A proposito dei vaccini.

Quando ancora insegnavo, se mi capitava di indossare una camicetta sbracciata, spesso attiravo l’attenzione dei ragazzi, incuriositi quelle due strane cicatrici sul braccio.

Dovevo sempre spiegare loro che si trattava dei segni lasciati dalla vaccinazione contro il vaiolo, vaccinazione che ormai non si fa più perché la malattia, grazie probabilmente alla profilassi di massa, è stata debellata negli anni ’80 del secolo scorso.

Si trattava di una malattia altamente contagiosa e ad altissima mortalità, che sfiorava circa il 30% dei contagiati.

Quando ero bambina uno degli incubi di mia madre era la poliomielite, ma grazie al cielo, negli anni 1950 fu realizzato il primo vaccino, il  Koprowski, seguito nel ’55 dal Salk e, per concludere dal vaccino Sebin del 1962.

Ricordo ancora le “magiche” goccine sulla zolletta di zucchero (si usava così) perché quando in Italia iniziò la vaccinazione di massa ero già grandicella.

Quando ero bambina non esistevano i vaccini contro il morbillo (e così me lo sono beccato e ho avuto come conseguenza un forte strabismo che mi ha portato alla quasi totale perdita della vista dall’occhio destro), contro la rosolia e la pertosse (malattie che ho puntualmente contratto), altrimenti mia madre non avrebbe avuto alcun dubbio e mi avrebbe fatto vaccinare.

Le cause farmaceutiche producono vaccini per fare profitto?

Certo, anche il mio panettiere produce il pane per guadagnarci e questo non mi trattiene dall’acquistare il pane e tutti quelle merci che vengono prodotte per trarre profitto e non capisco francamente perché questo non dovrebbe valere anche per i produttori di farmaci.

In questo momento, dopo aver invocato per mesi l’arrivo del vaccino contro il Covid19, sorgono perplessità sull’efficacia e dubbi di complottismo.

Da parte mia non appena il vaccino sarà pronto, debitamente testato e autorizzato non avrò dubbi e mi vaccinerò e se le case farmaceutiche dovessero guadagnarci, pazienza.

Cracovia - Farmacia sotto l'Aquila

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