Quattro chiacchiere.

Una delle esperienze più rilassanti in questi giorni passati tra le mie montagne e fare quattro passi in paese, sedersi su una delle panchine davanti all’oratorio (panchine che al pomeriggio godono di un’ombra provvidenziale) e chiacchierare oziosamente con qualcuno (tanto da queste parti conosco quasi tutti e trovare qualcuno con cui chiacchierare non è un’impresa difficile).

Si parla di tutto e di nulla, ma si parla guardandosi negli occhi, senza farsi distrarre dallo schermo dello smartphone, senza condividere foto e filmati con la persona che ti sta di fianco, ma condividendo idee (più o meno profonde, non importa) con le parole, con il tono della voce, con la mimica facciale, con i gesti, con i sorrisi, con gli sguardi.

E’ una bella disintossicazione anche per chi, come me, non è un nativo digitale, ma comunque di solito comunica di più con una tastiera che con la voce.

E’ così rilassante parlare che, tante volte, il telefonino resta dimenticato a casa, perché qui non serve.

E poi è incredibile come sia più facile comunicare quando, per decodificare l’intenzione comunicativa del tuo interlocutore, ci si può servire delle orecchie, degli occhi, dei gesti, degli sguardi.

E’ tutta un’altra storia.

Moggio

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