Il bivio di Capaci.

Quando, arrivando dall’aeroporto di Punta Raisi, ci si avvicina a Palermo sull’autostrada A19 si passa sotto il cartello che indica l’uscita per Capaci, lì vicino c’è una grande stele che ricorda le vittime dell’attentato ed è impossibile non sentire un brivido di sgomento.

In alto, sulle destra, una piccola costruzione bianca con la scritta “No mafia” è il luogo dove era appostato Brusca pronto ad azionare il denotanore.

Il 23 maggio 1992 persero la vita il giudice antimafia Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli uomini della scorta Vito Schifani, Antonio Montinaro e Rocco Dicilio.

Anche se sono passati 28 anni il tempo trascorso non può cancellare le emozioni di quel maggio del 1992, non può cancellare il ricordo di quella voragine aperta nell’asfalto e l’impressione del boato, non udito, ma solo immaginato, e la profonda desolazione per quell’attimo che inghiotte l’uomo che era divenuto il simbolo della guerra al potere di Cosa Nostra.

Quando si passa sotto il cartello del bivio di Capaci ora l’asfalto è liscio, ma basta alzare lo sguardo per ricordare e per decidere da che parte stare.

“Occorre compiere fino in fondo il proprio dovere, qualunque sia il sacrificio da sopportare, costi quel che costi, perché è in ciò che sta l’essenza della dignità umana.” (Giovanni Falcone)

Palermo (Sicilia)

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