Non è indispensabile sciare.

Si può vivere senza trascorrere una giornata sulla neve, si può anche fare a meno dello sci (io ormai lo faccio da tanti anni per il timore di cadere e di frantumarmi qualche osso principale o secondario), si può, o almeno, noi che viviamo in pianura possiamo anche rinunciare.

Purtroppo la stessa cosa non si può dire dei rifugisti, dei maestri di sci, degli addetti agli impianti di risalita e di tutte quelle persone che degli sport della neve hanno fatto la loro vita e che aspettano il periodo delle feste di fine anno per decidere se la stagione è andata bene o no.

Sono tantissime le persone che svolgono professioni legate al tempo libero (libero per noi, s’intende) e che in questo periodo soffrono particolarmente perché le loro attività, in un periodo di crisi sanitaria ed economica, sembrano passare in second’ordine, sembrano in qualche modo “sacrificabili”.

Si tratta dei lavoratori dello spettacolo in senso lato, delle guide turistiche, degli addetti di musei, cinema, teatri, impianti di risalita, agenzie di viaggi, degli autisti di bus turistici, degli albergatori, dei ristoratori, dei baristi e di tante altre categorie di lavoratori che non solo soffrono per il blocco delle attività, ma temono anche che, quando e se si tornerà alla “normalità”, le condizioni economiche saranno così precarie da imporre dei tagli al bilancio familiare.

Cosa possiamo fare?

In attesa di tornare a viaggiare, a sciare, a visitare un museo, a goderci uno spettacolo teatrale o cinematografico possiamo solo cercare di rispettare rigorosamente le regole e cercare, ciascuno nel proprio piccolo, di riportare la situazione sanitaria a livelli vivibili.

Se non lo facciamo per noi stessi, facciamolo almeno per tutte quelle persone che chiedono solo di tornare a lavorare.

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