“Che la salma di un soldato italiano, che non si sia riusciti a identificare, rimasto ucciso in combattimento, sul campo, venga solennemente trasportata a Roma e collocata al Pantheon, simbolo della grandezza di tutti i soldati d’Italia, segno della riconoscenza dell’Italia verso tutti i suoi figli, altare del sacro culto della Patria” (Proposta approvata il 17 luglio 1920 dalla “Società dei Reduci delle patrie battaglie” e dalla “UNUS” – Unione Nazionale Ufficiali e Soldati)
Solo un anno dopo, il 20 agosto 1921, veniva approvata la legge che prevedeva la sepoltura di un soldato sconosciuto all’Altare della Patria e l’istituzione della festività del 4 Novembre.
Una commissione fu incaricata di trovare, sui luoghi delle battaglie, le salme di undici soldati che non erano stati identificati e le bare furono traslate nella Basilica di Aquileia dove una tra le tante madri che non avevano visto i propri figli fare ritorno, la signora Maria Maddalena Blasizza di Gradisca d’Isonzo, scelse tra le bare identiche allineate davanti all’altare quella che sarebbe stata sepolta a Roma (le altre dieci restarono nel cimitero della Basilica).
La bara fu posta su un carro ferroviario con un affusto di cannone e il treno speciale partì il 29 ottobre e viaggiò verso la Capitale sostando cinque minuti in ogni stazione nel più rigoroso silenzio.
Oggi una copia di quel treno ha sostato a Milano in una tappa del lungo viaggio che lo porterà attraverso tutta la Nazione per giungere a Roma il 4 novembre.
Sui vagoni dell’epoca è allestito un piccolo museo con fotografie e filmati e tra di essi è presente una riproduzione fedele del carro che un secolo fa trasportò i resti di colui che, per tutti, è il Milite Ignoto.
Mi sono commossa di fronte a quel carro perché, anche se si tratta di una riproduzione, di una commemorazione, è un simbolo forte di quanti hanno perso la vita combattendo, di tanti uomini che non hanno fatto ritorno travolti dalla follia della guerra.