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Un giorno di ricordi.

Mio marito amava la montagna e amava la neve e così, quando iniziava a nevicare, si metteva alla finestra con una specie di gioia che riusciva a stento a mascherare e guardava i fiocchi scendere lentamente pregustando le passeggiate che avremmo fatto tra le nostre montagne o le fredde giornate sugli sci.

Oggi nevica e, a sei anni dal giorno della sua scomparsa, questa neve mi sembra quasi un “segno”, mi fa sentire la sua mancanza un po’ meno cruda, sono triste, ma mi sembra di vederlo lì alla finestra con l’allegria di un bambino accuratamente dissimulata, perché mio marito aveva un incredibile pudore dei sentimenti e riusciva a nasconderli a tutti, tranne a coloro che lo conoscevano bene e lo amavano e lo amano ancora.

Oggi la neve risveglia i tanti ricordi di una vita insieme e mi riporta alla mente i viaggi, le giornate passate vicino al camino, le passeggiate nel bosco, le dure scarpinate in montagna, la quieta gioia di una vita insieme tanto ricca e tanto piena da sembrare infinita.

Non è indispensabile sciare.

Si può vivere senza trascorrere una giornata sulla neve, si può anche fare a meno dello sci (io ormai lo faccio da tanti anni per il timore di cadere e di frantumarmi qualche osso principale o secondario), si può, o almeno, noi che viviamo in pianura possiamo anche rinunciare.

Purtroppo la stessa cosa non si può dire dei rifugisti, dei maestri di sci, degli addetti agli impianti di risalita e di tutte quelle persone che degli sport della neve hanno fatto la loro vita e che aspettano il periodo delle feste di fine anno per decidere se la stagione è andata bene o no.

Sono tantissime le persone che svolgono professioni legate al tempo libero (libero per noi, s’intende) e che in questo periodo soffrono particolarmente perché le loro attività, in un periodo di crisi sanitaria ed economica, sembrano passare in second’ordine, sembrano in qualche modo “sacrificabili”.

Si tratta dei lavoratori dello spettacolo in senso lato, delle guide turistiche, degli addetti di musei, cinema, teatri, impianti di risalita, agenzie di viaggi, degli autisti di bus turistici, degli albergatori, dei ristoratori, dei baristi e di tante altre categorie di lavoratori che non solo soffrono per il blocco delle attività, ma temono anche che, quando e se si tornerà alla “normalità”, le condizioni economiche saranno così precarie da imporre dei tagli al bilancio familiare.

Cosa possiamo fare?

In attesa di tornare a viaggiare, a sciare, a visitare un museo, a goderci uno spettacolo teatrale o cinematografico possiamo solo cercare di rispettare rigorosamente le regole e cercare, ciascuno nel proprio piccolo, di riportare la situazione sanitaria a livelli vivibili.

Se non lo facciamo per noi stessi, facciamolo almeno per tutte quelle persone che chiedono solo di tornare a lavorare.

Piani di Artavaggio tra San Silvestro e Capodanno

La sera prima di partire

L’ultimo giorno di vacanza in montagna è generalmente dedicato alle grandi pulizie e alla preparazione dei bagagli (quest’anno favoriti dal monsone estivo che si è scatenato tra i monti e mi ha tolto ogni pur remoto desiderio di mettere il naso fuori di casa).

Alla fine della giornata, con la casa tirata a lucido e il frigo vuoto non si può fare altro che mangiare un pasto frugale (si fa per dire) al ristorante (sì lo so: è una scusa pietosa).

Approfittando di una breve tregua del fortunale scendiamo, bardati di tutto punto e muniti di ombrelli, al paese sotto per una cena al “San Martino” che, di solito, al sabato sera, propone menù decisamente interessanti.

Veniamo accolti come sempre con gentilezza e con “l’omaggio dello chef” che consiste in un poco di polenta con una fetta di cotechino e spinaci saltati.

Ma il piatto forte è un risotto alla milanese con ossobuco che mi rincuora dopo le fatiche e il maltempo della giornata.

Il vino (sempre buono) scorre, i piatti si svuotano anche troppo rapidamente e non resta che concludere la cena con una fetta dell’insuperabile strudel della casa accompagnato dal gelato.

Mentre sorseggiamo il caffè e ci prepariamo a risalire verso casa, un po’ appesantiti, ma contenti, la mente corre già all’indomani, alla partenza, al ritorno a casa.

E per fortuna che il tempo è davvero brutto e fa freddo, altrimenti la nostalgia la farebbe da padrona.

Cassina Valsassina

Vacanza quasi finita.

E’ stata un’estate strana, diversa dalle estati degli ultimi anni, più simile ad estati lontane, un’estate senza viaggi all’estero, senza il caldo insopportabile della pianura (non potendo andare tutti i giorni a trovare mia madre non c’era motivo di restare alle quote basse), un’estate quieta, riservata, tra passeggiate, boschi e caffè seduta al tavolino di un bar e pane e salame in un rifugio, un’estate anche di amicizie ritrovate, di rapporti ritrovati.

Ora che sta per iniziare l’ultima settimana di agosto la mente è già orientata verso il ritorno a casa, anche se, in realtà, potrei restarmene ancora qui soprattutto se il mese di settembre dovesse rivelarsi afoso.

Non devo tornare a scuola il primo settembre, non ho scadenze o impegni che non possa risolvere anche da qui, ma è come se, con la fine di agosto, mi suonasse dentro una campanella immaginaria che mi risveglia dal tempo sospeso della vacanza.

So già che, nella prossima settimana, camminerò per il paese con occhi più attenti a cogliere tutte le sfumature dei boschi e dei monti, quasi volessi imprimerli nella mente in modo indelebile per portarmi nella vita di tutti i giorni il gusto di questi luoghi che, almeno per me, sono magici.

Passegiata allo Zucco della Croce (Valsassina)

Tante estati fa.

Ho trascorso periodi più o meno lunghi di vacanze in Valsassina fin dal 1953 (praticamente due settimane dopo essere nata) e questa valle e le sue montagne fanno parte della mia vita in un modo che è difficile spiegare.

Tanti anni fa le vacanze erano più “spartane”, le abitazioni erano meno confortevoli e per salire ai Piani di Bobbio c’era solo la seggiovia (ai Piani di Artavaggio si saliva inesorabilmente a piedi), anche i rifugi in quota non assomigliavano ad alberghi, ma erano comunque accoglienti e passare la notte nelle camerate con i letti a castello dopo essersi lavati con l’acqua gelida era sempre un’avventura.

Stavo all’aperto tutto il giorno e giocavamo in gruppo nella piazzetta che oggi è occupata da un parcheggio e bevevo l’acqua delle fontane e anche dei torrenti.

Al venerdì sera, quando mio padre arrivava dopo una settimana di lavoro nel caldo della pianura, trascinavo mio fratello lungo la strada e lo aspettavamo in cima alla salita, seduti su un vecchio tronco d’albero, e scrutavamo tutte le 600 grige fino a quando, finalmente, individuavamo la nostra, mio padre ci faceva salire in auto, era sempre sorridente, in maniche di camicia e con la cravatta leggermente allentata, era ancora in tenuta da lavoro, ma già proiettato verso i due giorni di vacanza.

Il giorno seguente, se il tempo era buono, andavamo a camminare in montagna e raggiungevamo qualche rifugio, camminavamo sui nevai (allora ce n’erano tanti) e stavamo insieme ed eravamo felici.

Ora sono ancora qui e la mia mente è tutta intenta a far riaffiorare i ricordi e mi intenerisco se ripenso a quelle gioie semplici che i miei genitori mi hanno regalato e li rivedo giovani e bellissimi, abbronzati e allegri, innamorati dei loro bambini.

Forse la Valsassina mi piace tanto perché qui, in vacanza, in tutte le età della mia vita, mi sono sentita veramente a casa, mi sono sentita veramente parte di una famiglia, la mia famiglia d’origine prima e poi quella che ho creato con mio marito e mio figlio.

Piani di Artavaggio (Luglio 2016)

Ripartire.

Dopo la forzata inattività dei mesi primaverili far ripartire le gambe non è semplice, ma la vacanza in montagna aiuta perché, se quando sono a casa cammino quasi unicamente per andare in qualche posto e per fare qualche commissione, qui, tra le mie montagne, cammino per il gusto di camminare.

Ogni giorno il mio contapassi segna qualche passo in più, ogni giorno faccio meno fatica e la mascherina mi dà un po’ meno fastidio, ogni giorno azzardo una salita un po’ più lunga e, ogni giorno, le gambe sembrano muoversi da sole, senza sforzo e il passo si fa più veloce e sicuro.

Sicuramente il panorama aiuta e aiuta tutto questo verde e aiuta l’aria fresca del mattino che fa sentire meno la fatica.

Ogni tanto mi siedo su di una panchina al sole, riposo un po’ e mi riempio gli occhi di cielo e di boschi, ma il riposo dura poco perché ho subito voglia di ripartire, come se volessi cancellare quei mesi di reclusione, quei giorni di panorami sempre uguali, quei passi limitati al tragitto tra la cucina e il bagno, con una veloce puntata in camera da letto, quei giorni monotoni in cui scendere in giardino per buttare l’immondizia diventava un inaspettato diversivo.

Ho sopportato abbastanza bene il “lockdown”, ma non credo di aver voglia di ripetere l’esperienza.

Piani di Artavaggio

La normalità della bellezza.

Ho passato tanti anni della mia vita tra queste montagne che spesso non mi rendo neppure conto di quanta bellezza possa regalare questa vallata.

Ogni mattina, quando esco di casa, si spalanca lo spettacolo delle Grigne con i pendii verdi punteggiati di pascoli e le case minuscole allineate lungo i sentieri, dall’altra parte, contro sole, tra i Piani di Bobbio e i Piani di Artavaggio, s’innalza la mole rocciosa dello Zuccone Campelli che ha un aspetto quasi dolomitico.

E tutto intorno sono boschi e pascoli di un verde brillante e alberi anti

chi e fiori e torrenti impetuosi e case dai balconi lussureggianti di gerani.

C’è tanta bellezza qui, una bellezza quieta e rilassante, una bellezza che riempie gli occhi e il cuore, ma è una bellezza che mi appartiene, che fa parte della mia vita, che mi rallegra e mi rasserena sempre, che, anche se non la vedo, è sempre lì, quasi fosse un tesoro nascosto, una riserva di gioia a cui posso attingere quando ne ho bisogno.

valsassina

La montagna al tempo del covid.

Quando non si riusciva a capire se le vacanze dei lombardi sarebbero state limitate al territorio regionale, senza la possibilità di muoversi liberamente nel resto dell’Italia, molti devono aver pensato che le Prealpi Orobiche sarebbero state un’ottima alternativa alle vacanze in città .

Non ho mai visto, negli anni recenti, tanta gente fra le mie montagne fin dall’inizio di luglio, soprattutto nel week end, non ho mai visto tante persiane aperte, con le finestre spalancate come occhi sulle montagne.

C’è gente per le stradine del paese, molti con la mascherina, per la verità indossata in modo spesso creativo ( solo sulla bocca, sul mento, in fronte, al polso), si cerca di mantenere le dovute distanze e di non creare assembramenti, ma non sempre è semplice, davanti ai negozi si formano code abbastanza disciplinate, la chiesa ha spostato molte sedie all’esterno e si può seguire la messa all’aperto grazie agli altoparlanti: insomma il paese si è organizzato per permettere di vivere la vacanza in modo tranquillo.

Io preferisco uscire di casa in orari da riposino pomeridiano, cammino un po’ fuori dal paese, mi avventuro nei boschi, cerco di fare un po’ di movimento e di godermi il sole e il fresco dei monti.

Poi torno a casa, mi sistemo sul balcone con un libro, un caffè e tanti alberi intorno e mi rilasso nel silenzio e nel verde.

Piani di Artavaggio

Luglio.

Luglio, questa mattina, si è presentato con una specie di monsone che ha attenuato per poco il caldo ormai decisamente estivo.

Siamo ormai in piena estate, il periodo dell’anno in cui di solito si comincia a pensare alle vacanze, ma quest’anno i dubbi, i punti interrogativi non sono pochi.

La pandemia, apparentemente attenuata, forse attenuata, ha reso molti di noi timorosi e comunque l’attenzione al distanziamento sociale renderà le vacanze sicuramente anomale: non sappiamo bene come sarà salire su un aereo o stare in spiaggia o prendere una funivia o pernottare in un rifugio dove è normale condividere anche con coloro che non sono congiunti o affetti stabili le tavole e le camerate.

E poi è inutile nascondersi che molti dovranno fare bene i conti prima di concedersi una vacanza e che le nostre città d’arte, le nostre coste, i nostri laghi risentiranno sicuramente del rallentamento degli arrivi di turisti stranieri.

E’ difficile in questo momento immaginare lo scenario che vivremo nei prossimi due mesi, è difficile essere ottimisti.

Lo scorso anno, in luglio, ho passato alcuni giorni splendidi a Berlino, mentre in agosto ho fatto un breve viaggio negli stati Baltici, invece quest’anno se lascerò la mia abitazione sarà solo per andare nella mia casa di vacanze in Valsassina e quindi trascorrerò l’estate tra una casa e l’altra, tra un luogo “sicuro” e un altro e continuerò ad indossare la mascherina e a lavarmi le mani e a tenere gli altri, anche gli amici più cari, a distanza.

Vorrei svegliarmi da questo brutto sogno.

Berlino - Porta di Brandeburgo

Estate 2020

E’ cominciata ufficialmente l’estate anche se, dopo la grandinata di ieri nel pomeriggio, questa mattina la temperatura era freschina.

Fino a due anni fa attendevo l’estate con una punta di impazienza perché la seconda metà di giugno rappresentava per me, prima di tutto, il mio compleanno e poi la fine della scuola (come studente per un po’ di anni e poi, per molti, come insegnante) e l’inizio delle vacanze e le lunghe giornate in montagna piene di sole e di acquazzoni improvvisi e di scarpinate con lo zaino in spalla e le notti in alta quota.

Ora il compleanno non mi entusiasma più tantissimo (più si accumulano gli anni e meno viene voglia di contarli) e, da quando sono in pensione, la vita è una lunga vacanza per cui l’arrivo dell’estate non è più così atteso, ma è semplicemente un’altra stagione che inizia.

Eppure queste giornate così lunghe, con la luce che indugia fino a sera e le cene sul balcone tra i fiori e i voli delle rondini mi riempiono di gioia e sento un po’ la magia del solstizio d’estate.

Molti si chiedono come sarà quest’estate, molti si interrogano su come saranno le vacanze, se si potrà andare in spiaggia, se si potrà viaggiare tranquillamente, io non mi faccio troppe domande, so già che se farà molto caldo me ne andrò nella mia casetta tra i monti e passeggerò nei boschi dove tenere il distanziamento sociale non è difficile, so già che non partirò per il mio solito viaggio nella seconda metà di agosto, ma aspetterò l’autunno, se andrà tutto bene, per cercare l’estate nel deserto del Marocco, so già che sarà un’estate diversa perché ogni estate è diversa.

Alpe Giumello