Archivi giornalieri: 12 Dicembre 2007

Ricordando Piazza Fontana.

A Milano c’è una piazza, nella piazza c’è una banca.

La piazza sta proprio dietro all’abside del Duomo, ma è silenziosa e piccola, una volta ci passava sferragliando il tram che girava in mezzo agli alberi stentati, come sanno essere stentati gli alberi di una grande città, è tranquilla la piazza, una piccola area incastrata tra la cattedrale e il Verziere, più in là c’è via Larga con il suo fluire continuo di traffico e, in fondo alla stradina, via Festa del Perdono con l’Università Statale.

Passavo sempre dalla piazza per andare a lezione, ci passavo alla mattina presto e, se era avvolta dalla nebbia, mi sembrava ancora più triste e tetra del solito, passavo a testa bassa, di fretta, senza guardarmi intorno.

La Banca, invece, era una Banca come ce ne sono tante a Milano, dall’architettura grigia e austera, chiudeva, come un fondale di teatro, la piazzetta.

La Piazza è Piazza Fontana, la Banca è la Banca Nazionale dell’Agricoltura.

Il giorno della strage, il 12 dicembre 1969, io avevo sedici anni, frequentavo il ginnasio e avevo preso nove nel compito in classe di greco.

Eravamo andati in campagna, dalle parti di Inverigo, a trovare certi amici d’infanzia di mio padre, con i quali ci vedevamo sempre qualche giorno prima di Natale per farci gli auguri.

Avevo corso con mio fratello, per tutto il pomeriggio, sulle balze erbose coperte di brina invernale ed ero felice, un po’ per il bel voto in greco, un po’ per la vacanza inaspettata che mi riportava all’innocenza dell’infanzia.

Dopo cena, tornando a casa, mio padre accese l’autoradio (sulla nostra auto ce n’era una perché le produceva la ditta dove lavorava, ed era praticamente un prototipo) e la voce un po’ gracchiante ci diede la notizia della strage con tutti quei morti e quei feriti e poi ricordo, nel buio dell’auto che continuava a viaggiare, le imprecazioni di mio padre, di solito così misurato, il pianto di mia madre e mio fratello insolitamente tranquillo, ammutolito dalla reazione inaspettata dei miei genitori.

Quel giorno non si parlava ancora di terrorismo, gli anni di piombo e la strategia della tensione sarebbero venuti dopo, con tutti quei nomi che sono entrati di prepotenza nei nostri ricordi, Piazza della Loggia, l’Italicus, la stazione di Bologna, ma io mi sentii addolorata come se mi avessero rubato la gioia dell’innocenza.

Questo è il motivo per cui non voglio dimenticare e non mi rassegno all’idea di non avere risposte.