Il piacere di un caffè.

Mi spiace, ma per me bere un caffè al bar significa sedermi ad un tavolino e magari scambiare quattro chiacchiere (… da bar, appunto) con gli altri avventori e dare un’occhiata al giornale lasciato negligentemente su un tavolo vicino, bere un caffè significa concedermi una piccola piacevole pausa tra una corsa e l’altra.

Neanche da Starbucks riesco ad acquistare un caffè da asporto, non riesco a bere dai bicchieri di carta “con il coperchio”, a meno che non mi trovi in un aeroporto o a bordo di un aereo dove, qualche volta per ingannare il tempo, ordino un bicchierone di beverone scuro (caffè “americano”, lo chiamano) che si raffredda sul tavolino, mentre l’aereo scivola nell’aria.

Di conseguenza, in attesa che sia possibile bere un caffè seduta ad un tavolino, magari all’aperto, a debita distanza dagli altri avventori, verosimilmente senza mascherina (altrimenti sarebbe una bella impresa), rinuncio al caffè da asporto, anche perché sarebbe un problema berlo camminando per strada (sono un’imbranata cronica) e probabilmente, dovendo berlo a casa, dopo aver percorso un certo tratto di strada, dopo essermi tolta le scarpe, dopo essermi cambiata d’abito, dopo aver gettato guanti e mascherine e dopo essermi lavata accuratamente le mani, il caffè sarebbe irrimediabilmente gelido.

Milano - Caffetteria

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