Ieri a Pavia piovigginava, ma la città, anche se ammantata di un’atmosfera autunnale con il suo cielo grigio e le pietre del selciato lucide di pioggia, conserva sempre il suo fascino.
Varcato il ponte coperto, su un Ticino particolarmente plumbeo, mi ha colpito la statua della “Lavandaia” che non avevo mai visto anche se la sua inaugurazione risale a quarant’anni fa.
La scultura, opera dello, scultore borghigiano Giovanni Scapolla, è collocata poco lontano dall’imbocco del ponte dal lato di Borgo Ticino, il quartiere dal fascino antico e pittoresco un tempo situato fuori dalle mura cittadine, il “Burg à bass” (borgo basso in dialetto) che si affaccia sul fiume con le sue case dai colori vivaci.
La scultura celebra la memoria di queste donne del Borgo che, fino agli inizi degli anni ’70 del secolo scorso, svolgevano un duro lavoro quotidiano, nei mesi più freddi e nebbiosi tutte intabarrate e con in testa la “caplina” cercando di scaldarsi con i fuochi accesi lungo le sponde.
Le donne lavoravano tutto il giorno sulla riva: di notte lasciavano i panni in ammollo in enormi recipienti di cemento, mentre al mattino, una volta riportati a riva, li lavavano con l’aiuto della classica asse di legno, “a scagn” in dialetto.
Era compito degli uomini e dei bambini riconsegnare i panni puliti a tutta la città.
Mi piace l’idea soprattutto in questi tempi, in cui si fa un gran parlare di sculture al femminile, dalla “Spigolatrice di Sapri” alla prima statua raffigurante una donna inaugurata a Milano, che a Pavia si possa ammirare una statua dedicata a donne umili e forti che hanno contribuito a fare la storia della città.