Silenzio verde.

La voce del monaco che ci accompagna nella visita della Certosa di Pavia è calda e ferma e bassa, quasi fosse una voce abituata ai lunghi silenzi e alla meditazione.

Camminiamo sui marmi antichi, sotto l’occhio vigile del priore che, da una finestra dipinta sulla parete con un curioso effetto trompe l’oeil, ci accompagna severo quasi invitandoci al raccoglimento.

E’ il silenzio la sensazione che colpisce subito quando si visita la Certosa: il silenzio dei campi che la circondano, il silenzio della chiesa dove si aggirano rari visitatori, il silenzio dei chiostri che si aprono verdissimi e ordinati.

All’improvviso la suoneria di un telefonino (ma non bisognava spegnerlo all’ingresso?) mi strappa da questo sensazione di pace sospesa nel tempo: è il mondo che, là fuori, continua a correre e a gridare e fa irruzione in questa bolla tranquilla con tutta la sua urgenza, con la sua quotidiana frenesia.

La Certosa è bellissima e non solo per i suoi marmi preziosi, per gli affreschi e per le volte trapunte di stelle, la Certosa è bellissima perché, in questo tempo di pandemia e di turismo diradato è un’oasi tranquilla, un rifugio sicuro, un luogo in cui ritrovare pensieri dimenticati e sensazioni troppo spesso trascurate.

Certosa di Pavia

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