Il primo caffè.

Era dal 23 febbraio che non bevevo un caffè al bar e mi ero ripromessa di non cedere alla tentazione dell’ asporto (mi siedo al tavolino persino da Starbucks, il che è tutto dire), ma dopo centinaia di caffè fatti in casa e bevuti sul balcone, non ce l’ho fatta più.

Sono entrata in un bar, rigorosamente da sola dopo aver disinfettato le mani, ho ordinato il mio espresso, ho atteso disciplinatamente nell’area adibita al ritiro ben lontana dal bancone, ho posato il denaro, ho ritirato il mio caffè e sono uscita all’esterno, per berlo in assoluta solitudine e in gran fretta.

Mi rattrista un po’ sorbire l’aromatica bevanda in piedi (come i cavalli), scottandomi le labbra per non restare troppo tempo senza la mascherina, in un bicchierino usa e getta dall’aria dimessa, ma, per lo meno, il profumo c’è, il sapore c’è e c’è, soprattutto, il gusto di una parzialissima “normalità” recuperata.

Il caffè nel bicchierino di carta è solo un primo passo, piccolo e difficile come piccole e difficili sono tutte le libertà che mi sono concessa in questi giorni: una passeggiata al parco nelle prime ore del pomeriggio (quando non c’è nessuno), una puntata in tintoria per portare a lavare i giacconi invernali, l’acquisto di un vaso di fiori, una breve visita in chiesa e al cimitero.

Sono piccole libertà, ma dopo tanti giorni “ai domiciliari” sono come tornare a vivere.

Caffè

2 pensieri su “Il primo caffè.

  1. francesco

    pur essendo uscito per lavoro due settimane fa e aver preso da mangiare in posti che servono anche il caffè, ho evitato. fatto bene o fatto male non so. ma l’ho fatto

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