Archivio mensile:Aprile 2018

Vita da insegnante.

In rete gira un video nel quale un ragazzino aggredisce un insegnante “ordinandogli” di mettergli un voto sufficiente sul registro, con l’arroganza di chi sa (o crede) di essere il più forte, con la consapevolezza che l’impunità è dietro l’angolo e che, probabilmente, i genitori lo difenderanno a spada tratta perchè in fondo “è solo un ragazzino”.

Quando succedono episodi del genere (… e ormai succedono sempre più spesso) mi sento rattristata e impotente e mi chiedo con sconcerto e sconforto come abbiamo potuto accettare tutto questo, come è possibile che noi adulti, genitori e insegnanti, abbiamo abdicato al nostro compito di educare e come abbiamo potuto permettere che questi ragazzi, che sono pur sempre il nostro futuro, siano allo sbando, senza regole e, in fondo, senza speranza.

Poi penso alle relazioni che mi legano ai miei ragazzi, penso al mondo di confidenza e rispetto che abbiamo saputo costruire insieme, pur tra mille difficoltà e tra mille errori, e mi consolo un po’ perchè sono consapevole che il mio ruolo non è solo quello di insegnare informazioni ai miei allievi, ma è soprattutto quello di aiutarli a crescere come persone sane, equilibrate, mature.

Sulle spalle dei giganti (la scienza nel Medioevo)

Disintossicarsi almeno un po’.

Tra meno di un mese le classi prime del nostro istituto partiranno per trascorrere due giorni di scuola velica sul lago di Como e l’attesa cresce in modo esponenziale ogni giorno.

Per i nostri ragazzi il corso di vela (che ormai nella nostra scuola è una tradizione) è un’esperienza importante perchè devono prendere il treno, preoccupandosi dei bagagli (che non è poco), devono rifarsi il letto, preparare la tavola, sparecchiare, lavare i piatti e sistemare la cucina (il tutto senza i genitori), ma soprattutto imparare i primi rudimenti della navigazione come armare l’imbarcazione, governare le cime e il timone e tenere d’occhio il vento.

La cosa più importante, però, è che per due giorni i ragazzi dovranno fare a meno della televisione, degli smartphone e di tutti gli aggeggi tecnologici che, di solito, intasano le loro giornate e così forse scopriranno che ci si può divertire anche senza fissare uno schermo, che con gli amici si può giocare e parlare (… e non solo chattare) e che un bel paesaggio può restarci nel cuore anche se non fa da sfondo ad un selfie.

I due giorni di vela, in fondo, servono soprattutto per disintossicarsi almeno un po’.

Dervio - Scuola di vela "Orza minore"

Stracavenago 2018.

Capita una volta ogni tanto che il tempo non sia perfetto,  oggi per esempio perfetto non era, ma il drappello di ragazzini, genitori, nonni, parenti, amici e insegnanti si è ritrovato comunque alle quindici, magari scrutando il cielo e tentando di ignorare le nuvole minacciose e la pioviggine fastidiosa, ma tutti lì, pronti a partire per la Stracavenago, l’appuntamento annuale che ormai, tradizionalmente, è diventato un’occasione per fare quattro passi in compagnia, per passare qualche ora insieme.

Ho condiviso il percorso con una collega, chiacchierando un po’ (per quanto era possibile con il fiato corto a causa del ritmo veloce), ho ritrovato qualche persona che non vedevo da tempo, ho scambiato saluti e sorrisi e sono riuscita persino a fermarmi per qualche istante ad ammirare un cervo apparso come per magia fra gli alberi (allucinazione, miraggio? Chi può dirlo?).

Alla fine, all’arrivo, mi sono concessa una litrata d’acqua e un panino con il salame.

Prima di tornare a casa mi sono guardata intorno per qualche momento e, tra i partecipanti stanchi e contenti, ho notato il nutrito gruppo delle mamme “tuttofare” impegnate nell’organizzazione e dei volontari della Protezione Civile che si sono adoperati perchè tutto andasse bene.

A loro va il ringraziamento di noi tutti per il bel pomeriggio passato insieme.

Cavenago di Brianza - Parco del Rio Vallone - Cervi

Il suono della notte.

Quando non riesco a prendere sonno, e per fortuna mi capita molto raramente, i miei pensieri, che si aggirano come farfalle notturne, si impigliano nei suoni che raggiungono la mia camera e mi fanno immaginare vite e storie:  racconti fantastici che popolano il buio.

Sento suoni di passi e scricchiolii e il rumore di un motore lontano, un’automobile che corre nella notte e immagino un ritorno da un lungo viaggio o una partenza, una storia che si conclude o che inizia.

Su un albero del giardino un uccello notturno, forse una civetta, canta nel buio, ma la musica a tutto volume da un’auto di passaggio la ammutolisce, o forse la induce a trovare riparo dove i rami sono più folti e immagino il suo disappunto e la sua solitudine che il canto d’amore a mala pena riesce ad esprimere.

I miei pensieri volano fuori dalla finestra e non mi serve alzarmi e guardar fuori per vedere un passante frettoloso che percorre le strade buie, mentre il silenzio amplifica il suono dei suoi passi.

Qualche volta piove ed è piacevole abbandonarmi al canto della pioggia che concilia il sonno e imprigiona i miei pensieri in una spirale evanescente che mi trascina nel nulla.

Poi, purtroppo, suona la sveglia.

Cavenago di Brianza - Luna tra i rami

Di nuovo venerdì.

Di solito dopo il rientro dopo le vacanze di Pasqua il tempo (scolastico e non) comincia a correre a rotta di collo e le settimane si susseguono con un ritmo quasi frenetico.

La settimana appena trascorsa, con le prove Invalsi per metà classe e il relativo sconvolgimento del normale svolgimento delle lezioni, mi è sembrata ancora più breve ed è già venerdì.

Mi aspetta un week end di correzioni, di faccende domestiche (sempre inesorabilmente in arretrato) e, ciliegina sulla torta, l’annuale appuntamento con la “Stracavenago”, la manifestazione organizzata dal Comitato genitori dell’Istituto che, solitamente, vede la partecipazione allegra e un po’ confusionaria di ragazzi, genitori, nonni e insegnanti impegnati in una rilassante passeggiata (e per uno sparuto gruppetto in una corsa) di alcuni chilometri fuori dal paese.

Guardo il cielo minaccioso con la segreta speranza che si rassereni e mi permetta di avere un valido alibi per sfuggire ai lavori che mi attendono e per andare a spasso.

Poi, da lunedì, si ricomincerà a lavorare.

Cavenago di Brianza - Domenica in collina

Camera cafè.

“Camera cafè” è una sitcom, prodotta dal 2003 al 2017, ambientata  davanti a una macchinetta per il caffè (come se fosse una candid camera), che racconta le storie esilaranti di impiegati e dirigenti di un’azienda, esplorando momenti legati al lavoro e vicende personali.

E’ una trasmissione divertente, leggera, veloce che non richiede allo spettatore né impegno né attenzione, ma regala qualche momento di relax.

Ogni tanto immagino una “Camera cafè” ambientata nella macchinetta  della nostra scuola e mi sembra di rivedere i nostri dialoghi mattutini (e un po’ assonnati) quando ci troviamo lì per il primo caffè della giornata.

E parliamo di riunioni, di scartoffie da compilare, di classi da gestire, di programmi e programmazioni, di valutazione e competenze e di valutazione delle competenze e di tutte le amenità che fanno parte della nostra quotidianità.

Ho la netta impressione che non sarebbe una trasmissione di successo.

Moggio estate 2016

Invalsi.

E’ da parecchi anni, ormai, che i ragazzi di terza media si trovano ad affrontare le prove Invalsi ( per la cronaca si tratta dei test formulati dall’ “Istituto Nazionale per la VALutazione del Sistema dell’Istruzione”) e fino allo scorso anno le prove, che vertevano su quesiti di italiano e matematica, facevano parte integrante dell’esame di Stato e concorrevano, a volte con effetti devastanti, alla valutazione complessiva della prova d’esame.

Da quest’anno ci sono grandi novità: le prove si svolgono in aprile, a italiano e matematica si è aggiunto anche un test in lingua inglese, le risposte non vanno scritte sul fascicolo cartaceo che per anni è stato l’incubo di tanti studenti, ma digitate direttamente sulla tastiera di un computer.

Oggi un gruppo di ragazzi della mia terza ha avuto il discutibile onore di aprire le danze con la prova di matematica.

Logicamente erano un po’ nervosi, ma anche incuriositi e preoccupati della stabilità della connessione, delle macchine sconosciute e dello scorrere del tempo scandito da un conteggio alla rovescia, piuttosto ansiogeno, nella parte superiore dello schermo.

Tutto sommato la prova, che è coperta da un assoluto velo di segretezza, è andata bene: in fondo sono dei “nativi digitali” e davanti ad un computer non faticano a trovarsi a loro agio.

Sono rientrati in classe abbastanza sorridenti e rilassati anche se, a ben guardare, oggi hanno affrontato la prima prova simile ad un esame della loro carriera scolastica.

Tranquilli, ragazzi, questo è solo l’inizio.

Cavenago - scuola

Foto di famiglia.

Quando non esistevano gli smartphone e i selfie erano ancora di là da venire le foto erano meno numerose (anche perché pellicole, sviluppo e stampa avevano un costo) e, di solito, le migliori stavano ben allineate, con tanto di didascalia, in un album o incorniciate in salotto.

La nostra vita non era raccontata per immagini minuto per minuto e le foto si limitavano a sottolineare momenti particolarmente importanti, come una nascita, un matrimonio, una scampagnata con tutta la famiglia, la cerimonia della laurea e quasi tutte le feste comandate che vedevano grandi e piccoli sorridenti intorno ad una tavola imbandita.

Ed era (ed è) divertente ogni tanto tornare a sfogliare un vecchio album  e sorridere delle espressioni buffe o dell’abbigliamento demodè e associare ad ogni immagine un ricordo piacevole o triste e ritrovare emozioni che sembravano dimenticate.

Oggi la nostra vita è fotografata in ogni momento e le immagini scivolano via quasi senza lasciare traccia, senza risvegliare ricordi e spesso senza emozioni.

bambina

Peccato!

Tre anni fa, durante il viaggio in Turchia, una della esperienze più piacevoli è stato scivolare un pomeriggio sulle acque del Bosforo, a bordo di un piccolo battello.

Lungo la sponda asiatica si susseguivano le residenze del periodo ottomano, spesso minuscole, ma elegantissime, con le persiane chiuse per mitigare il sole caldo, con i colori spesso contrastanti con l’azzurro dell’acqua e il verde degli alberi.

Sulla superficie dell’acqua scivolavano, rumorose e ingombranti, delle imbarcazioni mercantili di grandi dimensioni e una di quelle, precisamente un cargo maltese,  qualche giorno fa è sfuggita al controllo dell’equipaggio e ha investito l’ “Hekimbasi Salih Efendi Yalisi”, una villa ottomana che risale al diciottesimo secolo e che il regista Ferzan Ozpetek ha usato per ambientare il film “Rosso Istanbul“.

E’ un vero peccato.

Istanbul

Un posto tranquillo.

A volte mi bastano poche ore per staccare la spina, per ricaricare le batterie, per liberarmi dalla tirannia del tempo che non basta mai, delle giornate scandite da orari e impegni e scadenze che si susseguono sulla mia agenda e non mi lasciano spazio per me stessa tanto che, quando riesco a ritagliarmi un momento provo quasi un po’ di rimorso.

C’è un tempo per staccare e, per me, c’è anche un luogo.

Nella mia casa in montagna c’è  silenzio, c’è calore, c’è una sedia comoda dove sedermi con un libro e una tazza di caffè, c’è il tempo che si dilata fino a rallentare e non c’è alcun senso di colpa nel “perdere tempo”.

Poi torno alla mia quotidianità, ma so che quelle poche ore passate sospesa tra il bosco e il cielo, tra i miei libri e il calore sono la migliore medicina per la mia inquietudine.

Moggio