Qualche giorno fa ho portato l’olio usato e qualche rottame all’isola ecologica e ho consegnato degli audiolibri in biblioteca, invece ieri sono andata dal parrucchiere per un taglio della chioma “da viaggio” (capello corto, facile da gestire), poi ho fatto una visita al cimitero e ho portato dei fiori nuovi ai miei cari, ho portato un po’ di indumenti in tintoria, sono passata in banca per sistemare un problemino relativo al bancomat e ho ordinato alcuni prodotti in erboristeria e, alla fine della giornata, mi sono resa conto che tutte le mie commissioni erano dettate da un unico pensiero: “non si sa mai”.
Sì perché mi sono resa conto di aver dentro un vago senso di precarietà, di essere in attesa di un cambiamento della situazione che potrebbe avvenire in tempi molto brevi, mi sono resa conto che il “lockdown” (ma che brutta espressione) potrebbe essere imminente e non vorrei trovarmi impreparata come invece era successo a marzo quando mi sono ritrovata chiusa in casa con un sacco di cose da sistemare.
Inutile dire che questa incertezza mi mette a disagio soprattutto perché sono abituata a programmare le mie giornate con largo anticipo, e forse è proprio questo non avere certezze la sensazione che mi disturba di più.