Archivio mensile:Febbraio 2016

Noi che non avevamo lo smartphone.

La campanella che annuncia la fine delle lezioni non ha ancora finito di squillare e già nelle mani dei miei ragazzini, tutti undicenni appartenenti alla specie “homo digitans“, si materializzano gli immancabili smartphone.

Nel giro di pochi secondi la maggior parte dei miei pargoli è connessa con il resto del mondo e ricomincia a comunicare dopo le ore di “silenzio radio” imposte, non senza difficoltà, dal regolamento scolastico.

Ogni tanto mi chiedo come facessimo a comunicare noi, undicenni di mezzo secolo fa, che avevamo in casa un telefono nero come uno scarafaggio appeso al muro, spesso funzionante con un contratto duplex (che significa che si poteva telefonare se non stava telefonando l’altro utente connesso alla stessa linea e che dovevamo fare telefonate brevissime), noi che andavamo al “posto telefonico pubblico” e aspettavamo per ore la comunicazione, noi che giravamo appesantiti da chili di gettoni per poter chiamare da una cabina pubblica  il fidanzatino di turno (alla faccia della privacy).

E’ passato tanto tempo che quasi non me lo ricordo più, ma è ovvio: noi non telefonavamo, noi andavamo sotto casa degli amici e suonavamo il campanello oppure ci davamo appuntamento in piazza o all’oratorio o a casa dell’uno o dell’altro.

Noi ci mandavamo messaggini, non chattavamo, non giocavamo online, giocavamo guardandoci in faccia, ci scambiavamo segreti guardandoci in faccia, litigavamo guardandoci in faccia e guardandoci in faccia facevamo pace, dimenticandoci quasi subito del litigio (avevamo l’enorme vantaggio di non poter salvare i nostri battibecchi su whatsapp).

Cero non potevamo farci dei selfie, ma non mi sembra un grosso guaio: siamo diventati grandi ugualmente senza sms, senza chat e, soprattutto, senza “guinzaglio lungo”.

Questa cabina...

Una certa età.

La mia mamma (novantenne peraltro) quando sente la mia voce un po’ stanca mi ammonisce: “Stai attenta, che hai una certa età”, sottintendendo che non sono più una ragazzina e che, ogni tanto, devo provare a mettermi in  pausa.

Sicuramente ho una “certa età”, anzi, a voler essere precisi ho “un’età certa”, quella dell’anagrafe che non perdona e, soprattutto da quando ho girato la boa dei sessant’anni, ogni tanto cerco di ripetermelo, specialmente quando mi accorgo che il corpo non riesce a tenere il passo con il cuore, con gli occhi e con la mente che dell’anagrafe se ne fanno un baffo.

Sì perché il mio cuore è ancora pieno di impulsi e di sentimenti che vogliono straripare e i miei occhi sono ancora pieni di stupore e la mia mente ha ancora le curiosità e la voglia di conoscere che spingevano me, bambina, a continuare a fare domande, domande che spesso, fatalmente, restavano e restano senza risposta.

E poi mi alzo in piedi e mi accorgo che le ginocchia scricchiolano e la schiena pure, mi guardo allo specchio e scopro ogni giorno una ruga nuova e vorrei andarmene da questo corpo che ha una “certa età” che non è la “mia” età e non mi rassegno a coccolare rughe e acciacchi, ma cerco di convivere con il tempo che passa su di me, in superficie, quasi senza intaccare la “ragazzina” che sono ancora dentro.

Finale ligure (libertà)

Andrò a Venezia (prima o poi).

E’ da tantissimo tempo che desidero andare a Venezia per il carnevale, ma purtroppo, visto che da noi si festeggia il carnevale ambrosiano, mi sa che mi tocca aspettare la pensione (anche perché mi spaventa un po’ l’idea di andarci per il week end).

Eppure mi piacerebbe vagare per calli e campielli, magari in una giornata un po’ nebbiosa, alla ricerca di figure avvolte in mantelli neri o in vaporose crinoline, tra maschere bianche e parrucche incipriate ed essere trasportata in un passato un po’ fiabesco e irreale, ma che, nella mia immaginazione, rappresenta il carnevale in laguna.

Da noi, nonostante i quattro giorni in più regalati, secondo la tradizione, da Sant’Ambrogio, i festeggiamenti sono relegati al martedì, al giovedì e al sabato grasso (che precede la prima domenica di Quaresima) e riguardano soprattutto i bambini.

Altrove il carnevale dura molto di più (come a Viareggio, per esempio) e prevede la sfilata di carri allegorici, con figure di cartapesta variopinte, e feste in costume.

Comunque penso che l’atmosfera del carnevale veneziano sia unica e non vedo l’ora di poterla assaporare.

Venezia Maschere

 

Il giorno dopo.

La mattina dopo il giorno fatidico della consegna delle pagelle c’è un clima strano in classe: chi ha portato a casa delle valutazioni positive sembra più responsabile e più consapevole del solito, chi non ha ottenuto altrettanto successo siede nel banco serio e compunto quasi a voler dimostrare che ce la sta mettendo tutta per migliorare.

Il risultato è una lezione che scorre via liscia in un clima sereno, ricca di interventi e di richieste di chiarimenti … sembra quasi di “essere a scuola”.

Mi piacerebbe che questa atmosfera di lavoro durasse anche nei prossimi giorni e nei prossimi mesi: probabilmente sarebbe più facile per tutti camminare insieme ed arrivare tutti insieme al traguardo, senza patemi, quasi senza fatica, magari anche divertendosi nello scoprire il piacere di conoscere le cose.

Dai ragazzi, continuiamo così.

 

Groundhog Day.

A Punxsutawney in Pennsylvania questa mattina, poco dopo l’alba, si è ripetuto un rito che ormai si perpetua dal 1887: alcuni notabili della cittadina del New England, vestiti in modo decisamente buffo, hanno osservato il comportamento della marmotta Phil traendone auspici per il proseguimento dell’inverno.

Secondo la tradizione, legata ai coloni di origine tedesca approdati su questi lidi, se la simpatica bestiola, uscendo dalla propria tana vedrà la propria ombra (perché la giornata è serena e c’è il sole) si rifugerà di nuovo sotto terra pronosticando così un lungo inverno (almeno altre sei settimane), se invece non vedrà l’ombra, perché il cielo è coperto, non avrà paura e resterà all’aperto preannunciando una precoce primavera.

Mi chiedo perché si ostinino a disturbare la marmotta visto che forse, per trarre le stesse previsioni, basterebbe dare un’occhiata al cielo, ma, si sa, speso le tradizioni popolari non sono molto logiche, soprattutto se offrono l’occasione di far festa e attirare i turisti.

Da questa parte dell’Atlantico ci limitiamo ad osservare il clima nel giorno della Candelora, per l’appunto proprio oggi.

Comunque la marmotta Phil ha annunciato la fine dell’inverno anche perchè, viste le abbondanti nevicate verificatesi quest’anno in tutto il New England, se avesse pronosticato il contrario probabilmente l’avrebbero impallinata.

Piani di Artavaggio (Marmotta)

 

L’incendio a est.

Questa mattina, come tutte le mattine, il cicalino fastidioso (e tarato altissimo per garantirmi il risveglio) mi ha buttato giù dal letto intorno alle sei e mezzo.

Il risveglio è sempre un po’ traumatico e, di solito, non è proprio un risveglio fino a quando non riesco a bere il primo caffè, preparato con il pilota automatico, mentre vago in stato semicomatoso per la cucina inciampando un po’ dappertutto.

Poi comincia la giornata.

Questa mattina, invece, mentre ciabattavo come al solito verso la cucina, la mia attenzione è stata attirata da una luce dalle sfumature rossastre che illuminava il corridoio e riempiva di riflessi i mobili bianchi dell’anticamera e del salotto, una simile ai bagliori di un grande incendio scoppiato laggiù all’orizzonte.

Lo stupore mi ha quasi distratto dal rito mattutino del caffè, ho aperto la finestra e sono uscita in pigiama (so che  pagherò la mia impulsività con raffreddore e mal di gola) a contemplare il sole che inondava il cielo di luce, mentre Venere continuava insistente a brillare nel pezzetto di azzurro più cupo.

Questo strano inverno ci sta regalando mattine stupende, colori accesi, bagliori di fuoco e tutte le sfumature del rosso e del giallo, ci sta regalando lo spettacolo incredibile della natura.

E poi, verso mezzogiorno la nebbia, ma non si può avere tutto dalla vita.

Cavenago di Brianza - alba