Peccato: mi piaceva tanto quella “sovranità” che “appartiene al popolo”, anche se, con l’attuale legge elettorale, le liste bloccate e via dicendo la sovranità è sempre più limitata, tanto limitata che tanto vale cancellarla dalla Carta Costituzionale, come ha proposto un esponente della maggioranza.
La sovranità quindi non apparterrebbe più al popolo, ma ai suoi rappresentanti che, guarda caso, il popolo non elegge (almeno non personalmente), ma accetta in blocco senza poter neppure eccepire sulla competenza, sulle capacità, sull’irreprensibilità.
L’unico aspetto positivo della vicenda è che le modifiche alla Costituzione richiedono una maggioranza mostruosa o il ricorso al referendum (referendum, si badi bene, senza vincolo del quorum, tanto che si potrebbe votare persino a ferragosto) e, di solito, in questo caso il popolo si ripiglia uno straccio di sovranità e torna finalmente a contare qualcosa.
Vorrei ricordare una frase che ho appena spiegato nella mia seconda:
per garantire questi diritti (libertà, uguaglianza e ricerca della felicità), vengono istituiti fra gli uomini dei governi che derivano dal consenso dei governati il loro giusto potere. Che ogni qualvolta una forma di governo diviene antagonistica al conseguimento di questi scopi, il popolo ha diritto di modificarla e abolirla…
Che in soldoni significa che i governi derivano il loro potere da chi li elegge al solo scopo di garantire i diritti dei cittadini e, qualora non ottemperino ai loro doveri, il popolo ha il diritto di cambiare governi e governanti.
“la sovranità appartiene al popolo” appunto!
(N.b.: logicamente la frase qui riportata non è farina del mio sacco, ma la parte iniziale della “Dichiarazione d’Indipendenza” degli Stati Uniti d’America.)