Archivi categoria: parliamo di donne

Il pettine.

Mi piace, quando visito i musei archeologici, soffermarmi non tanto sulle lapidi o sui reperti preziosi, ma soprattutto sugli oggetti di uso quotidiano che mi sembra rivelino una disarmante verità.

In una vetrina dell’Antiquarium “Alda Levi” di Milano è conservato un pettine in osso che risale al IV – V secolo estremamente grazioso ed elegante.

Mi piace quell’oggetto, mi piace osservarlo e cercare di immaginare la donna che se ne serviva quotidianamente per acconciare i capelli, mi piace pensare che quel pettine è stato tra le sue mani tanto a lungo che, al momento della sepoltura, chi la amava ha pensato di posarlo accanto a lei perchè la accompagnasse per l’eternità.

C’è tanta vita in un oggetto così semplice proprio perchè è un pezzetto umile, ma indispensabile, della quotidianità e può contribuire a raccontarla.

Milano romana

Mi avevano regalato il meccano.

Solo dopo molto tempo ho compreso quanto fossero “avanti” i miei genitori che, oltre alle bambole vezzose che hanno invaso la mia infanzia, mi avevano regalato il “Meccano” e il “Piccolo chimico”.

Ricordo che ho passato ore a costruire improbabili strutture metalliche, applicandomi con zelante impegno a stringere viti e bulloni, così come ho trascorso molto tempo a tentare di far esplodere la casa mischiando le varie sostanze (con l’aiuto di un complesso manuale di istruzioni).

Forse i miei genitori avevano pensato che fosse giusto offrirmi diverse possibilità e che nessun gioco dovesse essere escluso a priori perché ero una bambina.

Avevo un’indole curiosa e mi annoiavo in fretta a cucinare “per finta” e a imbandire merende eleganti per le mie bambole, preferivo di gran lunga leggere un libro o sedermi di fianco a mio padre e osservarlo mentre riparava qualche apparecchio elettrico difettoso, facendo infinite domande sui fili di diversi colori, sui collegamenti, sugli interruttori.

E mio padre rispondeva sempre, con la sua infinita pazienza, probabilmente intuendo che non ci fosse nulla che la sua bimba non potesse e dovesse conoscere.

Solo più tardi ho imparato, sedendo vicino alla nonna o ad una vicina di casa paziente, a ricamare, a lavorare a maglia e all’uncinetto, ad attaccare un bottone (per gli orli mi sto ancora attrezzando) e ho persino trovato gusto nell’applicarmi a delle attività più tipicamente “femminili”.

insalatiera

Le donne.

La mia bisnonna si chiamava Saffo (si sa che dalle parti di Parma c’era una discreta creatività in fatto di nomi, d’altra parte mia madre, sua nipote, si chiama Cabiria) e mi adorava visto che per i primi sei anni sono stata la sua unica pronipote (e comunque l’unica femmina tra i suoi pronipoti).

Quando ero piccola passava il suo tempo a leggermi i fumetti inventando suoni assurdi sulle onomatopee, poi quando sono cresciuta e ho imparato a leggere andavo a casa sua al sabato pomeriggio, dopo aver attraversato la città in tram, ed ero io a leggerle il giornale dal momento che la vista la stava abbandonando.

Allora mi sembrava vecchissima e bellissima, forte e serena, sempre pronta a sorridere, sempre pronta a comprendere, provata da tanti dolori, la morte del marito e poi quella del figlio amatissimo, ma mai rassegnata.

Mia madre, ora che ha la sua età di allora, le assomiglia molto, nel fisico e nello spirito e quando sto con lei ritrovo la stessa forza serena che mi stupiva allora come ora.

E quando mi dicono che assomiglio a mia madre sorrido perchè so (o mi illudo di sapere) che la forza di quelle due donne così speciali in qualche modo mi è stata tramandata.

Domani è la festa della donna ed è una gioia passarla con mia madre e, magari ricordare insieme la mia amatissima bisnonna.

Cavenago di Brianza

Storie di una levatrice.

Mi sono appassionata ud una serie televisiva, prodotta dalla BBC a partire dal 2012, intitolata “Call the midwife” che racconta le vicende di un gruppo di levatrici, religiose e laiche. che operavano nel popolare quartiere dell’East End di Londra negli anni cinquanta e sessanta.

I telefilm sono veramente piacevoli per i personaggi, le ambientazioni, i costumi, le musiche e l’atmosfera di povertà dignitosa della zona dei Docks, tra Poplar e l’Isola dei Cani, in una città che lentamente rinasce dopo le devastazioni della seconda guerra mondiale che hanno lasciato il segno negli edifici, ma più ancora, nei cuori delle persone.

Le storie si ispirano alle memorie di Jennifer Worth che lavorò come levatrice in quel contesto sociale e sono così avvincenti e ricche di umanità da avermi spinto a leggere i libri che ho trovato altrettanto avvincenti.

Nei romanzi ho ritrovato i personaggi, come la sorprendente suor Monica Joan o la scorbutica suor Evangelina, ho ritrovato gli ambienti, ho ritrovato le storie di dolore e amore e l’incredibile mistero che accompagna ogni vita fin dal suo inizio.

Londra - Hammersmith

Storie dimenticate.

Tutti ricordiamo i passi incerti di Armstrong sul suolo lunare, tutti ricordiamo quei “piccoli passi” diventati nell’immaginario collettivo un “balzo da gigante per l’umanità”; molti di noi, soprattutto quelli della mia generazione, ricordano il volto sorridente di John Glenn al rientro dopo il primo volo orbitale intorno al pianeta.

La storia di questi uomini, e degli astronauti statunitensi e sovietici della grande stagione della corsa spaziale, è stata celebrata in decine di film, libri, documentari che ce li hanno resi familiari.

Nessuno ci ha mai raccontato la storia di Katherine Johnson, bambina prodigio, laureata in matematica a soli diciotto anni, la donna afroamericana che con i suoi calcoli di traiettorie e finestre di lancio ha permesso, tra l’altro, che il volo di Glenn e l’allunaggio di Armstrong avessero successo.

Il bellissimo e, a tratti, commovente film “Il diritto di contare” colma questa lacuna, il film racconta il coraggio, la determinazione che supera i pregiudizi, la forza della ragione.

Cavenago - Luna calante

Kiva dalla parte delle donne.

Da molti anni ho aderito a Kiva, il sito internet no profit che realizza un piccolo grande miracolo, quello di aiutare tante persone a creare imprese che permettano loro di vivere in modo dignitoso con le loro famiglie e nelle loro comunità.

Basta una piccola somma di denaro (25 dollari per l’esattezza) per creare un fondo che viene usato per realizzare un prestito d’onore.

Le persone che ricevono il prestito lo utilizzano per creare una piccola impresa, per aprire un negozio, per avviare una fattoria e si impegnano a restituire il denaro in piccole rate, poi, quando tutta la somma è stata restituita può essere utilizzata per un nuovo prestito.

Così facendo, con una piccola somma di denaro, è possibile aiutare tante persone a realizzare i loro progetti, a concretizzare i loro sogni, a costruirsi un futuro.

In vista del prossimo 8 Marzo Kiva ha deciso di lanciare una grossa raccolta fondi per finanziare  progetti creati e gestiti da donne in tutti i continenti.

Questo può essere un buon modo per celebrare in modo degno la festa della donna.

(per dare un’occhiata a Kiva basta cliccare qui)

Marocco - Marrakech

A tutte le Giuliette

Ho conosciuto tante Giuliette nella mia carriera: tante ragazzine innamorate probabilmente dell’amore, abbagliate da uno sguardo, incuranti del tragico destino della Giulietta che è diventata l’icona dell’amore stesso ( a loro certamente non accadrà nulla di simile, il loro amore sarà eterno, la loro vita felice, i sogni realtà).

Per le mille Giuliette che ho incontrato ogni giorno è San Valentino, perchè ogni giorno è buono per celebrare la bellezza dell’amore.

Vi auguro che, se questo sogno ingenuo dovesse spezzarvi, non vi spezzi il cuore, vi auguro di crescere e di incontrare l’amore che meriti davvero il nome di “amore” vi auguro di ritrovarvi in quella dimensione dello spirito che così bene ha raccontato Prèvert:

I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno
Essi sono altrove molto più lontano della notte
Molto più in alto del giorno
Nell’abbagliante splendore del loro primo amore…

Buon San Valentino alle mie ragazze e, perchè no, anche ai ragazzi.

Verona

Una lunga vita.

Domani mia madre compirà novant’anni, novant’anni pieni, intensi, novant’anni nei quali ha vissuto grandi gioie e grandi dolori, un po’ come succede a tutti noi, e i ricordi adesso si sfumano come in un grande affresco un po’ sbiadito.

Ieri l’abbiamo portata al ristorante e lei, che è sempre una buona forchetta, era tutta contenta dei cibi curati, del vino buono e della vicinanza dei figli, del nipote amatissimo e delle persone più care.

In fondo la sua vita è sempre stata tutta incentrata intorno agli affetti familiari, che ha difeso, che ha tenuto stretti nelle sue mani, oggi così fragili, ma sempre piene di energia e tutto l’amore che ha donato torna ogni giorno nei nostri piccoli gesti d’affetto, così inadeguati, così poveri in confronto allo spessore dei suoi sentimenti.

Ma siamo lì, cerchiamo di essere lì, con lei, accanto a lei nei momenti liberi dal lavoro e dagli impegni quotidiani.

Grazie mamma.

MAMMA

Il cuore di una donna.

Adesso conosco davvero i bisogni del cuore di una donna,
quel cuore palpitante che è come un uccello
che vola nel vasto cielo dell’amore.
E’ come un vaso ricolmo del vino dei secoli,
fatto per essere sorseggiato dalle anime.
E’ come un libro sulle cui pagine si leggono
i capitoli della felicità e dell’infelicità,
della gioia e del dolore, del riso e del pianto.
Nessuno può leggere questo libro
se non il vero compagno,
l’altra metà della donna,
creato per lei dagli albori del mondo.

Gibran

Il vero compagno ascolta, rispetta, ama.
Il cuore di una donna lo sa.

cinque terre