Archivio mensile:Luglio 2014

Arcobaleno.

Dopo la pioggia, soprattutto quella terrificante di ieri, e una giornata nuvolosa, stasera, proprio davanti al mio balcone è spuntato uno stupendo arcobaleno.

Mi piace osservarlo, mi mette allegria perchè è un presagio di serenità: piove ancora, sembra dire, ci sono ancora nuvole minacciose, ma laggiù, all’orizzonte brilla il sole

L’arcobaleno è un po’ come una serata tranquilla dopo qualche giorno un po’ turbolento e allora ho l’impressione che, anche se tutti i problemi non sono risolti, laggiù, in fondo si vede un po’ di luce.

E così il mio bicchiere continua ad essere mezzo pieno.

Cavenago - Arcobaleno

 

La vie en rose.

No, non si tratta di un momento di dolce malinconia risvegliato dalla voce delicata della mai dimenticata e indimenticabile “passerotto” d’oltralpe, la mitica Edith Piaf.

Si tratta di qualcosa di più prosaico e decisamente più irritante: si dà il caso che un asciugamani rosso fuoco si sia insinuato proditoriamente nel cestello della lavatrice e, nonostante i vari miracolosi acchiappacolore, abbia trasformato buona parte della biancheria di casa tingendola di un rosa uniforme e delicato che non ha paragoni (almeno in casa mia).

Passi per i miei fazzoletti (sono una “vecchia” ragazza posso anche usarli rosa), passi per gli asciugamani e le tovaglie (ce ne faremo una ragione), ma le maglie e la biancheria di mio marito sono decisamente sorprendenti ( e inutilizzabili).

O forse si tratta di un segno del destino: forse è il caso che ricominci ad osservare un po’ il mondo e ciò che mi circonda con un filtro un po’ più rosa.

vie en rose

Pioggia.

Che estate strana è questa: non solo a poggia la fa da padrona, ma la temperatura, soprattutto alla sera e di notte, è decisamente freddina.

Egoisticamente non posso che ringraziare visto che non posso trascorrere le vacanze tra le mie montagne (dove, mi dicono, si sfiorano climi autunnali): francamente non avrei mai pensato di trascorrere il mese di luglio a casa, con le finestre socchiuse ed una copertina sempre a portata di mano.

Alla mattina, spesso, mi gusto il primo caffè contemplando una nebbiolina persistente che avvolge gli alberi del parco, mentre i raggi del sole faticano a farsi strada.

Mentre lontano brontolano gli ultimi tuoni mi lascio avvolgere da un fresco delizioso.

Se non altro questa estate così fresca presenta un indubbio vantaggio: non dobbiamo sorbirci le aperture dei telegiornali sul caldo sempre più caldo.

Nubi

Prove di “normalità”

Oggi abbiamo deciso di rompere la solita routine e fare un giro a Milano per visitare il Palazzo Lombardia, un po’ perché i giri al parco o intorno a casa nostra cominciano ad annoiarci, un po’ perché, dopo quasi un mese dall’ultimo ricovero in ospedale ci sembrava giunto il momento di regalarci un pomeriggio da persone “normali”.

In realtà spostare mio marito dalla sedia a rotelle al sedile anteriore dell’auto (e viceversa) non è proprio semplice, così come non è semplicissimo caricare in auto la sedia a rotelle e tutto quello che potrebbe servirci in due orette fuori di casa, ma non ci siamo fatti prendere dal panico, ci siamo mossi con calma e siamo arrivati ai piedi del grattacielo senza intoppi.

Siamo stati accolti con gentilezza ed simpatia e siamo stati guidati fino all’ascensore che ci ha portato in pochi secondi al belvedere del trentanovesimo piano da dove abbiamo potuto ammirare in assoluta tranquillità (c’erano pochissimi visitatori) il panorama della città.

Tornati a casa eravamo un po’ esausti, mio marito perchè è ancora un po’ debole ed io per la tensione che ogni cambiamento nella routine mi procura, ma comunque eravamo tutti e due contenti, contenti di aver trascorso qualche ora insieme, fuori dalla quotidianità.

Milano - Palazzo della Regione Lombardia

In coda.

La coda all’Asl per il rinnovo del tesserino verde di mio marito (quello, per intenderci, che attesta l’esenzione dal pagamento delle prestazioni mediche in caso di invalidità) può essere molto istruttiva o, per lo meno, offre un interessante punto di vista sul genere umano.

L’attesa, in una mattina normale di luglio, richiede almeno un’ora a meno che agli sportelli non si presentino persone con situazioni particolarmente complicate.

Un signore, ad esempio chiede l’esenzione per reddito, ma si presenza senza dichiarazione dei redditi e pretenderebbe che l’impiegata (pazientissima per altro) si accontentasse della sua parola (cosa che l’impiegata probabilmente farebbe molto volentieri, se solo potesse, pur di toglierselo dai piedi ): si tratta di una situazione semplice in realtà, che richiederebbe pochi secondi, peccato che ci vogliano almeno venti minuti prima che il signore in questione decida di allontanarsi dallo sportello per andare a caccia del Cud.

C’è la famigliola multietnica alle prese con problemi di residenza, c’è la signora che ha sbagliato ufficio e non vuole darsi per vinta e decine di situazioni analoghe.

A  ben guardare i muri sono tappezzati di fogli con istruzioni minuziose e dettagliate per quasi tutti i casi umanamente immaginabili, ma pochissimi si prendono la briga di leggerli (il che, probabilmente, ridurrebbe di gran lunga i tempi di attesa di tutti e migliorerebbe la salute mentale degli impiegati).

Alla fine, dopo quasi due ore, approdo allo sportello: la mia pratica è semplice e lineare, ho tutti i documenti necessari, l’impiegato espleta velocemente la procedura, peccato che la stampante ci metta almeno sette o otto minuti per stampare un tesserino fronte-retro.

Sospetti.

Nella giornata della splendida tappa del Tourmalet, me ne sto lì, incantata, a  contemplare la forza e l’intelligenza di Nibali, la sua abilità incredibile nell’affrontare la gara, nel controllare gli avversari senza mai dare l’impressione di fare fatica, con pedalate fluide, ma allo stesso tempo potenti.

Al bar, dove seguo gli ultimi chilometri della salita, sento aleggiare i soliti sospetti come se non si riuscisse più a credere che sia possibile vincere senza barare.

Mi fanno un po’ arrabbiare questi discorsi.

A me piace credere che si possa vincere con le gambe, il cuore e il cervello, a me piace credere che, di tanto in tanto, anche nel nostro bistrattato Paese possa fiorire la grande impresa sportiva, o l’opera d’arte o la scoperta geniale, senza trucchi, senza scorciatoie, senza inganni.

Lascio che gli amanti dei soliti sospetti e dei soliti complotti borbottino, io mi limito a gioire.

Squali.

Ho notato (complice l’insonnia da afa)  che le notti estive ripropongono ogni anno, come un tormentone, la programmazione dei mitici film degli anni ’70/’80 incentrati su un famelico e arrabbiatissimo squalo bianco che semina morte e terrore sulle spiagge delle vacanze.

Si tratta di una vera e propria saga composta da quattro film che raccontano storie molto simili (e anche un po’ ingenue e prevedibili). c’è un personaggio mediamente malvagio e mediamente stupido che, per brama di profitto o per leggerezza, scatena la folle rabbia dell’animale, dopo di che si susseguono gli attacchi a bagnanti indifesi (buoni o cattivi non importa, lo squalo non fa distinzioni) fino a quando uno o più personaggi nobili e buoni riescono a far fuori, in modo rocambolesco e spettacolare la bestiaccia assetata di sangue.

Sono ingenui anche gli effetti decisamente poco speciali, come è ingenuo l’accanirsi dello squalo contro Martin Brody e i membri della sua famiglia, quasi si trattasse di una riedizione hollywoodiana del Colombre.

faccio sommessamente notare che ci vuole un bel senso dell’ humor (nero direi) a trasmettere questi film mentre orde di vacanzieri si preparano ad invadere spiagge e litorali.

E’ un po’ come proiettare “Airport” durante un volo intercontinentale.

Finale ligure

Giorni così.

Passano i giorni, alcuni sereni, altri meno (come il cielo là fuori del resto) sono giorni di un’estate strana, forse la prima estate trascorsa nella nostra casa, senza montagne intorno, senza viaggi, senza vacanze.

Ma non è veramente un’estate “senza”, incredibilmente sta trasformandosi in un’estate “con”: un’estate con tanto affetto, con tanti momenti trascorsi insieme, con le tante piccole gioie che illuminano e mitigano le sofferenze della malattia

Il clima ci aiuta, fa caldo, ma non fa troppo caldo e, qualche volta, ci capita persino di approfittare di un raggio di sole per regalarci tranquille passeggiate al parco, sempre con un occhio rivolto ai nuvoloni laggiù che sembrano volerci rovinare la festa.

E’ un’estate trascorsa anche in cucina per preparare i piatti che preferiamo con una cura che di solito non riesco a dedicare al cibo, ma ho tanto tempo  disposizione e non ho orari pressanti o progetti assillanti, non devo fare in fretta per andare altrove e allora mi muovo con calma e anche questo è piacevole, come è piacevole sedersi intorno ad una tavola ben apparecchiata, piena di colori e di profumi.

Sono giorni un po’ così, giorni diversi e strani che mi stanno insegnando a scoprire sapori e sentimenti che avevo dimenticato.

Milano

O graziosa luna…

Ieri notte faceva veramente molto caldo e mi aggiravo per casa, avvolta nella stanchezza e nei mille pensieri (non tutti positivi) che si affollano nella mia mente quando si allenta la vita di tutti i giorni, mio marito dormiva tranquillo e non volevo disturbarlo continuando a rigirarmi ne letto.

Per cercare un po’ di fresco sono uscita sul balcone e l’ho vista, lei, la graziosa luna spuntare dietro gli alberi del parco, grande, serena, silenziosa e mi sono venuti in mente versi che non riuscirei mai a scrivere, ma che mi piacerebbe saper scrivere, per raccontare a me stessa, prima che ad altri, l’affastellarsi dei sentimenti, delle nostalgie, dei dolori, dei sorrisi, delle paure e dei desideri.

E sono rimasta lì, in contemplazione, quasi ipnotizzata dalla superficie luminosa.

E poi mi sono ricordata, all’improvviso, che mancavano meno di ventiquattr’ore al quarantacinquesimo anniversario di  un’altra “notte della luna“, una notte in cui la luna ha smesso di essere un astro misterioso e inaccessibile, una notte in cui, trattenendo il respiro, ho visto un essere umano muovere i primi passi sul suolo lunare, in quel mare della tranquillità in cui mi piacerebbe perdermi.

Nella contemplazione ho ritrovato un po’ di serenità, sono tornata a letto e mi sono abbandonata ad un sonno finalmente profondo.

Cavenago - Luna calante

“Quanta strada…

…nei miei sandali, quanta ne avrà fatta Bartali” cantava Paolo Conte (ma anche Enzo Jannacci) in una delle canzoni che amo di più, una canzone dalle immagini estremamente efficaci come “quel naso triste come una salita” e “quegli occhi allegri da italiano in gita”.

Certo di strada ne ha fatta tantissima nella sua lunga vita, una vita lunga e ricca, affrontata con l’ironia pungente così tipica dei toscani che gli valse il soprannome di “Ginettaccio”, una vita di successi sportivi, alcuni mitici come la vittoria al Tour del ’48 (che avrebbe contribuito, secondo la vulgata, ad allentare la tensione dopo l’attentato a Palmiro Togliatti), ma anche una vita di scelte coraggiose che gli valsero, ad esempio, il riconoscimento di “Giusto tra le Nazioni” dallo Yad Vashem.

Nell’immaginario collettivo è rimasta la rivalità con Fausto Coppi, e l’immagine stupenda dei due campioni, che dividevano gli italiani, che si passano una bottiglietta d’acqua durante una salita del Tour del ’52.

Oggi Bartali compirebbe cento anni e il Tour si avvicina alle Alpi: auguro a Nibali (che ha, anche lui, un naso un po’ triste come una salita) di rendere omaggio al grande campione del passato con una gara eccezionale.

Ghisallo