Archivio mensile:Marzo 2020

Ultrasessantacinquenni.

Fino a poco più di un anno fa ero ancora in un’età tale da poter lavorare, anzi, quando mi hanno “concesso” la pensione, l’hanno chiamata “pensione anticipata”, come se, a sessantacinque anni suonati, in qualche modo fossi riuscita a sfuggire ai miei “doveri”.

Oggi la mia Regione mi consiglia, vista l’età avanzata, di starmene chiusa in casa per non correre rischi.

Sono contenta che chi ci governa si preoccupi di me e della mia salute, ma mi sembra un po’ un’incongruenza, visto che ci sono dei miei coetanei che devono ancora lavorare.

Sono anche un po’ stufa di sentire parlare delle vittime come di “anziani” e non come di “persone” che, magari a causa di altre patologie, sono incappati in modo tragico in questo virus.

Ci sono persone della mia età, e anche oltre, che fanno volontariato, si impegnano, viaggiano, studiano, amano la vita, amano la bellezza e, anche se hanno qualche acciacco, si sforzano di vivere in pieno la loro età ed è giusto tutelarli, ma, per piacere, non chiamateci “vecchi”.

Autunno in Valsassina (Moggio)

Insofferenza.

Diciamoci la verità, questa forzata immobilità mi va un po’ stretta soprattutto ora che è iniziato il mese di marzo visto che, qualche tempo fa, avevamo pensato, con le amiche con cui condivido le scorribande del mercoledì, di fare un breve viaggio a Colonia proprio in questo mese.

Ora l’idea di viaggiare, con i controlli negli aeroporti, con le frontiere chiuse per noi che veniamo da questa parte di mondo, con la preoccupazione (neanche tanto infondata) di partire sani e ritrovarsi malati lontano da casa, sembra addirittura impensabile.

Allora mi consolo progettando i viaggi che vorrei fare, i viaggi che farò quando la bufera sarà solo un ricordo, studio i percorsi nel deserto del Marocco, mi riempio gli occhi con le placide immagini del canale di Kiel, mi faccio una cultura sulle cittadine della Baviera (e intanto studio un po’ di tedesco, visto che sono abbastanza arrugginita).

So che in questo momento dovrei avere preoccupazioni più serie, ma sognare la normalità aiuta e, per me, la normalità è una valigia pronta, una carta d’imbarco e il mondo ancora tutto da scoprire.

Polonia - Torun