Archivio mensile:Luglio 2007

Giro di boa.

La fine di luglio è il giro di boa, di solito è il momento nel quale mi rendo conto di avere rimosso la scuola, è il momento nel quale scopro con stupore che devo concentrarmi per richiamare alla mente i volti dei colleghi e dei ragazzi, ma è anche il momento in cui mi viene voglia di ricominciare, distrattamente mi ritrovo a sfogliare libri, a preparare schemi, di solito è a metà vacanza che comincio a elaborare le idee e i progetti per il nuovo anno.

Sono i giorni nei quali le conseguenze dell’overdose da burocrazia si attenuano e comincia a serpeggiare una sorta di nostalgia del mio lavoro, non è ancora desiderio di fare ritorno in classe, ma è qualcosa di più sottile, una inquietudine leggera.

Allora prendo il telefono e chiamo la segreteria, chiedo se ci sono novità, se ci sono arrivi e partenze e comincio a prepararmi psicologicamente al nuovo anno scolastico, anche se la voglia di vacanza c’è ancora tutta.

Se luglio serve a disintossicarmi dalla fatica dell’anno trascorso, agosto, così fatalmente veloce, mi proietta già verso il futuro e gli ultimi giorni del mese, quando solitamente il tempo muta e cominciano già le prime avvisaglie dell’autunno, rendono quasi desiderabili cattedra, registro, libri, quaderni, compiti da correggere e, logicamente, i ragazzi.

nubi

Fine luglio.

La settimana di passaggio fra luglio e agosto segna l’arrivo definitivo in valle dei villeggianti storici, quelli che hanno casa qui e tornano fatalmente ad ogni estate, magari, diversi anni fa le vacanze duravano due mesi, adesso i figli sono diventati adolescenti e hanno altri impegni che li portano altrove.

La bimba che fino a ieri era in passeggino ha passato tre settimane in Inghilterra per perfezionare la lingua, il ragazzino che fino a due anni fa era impegnato con i compiti delle vacanze si è trattenuto in città per l’esame della patente: gli arrivi di fine luglio hanno il potere di scandire il tempo che passa.

D’altra parte anche le giovani coppie, con le quali abbiamo fatto epiche escursioni fino a qualche anno fa, si aggirano orgogliose spingendo le carrozzine dei nipotini e passano lunghe ore al parco giochi nella zona altalene-scivoli.

Nella via principale del paese (che praticamente è quasi l’unica) è tutto un incontrarsi, salutarsi con affetto, chiedere notizie di figli e genitori, è un ritrovarsi dopo un anno di lavoro nella quiete rilassante della vacanza, c’è un’atmosfera festosa da rimpatriata: le terrazze dei bar si animano, arrivano vassoi stracarichi di bibite dai colori improbabili e gelati sovradimensionati, i discorsi ai tavoli sono leggeri, si parla del tempo, si organizzano escursioni per il giorno seguente, si fissano appuntamenti ad orari finalmente elastici.

Tutti hanno un aspetto rilassato e tranquillo perché finalmente si respira l’aria sottile della vacanza e non importa se il paesaggio è sempre quello, se le persone sono sempre le stesse, anzi, per chi sceglie di tornare qui ogni anno, il valore aggiunto è proprio questo.

Verso la vetta.

E’ bello partire la mattina presto, quando la valle è ancora immersa nell’ombra, l’aria è fresca e il sole sfiora quasi distratto le vette dei monti, le strade sono vuote, si animeranno solo più tardi e il caffè caldo bevuto prima di cominciare la salita ha un sapore particolare e sembra donare nuova energia.

Pian piano la strada sale, le case si diradano, l’asfalto sparisce, sul cammino affiorano le pietre sulle quali risuona il tonfo sordo degli scarponi, il passo è regolare mentre la strada diventa sentiero e si immerge nel bosco.

Quando la pendenza si fa più dura una breve sosta restituisce regolarità al respiro e gli occhi cercano scorci di panorama tra le foglie, giunti ad una radura gli occhi cercano il paese che diventa sempre più piccolo là sotto, sembra un luogo da fiaba con i tetti che si fanno più minuscoli ad ogni passo.

Ora il sole inonda il pendio, gli alberi diventano sempre più rari, l’erba brilla di rugiada accesa dal sole e i fiori si aprono come risvegliati dal tepore del mattino.

Comincia ad affiorare qualche roccia, le ombre si accorciano e lo sguardo ora si spinge verso l’alto, verso la meta che appare lassù, lontana e irraggiungibile, la salita si fa più dura, le gambe sembrano più lente e lo zaino più pesante, ma se il passo resta regolare le distanze, come per magia, si accorciano ed ecco all’improvviso, quasi inaspettata la vetta segnata, come spesso accade, da una croce.

Gli ultimi metri si superano di slancio e ti ritrovi lì, sul punto più alto, laggiù le valli escono dall’ombra e dal sonno, intorno le montagne si susseguono azzurre per la distanza, ora il respiro è tranquillo, gli occhi pieni di luce, la mente di serenità e la fatica un ricordo lontano.

Cima Sodadura

Giorno di mercato.

Ogni giorno, in Valsassina, è giorno di mercato, a rotazione, nei vari paesi dell’altopiano e dell’alta valle, i parcheggi sfrattano le automobili e si animano di bancarelle, voci e colori: i bus navetta gratuiti (predisposti dai comuni nella speranza di arginare la transumanza dei turisti motorizzati) scaricano orde di pensionati prelevati lungo tutto lo sviluppo della valle.

Al venerdì a Barzio (il comune più importante, popoloso e “turistico” dell’altopiano) si svolge un mercato che, per dimensioni e varietà delle merci, surclassa tutti gli altri e anch’io, che non sono molto incline allo shopping sfrenato, non me lo perdo anche se, in definitiva, raramente acquisto qualcosa.

Di solito mio marito ed io scendiamo a Barzio a piedi, attraverso i boschi, impieghiamo circa un’ora camminando di buon passo e godendoci l’aria frizzante della mattina e l’ombra degli alberi.

Poi ci immergiamo nel caos del mercato, destreggiandoci tra passeggini, che insidiano subdolamente le caviglie, gruppetti che bloccano i passaggi angusti per scambiare quattro chiacchiere, signore stracariche di borse che si arrestano improvvisamente attratte da qualche bancarella e rischiando pericolosi tamponamenti a catena.

Io di solito mi limito ad una bancarella di fiori dove acquisto sempre qualcosa, perché, quando sono in vacanza, il mio pollice si tinge improvvisamente di verde e il mio balcone si colora di tutte le sfumature della natura.

Gerani, surfinie, campanule finiscono nel mio zainetto e risalgono con me la via dei boschi, così il venerdì pomeriggio è dedicato al giardinaggio: trapianto, poto, concimo annaffio e poi me ne sto lì a riempirmi gli occhi di quel trionfo di colori.

Ieri la giornata si è conclusa con un giro nei boschi alla ricerca di terriccio e di muschio e poi, dopo cena, alle ultime luci del crepuscolo, mi sono seduta a sorseggiare un caffè al cospetto dei miei fiori e del bosco: credo che la beatitudine abbia questo profumo.

arancione

La cortesia non è un optional.

Per fortuna capita spesso, nei ristoranti, nei negozi e, da queste parti, nei rifugi di incontrare persone cordiali e cortesi, persone che ti fanno sentire a tuo agio e non solo perché “il cliente ha sempre ragione”, ma perché hanno il dono innato dell’accoglienza e sanno quanto vale un sorriso.

Purtroppo, però, non è sempre così: qualche volta capita di incontrare persone sgarbate, persone che inalberano un’espressione imbronciata, che ti guardano con aria infastidita, che sembrano sopportare a stento la tua presenza, siano esse commesse, cassiere o autisti dell’autobus.

Evidentemente per qualcuno la cortesia è un optional, non è compresa nel prezzo, non fa parte del bagaglio di esperienza, non è uno stile di vita e così, quando incontro persone simili, mi viene voglia di cambiare negozio, di alzarmi da tavola o scendere dall’autobus e andarmene a piedi.

Perché anche il ristorante più raffinato o il negozio più elegante senza un po’ di gentilezza, senza un sorriso perdono tutto il loro valore.

Un po’ di cortesia è l’ingrediente migliore e la merce più rara.

Al rifugio Riva.

Il rifugio Riva sta lì, posato su una balconata soleggiata sulle pendici della Grigna Settentrionale, al limitare del bosco, più su cominciano i picchi rocciosi, tutto intorno sono alberi e pascoli.

Di solito salgo al rifugio partendo da Baiedo, un piccolo abitato vicino a Pasturo (naturalmente in Valsassina), ma si può salire anche da Primaluna.

La strada è una mulattiera facile, anche se decisamente ripida, che sale con curve e cambi di pendenza fino ai pascoli di Nava, dove il paesaggio ripaga delle fatiche della salita, all’improvviso si sbuca dalla boscaglia e davanti agli occhi compare una valle aperta, verdissima e punteggiata di casolari ristrutturati con i balconi lussureggianti di cascate di gerani e surfinie variopinte.

Si prosegue per la strada che attraversa il pascolo e si rientra nel bosco fino a raggiungere il rifugio, qui finalmente ci si può sedere al cospetto delle Prealpi, sullo spiazzo antistante l’edificio, coccolati dalla simpatica e sorridente ospitalità dei gestori.

La cucina è genuina e di buona qualità, il paesaggio è mozzafiato, la camminata è un po’ dura, ma tutto sommato breve e dopo mangiato è piacevole starsene lì a prendere il sole e chiacchierare con i gestori o con gli altri escursionisti in un’atmosfera rilassata ed amichevole.

Francamente dopo un’escursione così appagante mi chiedo come sia possibile restarsene giù in valle a lamentarsi della noia delle giornate tutte uguali quando, in poco più di un’ora di cammino si può conquistare un angolo di paradiso.

rifugio riva

Fuoco.

Ogni estate, fatalmente, quando la temperatura sale e le piogge scarseggiano, in tutta Italia si ripete il terribile dramma degli incendi boschivi: scompaiono nel giro di poche ore ettari di foreste e di macchia mediterranea e a poco servono gli interventi dei vigili del fuoco e della protezione civile.

Anche se qualche volta le cause sono accidentali, spessissimo, purtroppo, si tratta di atti dolosi e io, ogni volta, mi chiedo cosa passi nella testa di chi appicca un incendio ben sapendo che, nella migliore delle ipotesi, provocherà un gravissimo danno ambientale se non, addirittura, la morte di chi nel rogo si trova coinvolto perché è intento a spegnerlo o, più semplicemente, perché si trova a passare da quelle parti.

Vivo a pochi metri da un bosco, quando mi siedo sul balcone lascio correre i miei pensieri fra i rami e mi perdo nell’incanto del verde, mi scopro ad ascoltarne i suoni, soprattutto di notte, quando le foglie e i rami si animano di infiniti fruscii, di canti degli uccelli notturni sui quali spicca il lamento monotono dell’allocco e, quando sento le notizie del telegiornale, mi scopro ad immaginare con orrore tanta superba bellezza devastata.

Chi appicca il fuoco agli alberi ha una mente criminale e un animo profondamente malvagio, e sicuramente non ha neppure la più vaga idea di che cosa sia il rispetto per la vita e la bellezza.

crepuscolo

La Grignetta.

La Valsassina è una lunga dolce incisione fra le Prealpi, circondata da monti imponenti, anche se non elevatissimi, e coperta di boschi e pascoli, ma la montagna più famosa fra tutte è la Grigna Meridionale che tutti chiamano confidenzialmente Grignetta.

Tuttavia non è una montagna che dà facilmente confidenza, anzi incute un vago timore con le sue guglie rocciose e severe, con i sentieri esposti, con i passaggi vertiginosi a picco sul lago, si eleva tra il Lario e la valle, quasi posata sui pascoli dei Piani dei Resinelli, da dove partono i sentieri più famosi che permettono di guadagnare la vetta.

Si può salire dalla facile ma ripidissima Cresta Cermenati o dal sentiero della Direttissima, ci si può avventurare per il Canalone Porta o il Canalone Caimi o raggiungere l’unico rifugio in quota, il panoramico rifugio Rosalba e da lì percorrere la Val Scarrettone lungo le vie attrezzate con catene, infine chi ha sufficienti attitudini per l’arrampicata può tentare la mitica Cresta Segantini.

Quando si giunge in vetta il panorama è superbo, lo sguardo va dal lago fino alle Alpi, si vede la pianura e, se la giornata è particolarmente ventosa e limpida, si può individuare Milano e scorgere, anche ad occhio nudo, qualche edificio di grandi dimensioni come la Stazione Centrale o il Grattacielo Pirelli.

In vetta c’è solo un bivacco metallico, di forma sferica, che ricorda vagamente un’astronave, quasi si fosse posata in quel punto dopo un lungo viaggio nello spazio.

Vicino al bivacco, come sempre sulle cime, c’è una croce e sotto di essa, inciso nel metallo, il lungo elenco delle vittime, di quanti hanno perso la vita su quegli stessi sentieri ed è forse per questo motivo che questa affascinante montagna incute tanto rispetto: tutti sanno che sulle sue pendici non si scherza, si sale e si scende con attenzione, badando bene a dove si mettono i piedi e le mani, tutti sanno che è una montagna che è pericoloso sottovalutare.

Questo la rende una montagna assolutamente unica fra quante la circondano.

grignetta

Un posto dove vivere.

Credo che, prima o poi, mi daranno la cittadinanza onoraria quassù, o forse mi deciderò io a trasferirmi qui: ogni tanto passo davanti alla scuola media del paese vicino e mi viene la tentazione di chiedere il trasferimento, in fondo quando ho acquistato la casa, magari inconsciamente, l’ho acquistata grande e comoda, forse perché non pensavo semplicemente ad un posto dove trascorrere le vacanze, ma ad un posto in cui vivere.

Qualcuno mi dice che non potrei abitare da queste parti nei mesi invernali, quando i residenti sono poche centinaia e il paese diventa vuoto e silenzioso, ma ho l’impressione che mi piacerebbe ugualmente anche perché odio il rumore e vivere a pochissima distanza da una trafficatissima autostrada, dove i motori urlano nella notte, e da una discarica non è il top dei miei sogni, anche se, almeno per il momento, la realtà quotidiana è questa.

Nelle rari momenti in cui ho avuto l’opportunità di vivere qui, al di fuori dai periodi canonici delle vacanze, l’impressione che ne ho riportato è stata decisamente positiva: ricordo una sera di febbraio sotto una fitta nevicata e i miei passi ovattati che risuonavano nel silenzio, camminavo per il paese a capo scoperto, assaporando il gusto dei fiocchi candidi e leggeri e avevo la sensazione tutta speciale di riuscire a sentire il suono dei miei pensieri.

Come ho già avuto modo di osservare non ho paura del silenzio, della solitudine e neppure della noia, forse perché la mia vita e il mio lavoro si svolgono in mezzo alle voci dei ragazzi e, ogni tanto, la quiete è musica per le orecchie e per la mente.

Forse non sono nata per vivere circondata da un orizzonte piatto, forse i miei occhi hanno bisogno dei profili delle montagne e delle infinite sfumature del cielo e delle nuvole che sembrano impigliarsi tra le cime e tra gli alberi.

Se non ho ancora deciso di trasferirmi definitivamente quassù è per il timore di rompere i legami di affetto che mi legano dove vivo, anche se so che qui ho altri legami altrettanto profondi, ma forse non ho ancora trovato il coraggio di chiudere definitivamente una porta per aprirne un’altra.

Quando troverò questo coraggio so che comincerà una nuova stagione della mia vita.

Week end.

I week end in montagna per me sono giornate di tutto riposo, me ne vado in giro poco perché c’è moltissima gente, vado a fare la spesa molto presto o molto tardi per evitare i negozi superaffollati, l’unico problema è rischiare di restare senza giornale.

Al sabato e alla domenica il paese si riempie di gente: si tratta di genitori che finalmente raggiungono i figli affidati ai nonni durante la settimana, gitanti domenicali che affollano la stazione della funivia o l’area attrezzata del torrente per sfuggire all’afa della pianura, amici e conoscenti che fanno visita ai fortunelli che trascorrono le vacanze sui monti.

Le strade si affollano, i parcheggi traboccano, dal panettiere si forma una coda infinita che si sparpaglia per la stradina: qualcuno legge il giornale gettando ogni tanto un’occhiata distratta al display luminoso che regola l’afflusso dei clienti, qualcuno scambia quattro chiacchiere con i conoscenti, c’è un’atmosfera rilassata.

Anche al pomeriggio esco poco, me ne sto sul balcone a leggere o a curare i miei fiori e mi avventuro fuori casa solo verso sera per un aperitivo, oppure sto ad aspettare qualche amico che, approfittando del giorno festivo, decide di fare un giro dalle mie parti.

Si tratta di giornate sonnolente, deliziosamente noiose, giornate dai ritmi lenti che sembrano non finire mai, ma sono giornate preziose perché c’è tanto tempo per pensare…

pendio verde