In ginocchio sui ceci.

Si racconta che, nei tempi andati, a scuola si usassero metodi correttivi che, oggi, Amnesty International bollerebbe come torture.

La mia maestra non ne aveva bisogno, la mia maestra (che per me era la più brava del mondo) era autorevole, non alzava mai la voce, raramente ci puniva con compiti di castigo, ma le rare volte che questo fatto increscioso si verificava a casa dovevo subire anche le aspre reprimende prima di mia madre e, alla sera, di mio padre e guai se mi azzardavo a dire che la maestra aveva sbagliato (la maestra più brava del mondo non sbagliava mai, per definizione).

Ho amato molto la mia maestra e il giorno in cui mi sono laureata ho cercato il suo numero di telefono e l’ho chiamata e, incredibilmente, ho scoperto che si ricordava di me.

Alle medie e al liceo ho incontrato insegnanti appassionati, che mi hanno fatto innamorare delle materie che insegnavano e della loro professione (tanto che è diventata la mia), insegnanti preparati, che non avevano neppure bisogno di essere severi e che, come la mia maestra, non sbagliavano mai.

Oggi gli insegnanti sono criticati da molti: sono fannulloni, impreparati, incapaci di valutare, troppo (o troppo poco) severi e via dicendo.

Ogni tanto mi chiedo che fine hanno fatto gli insegnanti “che non sbagliavano mai”, ma forse, più semplicemente, non sono cambiati gli insegnanti, è cambiato il mondo che gira intorno alla scuola.

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