Archivio mensile:Febbraio 2008

Confesso.

Devo confessare che faccio parte di quel gran numero di italiani che, in queste sere di Festival (di Sanremo, naturalmente) ha disertato ma vorrei rassicurare l’indomito Pippo nazionale (son passati i tempi in cui era nazional-popolare e sbancava l’auditel): la mia scelta di fare altro in queste sere non dipende dall’abitudine alla televisione spazzatura, non dipende dal rifiuto dei programmi di qualità perchè non fanno scandalo o non ci si insulta e ci si scazzotta.

Lunedì ho partecipato ad una riunione, martedì teatro (Amleto di Lella Costa), mercoledì ho corretto verifiche (ma forse non c’era il Festival, o c’era?), giovedì un bel film e nelle altre sere…sicuramente troverò qualcosa di interessante da fare, ma non ho nessuna intenzione di sorbirmi una trasmissione di circa quattro ore per sentire delle canzoni che, quasi sicuramente, non contribuiranno a scrivere la storia della canzone italiana e anche se questo dovesse succedere sicuramente lo verrò a sapere a tempo debito.

E’ da quando avevo vent’anni che penso che il Festival sia sostanzialmente inutile, ma, fino a pochi anni fa, gli ascolti erano tali da dare ragione agli estimatori i quali, pur mugugnando, continuavano a restare incollati ai teleschermi.

Oggi la situazione è cambiata, il gusto è cambiato, l’offerta è cambiata e allora forse è il caso di ridisegnare l’evento magari sullo stile dell’Eurovision Song Contest, che è molto più agile e veloce ed è veramente una vetrina delle nuove tendenze musicali (oltre che essere l’evento televisivo, non sportivo, più visto al mondo).

Amleto.

Quando il sipario si apre la scena è scura, disadorna, sul palcoscenico c’è una tavola inclinata verso il pubblico e un sedile che ricorda vagamente un trono, un fascio di luce illumina Lella Costa ripiegata su se stessa.

Poi lo spettacolo inizia, l’attrice racconta il mito eterno del principe di Danimarca sfatando pregiudizi, alternando brani di recitazione del testo di Shakespeare intensissimi ad un racconto attualizzato dal tono ironico e divertito.

Sulle tavole di legno che rievocano il Globe prendono forma i personaggi riconoscibili da gesti semplici, stereotipati: la regina che recita con una postura alla Francesca Bertini, Polonio che ricorda vagamente un Bruno Vespa ante-litteram, sempre acquattato dietro un arazzo, con il suo plastico del castello di Elsinore, a spiare i fatti altrui, Laerte giovane palestrato in partenza per la Francia (dove probabilmente parteciperà ad un reality), Ofelia dolcissima e remissiva.

Tra un sorriso e un silenzio carico di emozioni la storia si snoda per due “brevissime” ore, il punto più alto della rappesentazione è logicamente il monologo (il celeberrimo e citatissimo “essere o non essere”) nel quale l’attrice ripercorre le domande esistenziali che ciascuno di noi, almeno una volta nella vita, si è posto.

Poi “il resto è silenzio” e sulla scena cade improvviso il buio.

Piccola grande storia.

attrezzi del falegnameOggi la lezione di storia si è spostata fuori dalla classe, in una sala del municipio dove ci hanno accolto due gentilissimi signori che, anni fa, dopo essere andati in pensione, hanno deciso di ricostruire, in scala 1:10, la civiltà contadina della Brianza.

Davanti agli occhi un po’ stupiti dei ragazzini si è spalancata, in tutti i suoi più minuti particolari, una tipica cascina della campagna lombarda, con tutti gli attrezzi da lavoro (alcuni dei quali perfettamente funzionanti), gli arredi, gli oggetti della vita quotidiana di un mondo che non c’è più, ma, che per i loro nonni, era la realtà di tutti i giorni.

I due creatori di queste meraviglie, che hanno studiato, ricercato con un lavoro scientifico sui libri, nei musei, dai documenti fotografici e dalle testimonianze e riprodotto un mondo in sette anni di lavoro, hanno spiegato con passione e pazienza tutti i particolari, soffermandosi, quasi con orgoglio, sulle soluzioni che hanno permesso ai nostri anziani, di risolvere in modo pratico, ma geniale i problemi pratici di ogni giorno, come orientare la costruzione in modo da sfruttare la circolazione dell’aria per permettere l’essicazione del fieno ed evitare i rischi dell’autocombustione o sfruttare al meglio le qualità dei materiali e gli spazi senza sprechi inutili di risorse e di energia.

I ragazzi hanno così compreso che gli anziani, che in fondo avevano studiato ben poco sui banchi di scuola, avevano imparato dall’esperienza e dall’osservazione della natura ad operare scelte sagge dal punto di vista ecologico ed economico.

Non è stata un’impresa facile riportarli a scuola.

cascina

Sbarre.

Ogni domenica, alle porte della chiesa, c’è una bancarella allestita dalle diverse associazioni di volontariato, ogni domenica c’è una diversa richiesta di aiuto, solidarietà o anche semplicemente di attenzione, sono tante le realtà di bisogno che qualche volta viene la tentazione di tirare dritto senza alzare lo sguardo e senza farsi coinvolgere, ma io non ci riesco.

Questa settimana è la volta della Cooperativa “Il Germoglio” di San Giuliano Milanese, il tavolino è ingombro di coloratissime composizioni di fiori secchi che attirano lo sguardo e mettono allegria, così mi fermo a dare un’occhiata, tanto so già che acquisterò qualcosa, e scambio quattro chiacchiere con le volontarie di turno.

La cooperativa si occupa del sostegno alle detenute e alle ex detenute e Laura, una donna non giovanissima, dallo sguardo franco, ma dolcissimo, ne parla con calore: anche lei ha conosciuto il carcere, non cerca alibi, sa di aver commesso degli errori, ma ha l’orgoglio di chi combatte per uscirne.

Parla del carcere di come trasformi le persone, le quali, per sopravvivere, si ricoprono di una scorza di durezza fatta di menzogne, menzogne nei confronti delle guardie, delle altre detenute e di se stesse: mostrare debolezza è una colpa e chi avvia, con l’aiuto delle religiose, un percorso di ripensamento è considerato debole, ci vuole coraggio, il coraggio delle scelte in solitudine, per proseguire sul cammino della libertà da se stessi.

Resto ad ascoltare questa testimonianza di una realtà che non conosco poi, dopo un saluto cordiale, come fra vecchi amici, mi allontano pensierosa, ma il cesto di fiori secchi che tengo fra le mani ha il profumo del riscatto.

fiori secchi

Foche non si nasce….

Grazie a Mariko posso esporre orgogliosamente il bannerino del FocaL Pride 2008: l’ennesimo meme, o forse no, una occasione in più per conoscere altri blog e per far conoscere il proprio (almeno io la penso così).

In realtà è proprio grazie ad iniziative come questa che ho avuto la possibilità di conoscere tante voci, di affezionarmi a tanti blogger che si sono aggiunti, a poco a poco, nel mio blogroll e nel mio aggregatore e di trovare anche qualche amico nella blogosfera.

Quindi, come da regolamento ( Circolare n.1/08 – Cosa devono fare i premiati), procedo a segnalare i blog che, a mio parere, sono meritevoli di attenzione:

  • Premio Focafricana a Brikebrok per le sue cronache dal continente nero.
  • Premio Fochit al Il blog di Chit che non tralascio mai di leggere.
  • Premio Foschetto a Bangiu per il suo poetico blog Nel BoScHeTTo.
  • Premio Fokrome a Kromeblog sempre in equilibrio fra tecnologia, attualità, politica e quant’altro.

E ricordate sempre: Foche non si nasce, si diventa.

Approfondiamo… (o sprofondiamo).

E’ già insopportabile che i programmi di “approfondimento”, con preoccupante ciclicità, si occupino dei delitti di moda per ore, con abbondanza di “esperti”, saltimbanchi e ballerine, di filmati agghiaccianti, di ricostruzioni tridimensionali (chi non ricorda il plastico della villetta di Cogne?), ma si può sopravvivere alla sagra dell’orrore e dell’ovvio, basta fare altro che so: coltivare un bonsai, leggere un libro, ascoltare Mozart (che se non altro si dice aumenti il Q.I), ricamare un arazzo, dipingere un affresco, portare fuori il cane o, più semplicemente, andarsene a dormire.

Qualche volta però succede che, assolutamente involontariamente, si urti il telecomando e ci si sintonizzi (per carità, assolutamente casualmente) su un programma di “approfondimento” e mentre, presi dal panico, con le mani tremanti, ci si affretta a premere il tasto rosso succede che all’orecchio distratto giunga la parola “blog” e allora, come incantati, si resta ad ascoltare l’incredibile sequela di definizioni e commenti assolutamente superficiali che dimostrano solo un fatto che gli “esperti” non sanno di cosa stanno parlando (in particolare quando disquisiscono su internet, sulla blogosfera e su tutto ciò che, con una leggera punta di schifo, viene definito il “mondo virtuale”) e l’approfondimento altro non è che uno sprofondare nel mare magnum della disinformazione.

Sono stufa di pagare il canone per continuare a finanziare programmi del genere.

Postilla finale: Chi non sapesse esattamente cosa sia un blog può sempre dare un’occhiata qui, ma, si sa, trattandosi di un sito internet è assolutamente inaffidabile, perché probabilmente scritto da uno che cerca visibilità e autostima.

Vecchi film.

Ogni tanto mi piace vedere un vecchio film, magari una commedia americana d’annata, elegante e divertente, interpretata in modo leggero da attori che hanno fatto la storia del cinema.

Quando ne trovo qualcuno lo acquisto, perché raramente le televisioni li trasmettono e poi non sopporto le interruzioni pubblicitarie, e me lo guardo in tarda serata, quando la giornata è stata particolarmente dura, così mi torna subito il buonumore.

Questa notte tocca a “Una strega in paradiso“, un simpatico film girato nel 1958 (cinquant’anni e non li dimostra) con un esilarante James Stewart (uno dei miei attori preferiti), una affascinante Kim Novak e un giovane Jack Lemmon , si tratta di una storia semplice, senza complicazioni che si lascia vedere così, senza pretese, una storia di sentimenti delicati e positivi, venata di sottile umorismo e con l’immancabile lieto fine.

Quando le mie giornate sono così complicate sento il bisogno di storie semplici.

E’ arrivato un bastimento….

In realtà non si tratta proprio di un bastimento, ma di un corriere che mi ha consegnato intorno a mezzogiorno (con un incredibile tempismo) il pacco della “Compagnia del Cavatappi” con il premio (generosissimo) del concorso fotografico “Winter Slice“.

Se non temessi di scatenare delle preoccupanti invidie farei un elenco dettagliato delle prelibatezze arrivate dritte dritte sulla mia tavola: per esempio potrei decantare le virtù della soppressata stagionata dolce, potrei lasciarmi andare a voli pindarici sull’Aglianico del Vulture o sul liquore di cedro, potrei intrattenere i lettori sulla bontà dei paccheri o sull’aroma dell’aceto balsamico, potrei, ma preferisco evitare di farlo.

Evidentemente sono troppo buona, allora mi limiterò a mostrarvi la fotografia del premio….prima che sparisca.

compagnia del cavatappi

Che bel mondo.

giallo E’ bello scoprire che tanta gente ti è vicina nei momenti difficili, gente che non conosci personalmente (anche se credo che leggere ogni giorno tanti blog mi permetta in qualche modo di entrare in sintonia con tante persone), gente che avrebbe potuto leggere e passare oltre, perché non è sempre facile trovare le parole.

Il post di ieri mi ha fatto scoprire che la blogosfera non è solo un mondo virtuale ammalato di autoreferenzialità , come qualche volta sostiene chi la demonizza, non è un mondo di rapporti finti, ma è un mondo abitato da persone “vere”, capaci di affetto, di solidarietà, di slanci e questo fa bene al cuore.

Con un po’ di commozione mi sono sentita vicina a persone che forse, se le incontrassi per strada, non sarei neppure capace di riconoscere, ma che sono vive e reali più di tanti che mi stanno fisicamente intorno.

Vorrei quindi ringraziare di cuore tutti, ma proprio tutti: è importante, in certi frangenti, non sentirsi soli.