Archivio mensile:Gennaio 2018

Il sapore dell’acqua.

Quando ero bambina, come credo moltissimi della mia generazione, bevevo abitualmente l’acqua, l’acqua del rubinetto (che in estate lasciavo scorrere un po’ perchè fosse fresca, l’acqua delle fontanelle e persino, incredibile a dirsi, l’acqua dei ruscelli (“quando fa tre salti, spiegava una leggenda diffusissima, l’acqua diventa potabile”).

E’ incredibile che sia sopravvissuta senza l’acqua “che elimina l’acqua” o senza “l’acqua della salute”, è incredibile che non mi sia mai dovuta preoccupare del troppo sodio o del poco calcio.

L’acqua era la panacea di tutti i mali, un bicchiere d’acqua esorcizzava gli effetti di uno spavento o di una forte emozione, in caso di slogatura, distorsione o incidente analogo capitato durante il gioco non era necessario perdere tempo per correre dalla mamma, bastava mettere l’arto colpito sotto un getto d’acqua e tutto passava, se il sole picchiava duro bastava inzuppare il berretto e infilarselo in testa per ripigliarsi.

Ogni tanto andavamo in gruppo a giocare al torrente e allora l’acqua freddissima diventava un giocattolo incredibilmente versatile: con i piedi e le mani a mollo costruivamo dighe e mulini e saltavamo nelle pozze schizzandoci a vicenda fino a diventare fradici, ma incredibilmente i raffreddori erano veramente rari.

E poi, quando avevo sete, infilavo la testa sotto il getto di una fontanella e assaporavo l’acqua che, soprattutto in montagna, era gelida e sapeva di neve.

giochi d'acqua

Camera d’albergo.

Quando viaggio, anche se sono in gruppo, preferisco una camera singola perchè amo stare un po’ da sola, riflettere sulla giornata trascorsa, riordinare i pensieri, riorganizzare le emozioni.

Ho soggiornato in camere assolutamente anonime, un po’ fredde e impersonali, ma anche in ambienti eleganti ed estremamente confortevoli, magari dotati di un balcone con una splendida vista,ma ogni volta la camera ha rappresentato il primo incontro con un nuovo paese, con una diversa cultura.

Qualche volta ho trovato arredamenti un po’ datati, ma caldi e accoglienti, o soluzioni avveniristiche nelle quali persino la ricerca di un interruttore diventa un’avventura come nell’albergo dove ho soggiornato qualche mese fa a Londra.

In fondo non ho bisogno di molto, mi basta un numero congruo di prese di corrente (dove attaccare telefono, macchina fotografica e tablet), un letto comodo (possibilmente con un materasso un po’ rigido), pulizia scrupolosa e un po’ di silenzio per dare sfogo ai miei pensieri.

Ho ricordi piacevoli delle tinte calde della mia camera a Fes o dell’azzurro delle persiane di Itaca, ho ricordi piacevoli delle coccole come i sali da bagno profumati di Marrakesch o l’accappatoio caldo dell’hotel termale in Slovenia.

Ho ricordi piacevoli perchè ogni camera, grande o piccola, luminosa o grigia, è un pezzo importante del viaggio e per qualche ora, per qualche giorno diventa il luogo in cui vivere, diventa quasi “casa”.

Londra - Luma Concept Hotel (Hammersmith)

Frikes - Itaca (Grecia)

I trii dì della merla.

La leggenda dei “tre giorni della merla” si perde nella notte dei tempi e narra di un inverno rigidissimi e degli ultimi tre giorni di gennaio con Milano sepolta sotto una spessa coltre di neve.

Una famigliola di merli, che allora stando alla leggenda erano candidi, viveva in un nido collocato tra i rami di un albero dalle parti di Porta Nuova, ma il freddo era intenso e il cibo scarsissimo allora, mentre il maschio vagava per la città in cerca di qualcosa con cui nutrire i piccoli, la femmina decise di traslocare armi e bagagli (e cuccioli) in un nuovo nido costruito in fretta e furia su di un comignolo.

Il gelo durò per tre giorni e quando il maschio finalmente fece ritorno stentò a riconoscere la sua famigliola perché la madre e i piccoli erano diventati neri per via del fumo del camino.

Per questo motivo, si racconta, i merli sono neri.

I nostri antenati, quando non c’era il riscaldamento globale  e i cambiamenti climatici erano di là da venire, approfittavano di questi giorni per trarre auspici: se i tre giorni sono gelidi, dicevano, avremo una primavera mite, se caldi e soleggiati dovremo rassegnarci ad una primavera tardiva.

Cavenago di Brianza - Merlo

Nomi.

Nel ventre oscuro della stazione Centrale di Milano c’è il Memoriale della Shoah, allestito proprio nel luogo da cui tra il 1943 3 il 1945 partirono quindici treni, treni che non comparivano sui tabelloni della stazione, indegni carri bestiame in viaggio verso la morte.

Percorrere il memoriale è un’esperienza coinvolgente, ma il luogo più toccante è il muro con i nomi, nomi di persone che su quei vagoni sono saliti, nomi che corrispondono a volti, mani, voci, sorrisi ed esistenze.

Percorro i nomi con lo sguardo soffermandomi su quelli di colore diverso, pochissimi come pochissimi furono i sopravvissuti.

Immagino quei nomi urlati in un appello osceno, provo ad immaginare i sentimenti nel sentire urlare il proprio nome lì, nel ventre buio della stazione.

Milano Stazione Centrale - Memoriale della Shoah

Il senso della memoria.

Il giorno dedicato alla memoria è quasi giunto al termine: come ogni anno abbiamo visto immagini, abbiamo ascoltato parole accompagnate da una musica struggente, forse ci siamo sentiti addolorati, forse indignati.

Poi la giornata finisce e, da domani, e per un intero anno, non ci penseremo più, abbiamo fatto il nostro dovere, abbiamo celebrato il ricordo e possiamo far ritorno alla vita normale, quella dove la solidarietà è spesso confusa con il “buonismo”, quella dove i nostri problemi personalissimi tornano ad essere una priorità e i problemi degli altri scivolano via, sotto una cortina di indifferenza, come polvere nascosta sotto un tappeto.

Giornate come questa hanno un senso solo se riescono a scuotere la nostra coscienza, solo se lasciano semi che permettano alla nostra umanità di crescere, solo se ci fanno comprendere che quello che è accaduto può ancora accadere, e ancora accade, e che è nostro preciso dovere vigilare e opporci sempre.

Auschwitz - Birkenau

Questione di privacy.

Seduta in una sala d’aspetto cerco di leggere, ma sono distratta dalle telefonate a voce altissima dei vicini e dalle chiacchiere un po’ “da bar” di un gruppetto di persone impegnate in una discussione sullo stile “andava meglio quando andava peggio”.

Alzo gli occhi dalla mia lettura che diventa sempre più faticosa e mi lascio cullare dalle parole che sento senza veramente ascoltare.

Poi mi colpisce il tono stentoreo di un signore “ben informato” che racconta di un imminente “chip  sottopelle” che verrà istallato (nel braccio, nel collo o nell’orecchio come i cani?) per decisione  di un non ben precisato governo (a poco più di un mese dalle elezioni è bello scoprire che qualcuno sa già come sarà il futuro governo).

Si alza un coro di vibrate proteste contro questa evidente violazione della libertà personale e della privacy, ma vi viene da pensare che le manifestazioni di sdegno sarebbero più credibili se tutti quanti non stringessero tra le mani uno smartphone che permette una precisa geolocalizzazione (che noi stessi, un po’ inconsapevolmente, abbiamo autorizzato).

E pensare che io, nella mia ingenuità, mi stupisco ancora quando il mio “telefono” mi chiede se il caffè che sto bevendo è di buona qualità o mi suggerisce in quali ristoranti entrare (sulla base dei miei gusti e delle mie abitudini).

Ho l’impressione che un chip sarebbe meno invasivo.

Marocco - In volo verso casa

Quando la storia ci sfiora.

I  ragazzi spesso si lasciano affascinare dalla storia, quando la storia balza fuori dalle pagine un po’ noiose dei libri di testo e diventa vita quotidiana, ma non sempre è facile mostrare la magia del passato quando il passato è molto remoto e gli avvenimenti sembrano perdersi nelle brume in bilico tra verità e leggenda.

Ma quando, come in questi giorni, il libro ci racconta avvenimenti che ci sfiorano e i testimoni dei fatti sono ancora viventi l’attenzione dei ragazzi si fa più viva.

Mostro le fotografie di mio padre, giovane soldato in Libia, mentre una mia allieva realizza che il padre di suo nonno è scomparso proprio in quella ritirata di Russia di cui parla il libro e di colpo la storia esce dai libri e diventa più concreta, più vera, non ha più i connotati del mito ma è qualcosa che ha toccato in tempi relativamente recenti persino le loro famiglie.

C’è attenzione nei loro sguardi e c’è stupore, quasi una nuova consapevolezza.

DERNA

Solo un po’ di attenzione.

Domani una delle signore ospiti della casa di riposo dove vive mia madre si trasferirà in un’altra struttura, più vicina ai luoghi dove ha sempre vissuto, agli affetti, alle amicizie e oggi ha voluto salutarmi abbracciandomi con affetto e mi ha ringraziato per “tutto” quello che ho fatto per lei.

In realtà io non ho fatto proprio nulla di diverso dal solito, le ho dedicato qualche minuto (non ho mai troppo tempo), un sorriso, un poco (ma proprio poco) di attenzione alle sue piccole necessità, qualche volta l’ho aiutata a salire sull’ascensore quando la sedia a rotelle si è incastrata, ho allentato il tappo della bottiglietta dell’acqua minerale un po’ duro da aprire, le ho sistemato le lancette dell’orologio al cambio dell’ora legale.

Eppure questi piccoli gesti, così normali, così poco impegnativi,  per lei hanno rappresentato qualcosa di importante il cui significato andava al di là dei gesti stessi: si è sentita ascoltata, accudita, amata.

Mi sono resa conto di quanto un po’ di attenzione possa essere importante per chi è spesso solo e di come basterebbe veramente poco per rallegrare la vita di chi ci sta intorno.

Avevo un’amica e non lo sapevo.

Valbiandino fiori

Il valore della testimonianza.

Ho conosciuto la signora Liliana Segre quasi vent’anni fa quando, con i miei ragazzi di terza, partecipai ad una sua conferenza e ricordo che tornammo a casa quella sera arricchiti dall’incontro con una persona eccezionale che ci aveva raccontato la deportazione nel campo di Auschwitz-Birkenau con lucida semplicità, senza rancore e con un immenso amore per la vita.

Dalla sua testimonianza così coinvolgente traemmo lo spunto per uno spettacolo teatrale del quale le inviammo una registrazione un po’ artigianale.

La lettera che inviò ai ragazzi e a me, per ringraziarci del nostro lavoro, è uno dei ricordi più preziosi della mia lunga vita scolastica.

Oggi questa grande donna è stata nominata senatore a vita dal Presidente Mattarella e anche se immagino già gli alti lamenti di quanti si stracceranno le vesti per questa nomina (“C’era proprio bisogno di un senatore in più?” chioseranno i paladini della politica “piccola piccola”), ritengo che poche persone meritino questo riconoscimento e non per le sofferenze della deportazione, ma per la responsabilità della testimonianza che ha saputo assumersi nei confronti soprattutto delle giovani generazioni.

Auschwitz - Birkenau

Un Paese meraviglioso.

Nelle ultime settimane è andata in onda su Rai1 una trasmissione di Alberto Angela incentrata sui monumenti e sui luoghi del nostro Paese che sono entrati a far parte, a buon diritto, del Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco.

Si tratta di un’occasione per ripercorrere l’Italia delle meraviglie con i suoi borghi, i suoi siti archeologici, i suoi paesaggi, la sua grande ricchezza e la sua grande bellezza di cui dovremmo essere orgogliosi e che spesso trascuriamo forse perchè siamo circondati da testimonianze d’arte e di storia e da paesaggi tanto splendidi da lasciarci quasi indifferenti, quasi per una forma di assuefazione, una sorta di “sindrome di Stendhal” alla rovescia.

E’ incredibile come in un territorio così piccolo siano raccolti tanti tesori e per una volta la televisione ci dona la possibilità di scoprirli e di amarli.

Agrigento (Sicilia)

Milano - Cenacolo

Roddi (Langhe)