Archivi autore: Sciura Pina

Informazioni su Sciura Pina

Sono una ultrasessantenne, milanese, ex insegnante di lettere ora felicemente in pensione, mamma e casalinga a tempo perso. Amo la lettura, la fotografia. la montagna, il cinema, la buona cucina e viaggiare, soprattutto nella vecchia Europa. Sono curiosa, abbastanza anticonformista, mi piace osservare la realtà e farmi un'idea su tutto ciò che mi circonda. Se vuoi contattarmi scrivi a: sciurapina@gmail.com

Natale e tradizione.

Il Natale è, per molti, una festa che reca conforto: ci sono le luci, il presepe, i regali, i pranzi in famiglia che ci fanno sentire tutti più buoni.

Abbiamo ridisegnato questa giornata appesantendola con tanti orpelli che rischiamo di dimenticarne il senso più profondo: Natale è la salvezza che si incarna in un bambino, Natale è il “sì” incondizionato di Maria, Natale è una nascita che, per tutti noi, dovrebbe essere una rinascita.

La grotta di Betlemme non è solo poesia e tradizione, ma è il rifugio di una giovane famiglia che non ha un altro luogo dove ripararsi, una famiglia in viaggio, lontana da casa, povera ed emarginata: ricordiamolo quando allestiamo il presepe.

E allora, per prepararci, non servono luci, shopping sfrenato e la dolcezza un po’ melensa dei canti natalizi, ma bisogna sforzarsi di riflettere e di comprendere: in fondo questo è il senso del periodo di Avvento che è tempo di attesa, di preghiera, di conversione.

Se vogliamo veramente dirci cristiani dobbiamo staccarci un po’ da tutto ciò che ci circonda, dobbiamo magari andare a Messa e pregare, dobbiamo sforzarci di “farci prossimo” non solo nei confronti dei nostri cari e degli amici, ma di coloro che non vediamo e che vivono nella povertà, nel dolore, nella paura, nella malattia e nell’emarginazione.

Spero solo che l’atmosfera natalizia non ci distolga dal contemplare il Figlio di Dio che viene in questo mondo per portare amore, pace e luce e per far sì che queste non restino parole prive di significato.

Auguro a tutti un Natale di gioia e un Avvento altrettanto gioioso.

Moggio (Natale)

Milano, 12 dicembre 1969.

Nel 1969 avevo sedici anni, frequantavo il liceo ed ero una ragazzina che da poco aveva lasciato i calzettoni chiusi nel primo cassetto.

Avevo fretta di crescere, come credo accadesse a tutti gli adolescenti, ma la mia vita era ancora legata quasi unicamente alla scuola, allo studio e alle scampagnate con la mia famiglia, non avevo una compagnia di amici e amiche con cui trascorrere il tempo libero.

Al sabato pomeriggio, quando staccavo un po’ dallo studio, ascoltavo “Bandiera Giaalla”, il programma di Arbore e Boncompagni “rigorosamente riservato ai giovanissimi” (come recitava lo slogan di apertura della trasmissione) che mi dava l’occasione di sentire canzoni inedite o uscite da poco sul mercato italiano e di restare aggiornata sulla musica.

Ero una ragazza tranquilla, moderatamente studiosa, afflitta da una insopportabile timidezza che cercavo di nascondere.

Sulla mia assoluta normalità si abbattè, quel pomeriggio, mentre mi trovavo con la mia famiglia nella cascina di alcuni amici di papà dalle parti di Inverigo, la notizia della bomba di Piazza Fontana che aveva devastato la Banca Nazionale dell’Agricoltura causando diciaassette morti e ottantotto feriti.

Ora, a distanza di tanro tempo, mi rendo conto che quella notizia aveva chiuso definitivamente un periodo della mia vita, che quel giorno avevo iniziato a diventare una persona adulta.

Milano Piazza Fontana

Blogger a settant’anni.

In realtà, visto che il mio blog ha compiuto da poco diciassette anni, quando ho iniziato a scrivere i miei post non ero proprio una ragazzina, ma, nel frattempo, il blog è invecchiato e io pure, anzi… di più.

Non ho mai avuto grandi pretese di pololarità, non desideravo e non desidero tuttora diventare un’influencer, ma mi fa piacere quando qualcuno legge le mie righe e, magari, me lo fa sapere, o mi rimprovera bonariamente quando sto tanto tempo senza scrivere.

All’inizio scrivevo soprattutto di scuola, visto che la scuola occupava una grande parte della mia vita poi, dopo essere andata finalmente in pensione, ho cominciato a parlare dei miei viaggi, dei musei che mi piace visitare, delle mie letture, dei film, della musica e di tutte le piccole grandi esperienze che ora occupano la mia vita.

Scrivere il mio blog era ed è un buon modo per riflettere, per fare chiarezza, per pensare e per ricordare.

Per questo consiglio anche ai miei coetanei di frequentare la rete, di essere social, ma con attenzione, con il desiderio di conoscere, di comprendere la complessità di ciò che ci circonda, di decodificare i linguaggi, di non farsi ingannare dalle mille voci discordanti che circolano liberamente.

Essere social può essere utile e interessante, ma bisogna ricordare sempre che se, come una volta, “l’ho sentito in tv” non era una garanzia di verità, anche “l’ho letto in internet” non sempre è dà la certezza dell’affidabilità.

tasti

Neve per l’Immacolata.

Il giorno dell’Immacolata la Valsassina si è ammantata di una lieve coperta di neve fin dalle prime ore del mattino.

Appena alzata, ancora in pigiama e con una tazza di caffè fumante tra le mani, sono restata per qualche minuto immobile davanti alla finestra ad osservare i fiocchi di neve danzare nell’aria, incantata e stupita come quando ero bambina e le nevicate mi affascinavano anche se erano uno spettacolo più abituale e spesso anche la pianura spariva sotto una coltre soffice di neve.

Cavenago di Brianza

Domani Sant’Ambrogio.

Domani Milano festeggia il suo patrono, anche se del vescovo nato a Treviri che guidò la diocesi dal 374 fino alla morte, avvenuta nel 397, forse i milanesi non sanno molto.

L’iconografia tradizionale lo rappresenta, anche sul gonfalone della città, in abiti vescovili con il pastorale in una mano un flagello nell’altra come a dire che Ambrogio era un buon pastore, dall’eloquio “dolce come il miele, severo, ma giusto.

Nel giorno di sant’Ambrogio c’è la prima della Scala, la consegna dell’ambrogino d’oro, la benemerenza cittadina più prestigiosa, si accende l’albero in piazza del Duomo e tutta la città si illumina delle mille luci del Natale.

Non so se il vescovo, teologo e scrittore che protegge Milano sarebbe stato contento di tanto glamour, di tante celebrazioni nel giorno a lui dedicato, ma forse, visto che era tanto austero, avrebbe auspicato una maggiore sobrietà.

Milano - Basilica di Sant'Ambrogio

I profumi di dicembre.

Ci sono dei profumi che risvegliano nella mia mente un’ondata di ricordi, ricordi che mi riportano a momenti della mia infanzia legati al Natale e alle feste.

Spesso mi basta sbucciare un mandarino per rivedermi con la mia famiglia in una stanza calda illuminata dalle luci intermittenti dell’albero di Natale, la tavola ormai sparecchiata dopo il pranzo e le bucce profumate che finiscono nella stufa per avvolgerci con il loro aroma intenso, mentre dal panettone appena affettato mi giunge il profumo dei canditi e dell’uva passa.

La stessa sensazione affiora quando sento il profumo della cannella che mi ricorda i pomeriggi invernali trascorsi nella latteria affacciata sulla piazzetta del mio quartiere, la cannella spruzzata sulla panna montata che si mescolava al profumo di lavanda della mia nonna e mi regala un senso di calore affettuoso.

E poi c’è il profumo un po’ bruciato dello zucchero filato che assaporavo praticamente solo una volta all’anno quando, per sant’Ambrogio, andavamo alla “Fera di Oh Bej Oh Bej”, il mercatino intorno alla basilica milanese, dove acquistavamo le statuine per il presepe e i decori per l’albero.

I profumi sono potenti agganci della memoria e per questo motivo, soprattutto in questo periodo dell’anno, amo circondarmi di cose buone che mi permettono di ricordare, senza nostalgia, ma con gioia i momenti della mia infanzia che mi riempiono di serenità.

Moggio

E’ domenica, facciamo quattro passi.

Anche se ormai sono in pensione da cinque anni e, praticamente, da cinque anni sono in vacanza, la domenica è ancora un giorno di festa, un giorno in cui fare qualcosa di diverso.

Così ieri, approfittando della giornata di sole freddina, ma non gelida, siamo andati a fare quattro passi al villaggio operaio di Crespi d’Adda, un luogo che mi piace particolarmente e dove torno spesso (anche perché quando insegnavo era una meta privilegiata delle visite d’istruzione di terza media).

Sono bastati quattro passi, uno sguardo dalla balconata che sovrasta il villaggio, un caffè bevuto di corsa nel piccolo bar di fronte alla chiesa per respirare l’impressione di festa, per sentirmi in vacanza.

Sono qua, sono tornata.

Sono passati molti mesi da quando ho pubblicato l’ultimo post, mesi trascorsi in una quieta normalità interrotti solo da un breve viaggio a Bucarest che mi ha lasciato un’impressione di lieta serenità.

Sono trascorsi mesi prima che avessi di nuovo il desiderio di scrivere, prima che la pagina bianca smettesse di infastidirmi e, allo stesso tempo, di invitarmi insistente come il canto delle sirene.

Ora sono qua, sono tornata con il desiderio di ricominciare a riempire di parole questo spazio bianco, perché le parole danno forma e consistenza ai pensieri, perché i pensieri, se restano senza parole, restano sospesi nell’aria e sembrano perdere significato.