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In piazza San Fedele.

Mi piace la piazza San Fedele, a Milano, così elegante e tranquilla eppure vicinissima alla Galleria e alla vivacità multicolore di Piazza del Duomo.

Mi piace passare di qui, magari dopo aver acquistato un panzerotto da Luini, e sedermi su una panchina ai piedi della statua di Manzoni che osserva severo la piazza incurante di qualche piccione irriverente che va ad appollaiarsi sulla sua testa.

Il Manzoni, che abitava a poche centinaia di metri da qui, andava a messa proprio in San Fedele e proprio qui, il 6 gennaio 1873, cadde, forse a causa del ghiaccio, e si procurò il trauma cranico che lo portò alla morte qualche mese dopo.

La piazzetta che allora lo scrittore attraversava aveva un aspetto diverso da oggi, probabilmente era più piccola e alcuni edifici sono andati distrutti durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale, ma la ricostruzione del dopoguerra ha mantenuto intatta il fascino di questo angolo della vecchia Milano.

Amo questa piazza, ma soprattutto amo concedermi una coccola, un buon caffè seduta al tavolino del bar all’angolo dove la bevanda, aromatica e forte, è accompagnata da un cioccolatino e da qualche dolcetto goloso.

Mi piace respirare questa atmosfera tranquilla e scambiare quattro chiacchiere e lasciarmi scorrere il tempo addosso.

Milano - Piazza San Fedele

Potsdamer Platz.

Era il cuore di Berlino alla fine del XIX secolo, crocevia delle strade commerciali che percorrevano la nuova capitale e conobbe il massimo splendore negli anni ’20 e ’30 quando, intorno alla piazza, sorsero teatri, negozi, luoghi di potere e ambasciate.

Alla fine della seconda guerra mondiale la piazza subì pesanti devastazioni e, con la costruzione del muro che la attraversava, assunse l’aspetto di una vasta area sgombra e desolata, almeno così la ricordo quando mi spiegavano che nulla poteva essere ricostruito fino a quando la città non fosse stata riunificata.

E così è stato.

Oggi Potsdamer Platz è tornaata ad essere uno dei luoghi più vivaci della città, circondata da alti edifici scintillanti fra i quali spicca il Sony Center, uno spazio circolare, coperto da una sorta di tendone da circo, dove si affacciano negozi e locali.

Nei giorni passati a Berlino per noi è diventato il luogo dove rilassarsi, seduti al tavolo di una birreria, davanti ad un boccale di generose proporzioni, un luogo dove riposare e intanto osservare “come gira il mondo” e chiacchierare tranquillamente.

Berlino - Potsdamer Platz

Nel cielo sopra Berlino.

Va bene, lo ammetto, è una cosa “da turisti”, ma non ho saputo resistere alla tentazione di salire sulla Fernsehturm, la mitica Torre della Televisione, visibile da tutta la città che, con i suoi 368 metri e rotti di altezza domina Alexanderplatz.

La torre fu costruita tra il 1963 3 il 1969 per celebrare i fasti della DDR e fu subito definita ironicamente “la vendetta del Papa” perchè, in una città che aveva cancellato tutte le croci, nelle giornate di sole sui vetri della sfera si accende un riflesso proprio a forma di croce che, nonostante svariati tentativi, è stato impossibile eliminare.

Oggi la torre, insieme alla Porta di Brandeburgo, è uno dei simboli che identificano la città.

Siccome non ci facciamo mancare niente abbiamo prenotato un tavolo (logicamente lato finestra) nel ristorante girevole della sfera e così, mentre facevamo colazione, abbiamo potuto ammirare Berlino in tutto lo splendore di una giornata limpida e ventosa.

Berlino - Colazione sulla Torre della Televisione
Berlino - Colazione sulla Torre della Televisione

Gli asparagi rosa di Mezzago.

Ogni anno, nel mese di maggio, si celebra a Mezzago la “Sagra dell’asparago rosa” giunta quest’anno alla cinquantanovesima edizione: si tratta di un’occasione per fare festa intorno a questo pregiato prodotto della terra che vanta la “Denominazione Comunale di Origine” (De. Co.).

A differenza di tutto il resto d’Italia, dove si producono turioni bianchi o verdi, gli asparagi di Mezzago hanno la cima rosata anche grazie alle particolari caratteristiche del terreno argilloso con la presenza di minerali ferrosi.

La coltivazione risale agli inizi del ‘900 quando, secondo la tradizione, un certo Muschén portò i semi dell’asparago dall’America celati in una canna di bambù, un po’ come il fuoco celato nel bastone cavo da Prometeo o le uova del baco da seta portate furtivamente dalla Cina all’interno del bastone di un missionario, logicamente si tratta di una leggenda che ci racconta però quanto questo ortaggio fosse considerato prezioso.

Al di là della storia e della tradizione sta di fatto che gli asparagi di Mezzago sono veramente deliziosi ed è un piacere ritrovarsi ogni anno nel salone di Palazzo Archinti per assaggiarli nel risotto, nelle lasagne o nel più classico dei modi, accompagnati da due uova al tegamino e da una spolverata di parmigiano.

Mezzago - Asparagi e uova
Mezzago - Sagra dell'asparago

Il profumo delle spezie.

Oggi ho visitato la Collezione Branca, un affascinante museo d’ impresa posto nello storico stabilimento aperto nel 1907 come ampliamento della fabbrica sorta a Porta Nuova nel 1845.

Il museo è imperniato, soprattutto, sulla produzione del Fernet, un liquore distillato, in origine, come anticolerico e antimalarico, quindi con una connotazione fortemente terapeutica, e in seguito affermatosi in tutto il mondo come aperitivo e digestivo.

Alla base del successo del Fernet c’è una formula segreta, tramandata letteralmente di padre in figlio, in cui entrano ventisette tra erbe, radici e spezie il cui profumo riempie una sala in cui si mischiano gli aromi dell’anice stellato, della cannella, della camomilla, per citarne solo alcuni.

Il percorso museale si snoda attraverso la storia dell’azienda, la ricostruzione dei vari reparti come la distilleria, la falegnameria dove i mastri d’ascia lavoravano le botti, la sartoria che produceva le divise, per finire con una vasta raccolta di manifesti che raccontano le scelte pubblicitarie e di marketing.

La vera chicca, però, sono le cantine, insospettabilmente estese, che ospitano ben allineate le grandi botti di rovere dove i distillati invecchiano nel buio e nel silenzio.

Milano - Collezione, distillerie e cantine Branca
Milano - Collezione, distillerie e cantine Branca

Per combattere il freddo.

Spesso, nel mese di aprile,tra le mie montagne l’inverno dà qualche colpo di coda e allora è nevischio e pioggia insistente e vento gelido che soffia giù lungo le vallate e un freddo che fa subito dimenticare che ormai la primavera è iniziata.

Ho poca voglia di uscire di casa e mi raggomitolo vicino al camino, come un gatto, godendomi il week end ozioso visto il clima quasi invernale fornisce un buon alibi per “saltare” la camminata nei boschi che altrimenti sarebbe “di contratto”

Ma il modo migliore per combattere il freddo è cucinare qualcosa di confortante, che riscaldi il cuore e il resto come gli gnocchetti di grano saraceno conditi con burro di alpeggio con aglio e salvia e un po’ di formaggio di casera tagliato a dadini.

Poi ci si siede a tavola con il piatto fumante e un calice di rosso di Valtellina e, come per magia, il freddo è solo un ricordo un po’ molesto.

Moggio

Una “coccola” stratosferica.

Quando ero bambina adoravo le caramelle “Rossana”, avvolte nella carta rossa, con l’involucro di zucchero croccante e il cuore di crema deliziosa e dolcissima dal vago sapore di nocciola.

Ultimamente gli scaffali dei supermercati si sono riempiti di creme spalmabili fantasiose e colorate che richiamano il gusto di biscotti al cioccolato e merendine al cocco così che la scelta, tra la più tradizionale alla nocciola del Piemonte e i nuovi prodotti si fa sempre più ardua.

Qualche tempo fa mi è giunta la notizia che era stata creata l’ennesima crema spalmabile che, praticamente, consiste nel ripieno delle caramelle “Rossana” in barattolo.

Pensavo che si trattasse di una leggenda metropolitana e invece, dopo lunghe quanto inutili ricerche, l’ho finalmente trovata e me l sono portata a casa.

Inutile dire che il gusto ricorda proprio quello delle celebri caramelle, che è dolcissima e profumata, che ha le calorie di una teglia di lasagne e che, purtroppo, va gustata in dosaggi omeopatici per evitare una pericolosa impennata del tasso glicemico.

Si tratta proprio di una “coccola” stratosferica da assumere in piccole dosi soprattutto nei momenti di sconforto.

Rossana

Il primo rumore del mattino.

I miei risvegli, soprattutto da quando sono in pensione, sono abbastanza soft infatti non c’è più il cicalino stridulo della sveglia che mi strappa dal sonno e gli altri rumori, i suoni del paese che si avvia verso una nuova giornata, i motori delle automobili, le voci dei bambini che vanno a scuola mi arrivano quasi ovattati.

E’ un po’ come se il mio cervello non fosse ancora pronto a mettersi in moto, ma avesse bisogno di un altro suono per svegliarsi completamente.

E l’altro suono c’è ed è il gorgogliare allegro del caffè nella moka che, insieme al profumo, mi avverte che la giornata è davvero iniziata.

Preparare il caffè è la prima azione della mattina che compio quasi ad occhi chiusi, con il pilota automatico inserito, e poi, mentre l’acqua bolle, guardo fuori dalla finestra, mi rendo conto se il cielo è sereno, se piove o c’è la nebbia, se il gelo notturno ha steso un velo di brina sul prato e sulle auto parcheggiate.

Poi riempio la tazzina e la giornata comincia.

tazzina

Un mondo di dolcezza.

In genere tra “dolce” e “salato” preferisco di gran lunga il salato, tra una fetta di torta e un trancio di pizza non ho dubbi, ma qualche volta mi capita di entrare in una pasticceria, magari in un locale storico di grande tradizione, e allora mi lascio stregare non tanto e non solo dai sapori, ma soprattutto dai profumi, dai colori, dalle forme eleganti dei dolci .

Mi incanto davanti alle vetrinette dove i dolci sono allineati con perizia e, anche se non mi lascio tentare e non acquisto nulla, mi piace ammirare i pasticcini, soprattutto a base di cioccolato e frutta secca o canditi, così lucidi ed aromatici.

Mi piace immaginare la passione, la creatività e l’abilità delle persone che, celate in un laboratorio del retrobottega, preparano le prelibatezze che si offrono agli occhi e al palato.

Milano

Creme caramel

E’ uno dei dolci dell’infanzia, quello che la mamma preparava quando avevamo ospiti e che arrivava in tavola su un piatto da portata di porcellana a fiori, con il profilino d’oro zecchino.

Cӏ ancora quel servizio di piatti da dolce, sopravvissuto a tanti anni di feste familiari ed arrivato nella casa in montagna dove ci capita ancora oggi di ospitare gli amici.

Quando la mamma decideva di cucinare la creme caramel , che non era mai quella confezionata con il sacchettino “tristissimo” del caramello abbinato al pacchetto del preparato, si metteva in pista con largo anticipo perchè la cottura a bagnomaria richiedeva tempo e attenzione.

Alla fine il risultato, frutto di tanta pazienza ed esperienza, era sempre eccellente e i complimenti degli ospiti erano il giusto premio per le ore passate ai fornelli.

Io non ho ereditato da mia madre l’abilità nella preparazione del dolce, ma ricordo ancora la sua creme caramel deliziosa, lucida, compatta e dall’aspetto quasi setoso.

Per questo motivo, se mi capita di trovarla nel menù di un ristorante, mi piace ordinarla, ma molto spesso le mie aspettative sono state deluse: quella della mamma è ancora inarrivabile.

Monforte (Langhe)