Osservazioni di una “rompiballe”.

“Rompiballe” non è un termine che uso spesso, ma visto che un ministro del mio Paese mi ha definito così se mi illudo di pagare un caffè con la carta di credito, mi corre l’obbligo di citarlo.

Intendiamoci, solitamente non pago i caffè con la moneta digitale, ma ho l’abitudine di avere sempre pochissimo contante con me (i ripetuti borseggi mi danno in qualche modo ragione) e poi apprezzo l’idea di acquistare qualcosa di imprevisto senza dover fare i conti con quello che ho nel portafogli, peraltro abbastanza miserrimo.

Mi piace entrare in un negozio per acquistare un golfino e magari comprarne due perché mi piace il modello o perché ho trovato il capo che cercavo da tempo e non essere limitata dal fatto di avere con me solo una ventina di euro.

D’altra parte, visto il ventilato limite di sessanta euro entro il quale sarebbe possibile rifiutare i pagamenti con il pos, non oso mmaginare quanto contante dovrei infilare nella borsetta per esempio per gli acquisti natalizi o nel periodo dei saldi o quando sono in viaggio (certo l’alternativa sarebbe di continuare a prelevare dai bancomat, ma anche questa operazione non è esente da costi).

Di conseguenza, dal nuovo anno, prima di un acquisto o di una consumazione in un bar o in un ristorante mi assicurerò di poter pagare con la carta di credito e, in caso contrario, cambierò esercente.

Se è vero che chi vende beni e servizi può esercitare il diritto di esigere i contanti è anche vero che chi acquista deve poter avere il diritto di scegliere come pagare, o più semplicemente, di rivolgersi a chi questo diritto lo garantisce.

Milano - In caffetteria

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