Archivi categoria: i giorni della scuola

L’ora di educazione civica.

Temo di sollevare un vespaio, ma non sono d’accordo con la proposta di reintrodurre l’ora di Educazione Civica nelle scuole.

Mi spiego meglio: sono consapevole che sia necessario educare i bambini e i ragazzi al rispetto delle leggi ed offrire loro l’opportunità di interrogarsi sulle regole, sul loro significato e sul rispetto del bene comune e dell’altro, tuttavia penso che un’ora settimanale di lezione possa lasciare il tempo che trova.

Meglio sarebbe, sono convinta, avviare un progetto di Educazione alla Cittadinanza (come avviene in molti istituti) che non si limiti ad uno spazio orario, ma permei tutti gli insegnamenti, tutti i momenti della vita scolastica, anche perchè si può imparare ad essere buoni cittadini anche studiando scienze (rispetto dell’ambiente), o storia, o arte (rispetto del patrimonio artistico), in pratica, a mio parere, non esiste disciplina scolastica che non  possa offrire, nelle pieghe dei contenuti, spazi di riflessione sul rispetto dii sè, dell’altro e del mondo circostante.

Forse un tempo l’ora di Educazione Civica aveva un senso quando l’educazione al rispetto delle regole veniva impartita in famiglia dove si imparava come comportarsi, si imparava che si devono pagare le tasse o il biglietto del tram, si imparava che non si butta la carta per terra e che bisogna avere attenzione per gli altri, allora la scuola si limitava a formalizzare e a dare un senso e una storia alle regole.

Oggi l’ora di Educazione Civica rischierebbe di essere una materia come le altre, da studiare per prendere un bel voto e da dimenticare appena usciti dall’aula.

Roma - Il Quirinale

Il sottile brivido della paura.

Alla fine di ottobre, insieme alle piogge insistenti, tornano le letture serali dei racconti dell’orrore in biblioteca, un progetto pensato per i ragazzi di seconda media e realizzato grazie alla collaborazione tra l’istituto scolastico e la biblioteca comunale.

Come negli scorsi anni anche in queste sere i ragazzi si presentano in biblioteca, rigorosamente accompagnati dai genitori carichi di cibarie e bevande, un po’ titubanti, ma eccitati e subito vengono accompagnati lungo i corridoi bui, sfiorando gli scaffali dietro i quali si nascondono presenze inquietanti, per giungere, non senza grandi urli di puro terrore, alle varie postazioni dove i lettori presentano i racconti di Poe, di Buzzati, della Garlaschelli e di altri autori altrettanto inquietanti.

Per quasi due ore la biblioteca, che per i ragazzi è abitualmente un luogo rassicurante di studio, si trasforma in una sorta di casa degli orrori, dove la paura serpeggia come un lungo brivido, una paura fatta solo di parole, di lampi di luce nel buio, di figure che si muovono con passi felpati, una paura fatta di niente come spesso è fatta di niente la paura.

Poi alla fine del percorso si spalanca la sala illuminata con i tavoli carichi di dolci e tutte le paure diventano qualcosa di cui si può sorridere sollevati.

Anche se ormai sono in pensione questa è un’esperienza che non voglio perdermi e allora mi diverto a leggere e ad aggirarmi un po’ inquietante, tra i libri e le ragnatele finte che, grazie alla magia del buio,  sembrano vere.

U come uva.

Quando ero bambina l scuola cominciava il primo ottobre e, dopo un periodo di varia lunghezza passato a compilare pagine e pagine di aste, puntini e cerchietti, si passava ad imparare a scrivere le vocali.

Ricordo che la maestra scriveva, con la sua grafia tonda, ogni vocale in cima alla pagina e poi noi dovevamo fare un disegno che rappresentasse una parola che iniziava con quella lettera.

Non ricordo cosa avessi disegnato per illustrare tutte le vocali, ma ricordo distintamente “I come imbuto” e “U come uva”.

L’imbuto aveva una forma vagamente geometrica ed era facile disegnarlo sui fogli a quadretti, l’uva invece richiedeva una maggiore abilità, ma nonostante la difficoltà di rappresentare in modo credibile il grappolo che pendeva da un tralcio ricco di pampini e viticci, mi piaceva disegnarla e colorarla di un viola acceso perchè è un frutto così autunnale.

Anche oggi mi piace ritrovare l’uva sul banco del fruttivendolo perchè, come l’autunno, ha un profumo intenso, ha una morbidezza che sa di dolcezza, di mosto appiccicoso, ma allo stesso tempo porta in sè un presagio di freddo, di nebbia, di inverno e mi dà il senso dello scorrere dei giorni e delle stagioni che arrivano portando i loro doni preziosi.

Milano - Expo 2015

In attesa dell’autunno.

L’autunno astronomico è già iniziato, ma là fuori è ancora estate, fa ancora caldo (a sentire le previsioni ancora per pochi giorni) e c’è ancora un’atmosfera da vacanza.

Il clima non mi aiuta ad entrare nella mia nuova vita perché, generalmente, l’inizio dell’anno scolastico coincide con un abbassamento della temperatura e con l’intensificarsi delle piogge e non riesco ancora pienamente a rendermi conto che la scuola è iniziata e io, per la prima volta dopo secoli, non sono seduta in cattedra.

So benissimo come è difficile stare in classe quando fuori c’è il sole e fa caldo e i ragazzi hanno in mente solo di correre dietro ad un pallone e guardano il giardino ancora verde come se fosse un paradiso perduto dal quale sono stati esclusi a causa di un destino cinico e baro.

Per fortuna non sono lì a tentare di catturare la loro attenzione distratta dal cielo azzurro e dal clima estivo.

Cavenago autunno

Il piacere di ritrovarsi.

Sembra che il tempo non passi mai ( e qualche volta che passi troppo in fretta), che si allunghi e si accorci come un elastico, che si arrotoli su se stesso catturandoci in una spirale costellata di attimi irripetibili, ma, ogni tanto, anche il tempo è clemente e ci regala una piega che sembra riportarci indietro nella dimensione del ricordo, dove tutto ciò che era negativo sparisce e restano solo immagini gradevoli e dolcissime.

Succede a volte e a me è successo ieri sera quando ho ritrovato molti dei ragazzi che avevo lasciato diciassette anni fa sui banchi di scuola e che hanno voluto farmi l’impagabile dono di qualche ora di festa per condividere insieme la gioia della mia nuova vita e la struggente tenerezza del ricordo.

Li ho ritrovati adulti, già ben ancorati ad un mondo di responsabilità, alcuni con i bimbi tra le braccia, altri con il piglio deciso di chi si è costruito una vita di lavoro, una professione, ho sentito il loro affetto e ho ritrovato (se mai l’avevo perso) il mio grandissimo affetto per loro, ho rivisto visi di uomini e donne dove è ancora facile leggere le espressioni dei ragazzini che erano, ma anche nuove consapevolezze, una diversa sicurezza.

Mi ha stupito soprattutto scoprire quanto il legame creatosi sui banchi di scuola fra loro e con me fosse profondo e, via via che i ricordi riaffioravano prepotenti, ho provato la gioia immensa di comprendere quanto la nostra relazione ci abbia reciprocamente arricchito.

Grazie ragazzi per aver voluto condividere questa gioia con me.

Cavenago di Brianza - registro

Cavenago di Brianza

E’ tempo di volare.

In questi giorni i miei ragazzi di terza ( della terza dello scorso anno logicamente) stanno iniziando l’avventura della scuola superiore.

Li immagino emozionati, ma spavaldi nel vano tentativo di nascondere l’emozione, li immagino preoccupati di perdere l’autobus, o di sbagliare la fermata, li immagino un po’ tesi all’idea di doversi inserire tra i nuovi compagni, di doversi abituare ai nuovi insegnanti e ad una scuola nuova così grande da rischiare di perdersi.

Come uccellini appena un po’ cresciuto stanno per lasciare il nido sicuro e spiccare il volo.

Ma io so che le loro ali sono forti e il loro entusiasmo li sosterrà anche nelle tempeste che, inevitabilmente, incontreranno.

E’ tempo di volare…

Polonia - Sopot

Espulsioni.

Ottant’anni fa il Consiglio dei Ministri decretava l’espulsione dalla scuola pubblica dei bambini nati da genitori “di razza ebraica” così come escludeva i docenti di religione ebraica dall’insegnamento.

Ho letto spesso racconti che descrivono quel momento storico e la difficoltà di comprendere, la costernazione, il dolore dei bambini e dei ragazzi allontanati dalla loro quotidianità, dagli amici, dagli insegnanti, da un ambiente che dovrebbe essere inclusivo, ma che di colpo ( e agli occhi dei ragazzi incomprensibilmente) era diventato ostile.

Oggi, a pochi giorni dall’apertura delle scuole che garantistico l’istruzione per tutti, è giusto ricordare un momento così oscuro della nostra storia recente per impedire che si ripeta.

Milano

Cassetto svuotato.

Oggi ho svuotato il “mio” cassetto (in realtà “i miei cassetti”) in aula professori, visto che, sono ufficialmente in servizio solo fino a domani e da sabato prossimo comincerà la mia nuova vita.

E’ stato come partecipare ad uno scavo archeologico, addentrandomi nelle stratificazioni prodotte da anni e anni di lavoro.

Oltre ai libri, recenti o meno, sono affiorati documenti ventennali, “brutte copie” di temi scritte dalla grafia incerta di adolescenti che, oggi, sono padri di famiglia), oggetti contundenti o taglienti sequestrati nel corso degli anni (… e mai richiesti dai genitori forse inconsapevoli delle armi improprie presenti negli zainetti dei pargoli), bigliettini affettuosi, fotografie, floppy disk (decisamente vintage) e altre amenità che avevo dimenticato.

Svuotare il mio cassetto è stato come ripercorrere gli ultimi decenni e mi è servito per chiudere definitivamente una porta…

… per aprirne un’altra.

Compiti delle vacanze.

Mentre mi godo gli ultimi raggi di sole che filtrano tra gli alberi dal balcone vicino al mio arrivano le voci di due bimbe e di un nonno impegnati nel rito estivo dei compiti delle vacanze.

“In un cortile ci sono sette galline ed ognuna becca dodici chicchi di mais, quanti chicchi di mais beccheranno in tutto?” legge con impegno la più piccola delle due e, dalla sua vocina piena di punti interrogativi, mi chiedo quante galline abbia visto in vita sua e quanti chicchi di mais allo stato brado (e non rigorosamente inscatolati).

Con qualche difficoltà si arriva al risultato e intanto mi chiedo che senso abbiano questi problemi così avulsi dalla realtà quotidiana di due bimbe di questo secolo (probabilmente cittadine).

Ho sempre assegnato pochi compiti per le vacanze, anche perchè memore della tortura a cui siamo stati sottoposti per anni mio figlio, mio marito ed io, ho sempre preferito consigliare qualche lettura o invitare i ragazzi ad osservare attentamente i luoghi delle vacanze per poterne poi parlare una volta tornati in classe (esercizi di osservazione, descrizione, approfondimento lessicale e chi più ne ha più ne metta).

In fondo è inevitabile che i ragazzi dimentichino durante l’estate, ma se hanno lavorato bene durante l’anno, dopo pochi giorni i ricordi riaffiorano e si può ricominciare ad imparare.

Cavenago di Brianza - Festa di Saracch

Ritrovarsi.

Mi capita abbastanza spesso di ritrovarmi a cena, davanti ad una pizza e ad una birra, con qualche vecchio amico: si tratta di rimpatriate tra “vecchi” ragazzi, cresciuti insieme, o tra persone con cui ci si è persi di vista per un po’, ma che hanno condiviso con noi un percorso lungo o breve, sono occasioni per ricordare, per rivivere il passato, per ritrovarsi e fare il punto della situazione con quelli che erano e sono i nostri coetanei ed è anche piacevole il gioco del “ti ricordi?” vissuto con una sdrucciolevole sensazione di nostalgia.

Non mi era mai capitato, invece, di cenare con degli ex allievi che avevo lasciato poco dopo gli esami di terza media e che ritrovo all’indomani della maturità.

Ieri sera è successo ed è stato bellissimo trovare giovani donne e giovani uomini proiettati verso il futuro, consapevoli delle loro speranze e delle aspettative, che non vivono la malinconia del ricordo, ma che non rinnegano i ricordi.

E’ stato bellissimo rivedere i loro occhi attenti, come tanto tempo fa, ma allora era un gravoso dovere, oggi è affetto e simpatia e voglia di condividere e non c’è più il distacco naturale tra scolari e insegnanti, ma c’è una nuova rispettosa confidenza.

Grazie ragazzi per come siete, per quello che siete diventati, per le piccole tracce di me che ritrovo in voi.