Fenomenologia della coda.

Una delle conseguenze più evidenti della pandemia consiste nel fatto che, per amore o per forza, anche noi italiani abbiamo dovuto imparare a metterci in coda, ma anche in questa circostanza, regolamentata e contingentata, ho potuto osservare che, anche nel mettersi in coda, esistono diversi stili e modalità.

Ecco una breve panoramica di tipi umani che, visto che avevo tempo a disposizione, ho potuto osservare:

L’ansioso/a: si avvicina alla coda con affanno perché ha lasciato le pentole sul fuoco o nella borsa ha i surgelati che si scongelano o c’è un fantomatico aereo in partenza (che in tempo di pandemia è una gran bella scusa). Di solito procedendo a passo lesto e schiena dritta supera tutte le persone in fila che, di solito, non hanno il tempo di reagire.

Il rettile: striscia, si insinua, serpeggia. Lo senti alle tue spalle, ti distrai un attimo e lo trovi di fianco a te, distogli lo sguardo infastidito e quando guardi di nuovo lo vedi tre persone davanti a te che, con sinuose manovre, si ritrova in testa alla coda.

L’inconsapevole: Non capisce che c’è la coda, non l’ha vista, non ne conosce lo scopo, con aria confusa e un gran punto di domanda stampato in fronte, sorpassa tutti. Qualche volta mette in atto una strategia sopraffina: chiede un’informazione al primo della coda e poi resta lì. Viene voglia di strangolarlo, ma ormai è troppo lontano.

Il congiunto: vi mettete in coda tutti contenti perché davanti a voi ci sono solo cinque persone, peccato che ognuna di queste venga raggiunta da un numero ragguardevole di mogli, figli, nipoti, amici d’infanzia o, come si usa oggi, affetti stabili. E’ inutile protestare, ci vorrebbe un lanciafiamme.

L’interrogativo: si avvicina alla coda con aria smarrita, sussurra “devo solo chiedere una cosa” e sorpassa tutti. Di solito la “cosa richiesta” richiede una ventina di minuti.

Polonia - Danzica

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