Che siano i più deboli a pagare la crisi purtroppo è evidente a tutti, ma che una impresa scelga, scientificamente, di licenziare solo il personale femminile mi sembra ingiusto oltre che vagamente incostituzionale.
Tanto quello che portano a casa le donne è il “secondo” stipendio (ammesso che in famiglia ce ne sia un “primo”), quello che serve per le spese superflue: le vacanze alle Maldive, per esempio, o un braccialetto da Tiffany per Natale.
Nella scelta su chi lasciare a casa la discriminante non sarebbe quindi la professionalità, o il merito, o la competenza, o l’esperienza, o l’anzianità, ma semplicemente il sesso (anche se l’azienda nega ogni forma di discriminazione).
Come era logico prevedere i lavoratori (quelli maschi per intenderci), in un primo momento, hanno aderito alle forme di protesta programmate, ma poi sono andati regolarmente a lavorare e, francamente, come si fa a biasimarli?
La crisi ha scatenato una guerra tra poveri e le difficoltà economiche sono un terreno poco fertile per l’equità e la solidarietà.
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