Comprendo che il parco sotto casa mia sia un luogo ideale per trascorrere le serate al fresco e comprendo anche che si sia un po’ di animazione, un po’ di musica per allietare le persone che desiderano trascorrere qualche ora serena.

Comprendo anche che la musica sia ad alto volume, anche perché le finestre aperte sembrano amplificarla, e mi impedisca di leggere un libro o di vedermi un film, “pazienza” dico tra me e me, “anche ascoltare la musica può essere piacevole”.

Quello che non comprendo è perché i cantanti debbano essere così inesorabilmente stonati.

Cavenago

Salite.

Sulle mie montagne, poco sotto la vetta della Grigna per esempio, capita di incontrare un ghiaione e allora la salita si fa più difficile perchè i sassi rotolano sotto le suole e ogni passo in avanti è spesso vanificato da uno scivolamento verso il basso che sembra far perdere il terreno guadagnato, se la giornata è calda e il sole picchia con forza viene voglia di tornare indietro, ai piedi della salita e magari di tornare al rifugio laggiù e godersi una birra gelata.

Ma non ci è mai piaciuto rinunciare e allora si continua, sotto il sole, sul terreno friabile con gli occhi puntati alla vetta ben sapendo che, una volta arrivati lassù, la vista della vallata sotto di noi ci ripagherà di ogni fatica, di ogni goccia di sudore.

In questi giorni mi sento un po’ così, come se salissi su un ghiaione: mio marito è tornato dall’ennesimo lunghissimo ricovero ospedaliero, sempre più magro, sempre più debole, sempre più stanco, stanco di lottare contro questa malattia che non gli dà tregua da più di dieci anni.

E io ho tanta rabbia dentro, rabbia per il destino che tiene in ostaggio la nostra vita da più di dieci anni e rabbia per quella sottile lama di rassegnazione che si insinua dentro di me e mi fa sentire in colpa.

Ogni giorno un microscopico miglioramento sembra vanificato da una improvvisa crisi che sembra ricacciarci in fondo, ai piedi della salita.

Ma non ci è mai piaciuto rinunciare e non mi sembra questo il momento di cominciare a farlo.

Piani di Bobbio