Si sente spesso dire che il nostro Paese possiede il quaranta per cento del patrimonio artistico e culturale mondiale, forse si tratta di una percentuale esagerata, ma ci dà l’esatta misura della ricchezza incredibile dell’Italia.

Da molte parti si sente dire che i beni culturali sono il “nostro petrolio” e sicuramente si tratta di una visione riduttiva e parziale, un po’ come se il nostro immenso patrimonio fosse solo un limone da spremere per fare cassa.

Invece il nostro patrimonio artistico e culturale è tradizione e bellezza, è storia, è il passato che ogni giorno sta sotto i nostri occhi a ricordarci la nostra grandezza e la nostra identità, i nostri beni culturali stanno lì, nelle grandi città d’arte, nei piccoli borghi, nelle aree archeologiche, a raccontarci come, nel corso dei secoli, siano stati vivi e vitali, inseriti nel contesto umano, amati e curati, veicoli di idee e di civiltà.

Tuttavia, se anche volessimo semplicemente considerare i nostri monumenti una risorsa economica, da sfruttare fino all’osso,  sarebbe ugualmente colpevole non prendersene cura, lasciarli andare alla deriva permettendo al corso ineluttabile del tempo di sbriciolarli come è successo a Pompei.

Non mi aspetto che chi ci governa si impegni a costruire sul nostro patrimonio un nuovo Rinascimento, mi aspetto, per lo meno, che ciò che ci hanno tramandato resti intetto per le generazioni future.