In attesa del “picco”

Si fa un gran parlare, in questi giorni, del “picco”, cioè del momento in cui la curva della crescita dei contagi dovrebbe appiattirsi, si fanno previsioni ottimistiche o catastrofiche, ma solo la reale interpretazione dei dati potrà darci una risposta attendibile.

Temo però che si stia facendo strada l’illusione che, una volta raggiunto il “picco”, si potrà tornare ad una vita normale e questa idea mi spaventa perché, da una parte, c’è il rischio che molti allentino l’attenzione e abbandonino le cautele di questi giorni, dall’altra è possibile che lo scoprire che il “picco” non coincide con il ritorno alla quotidianità generi un senso di frustrazione e l’impressione che il rigore di questi giorni sia stato un inutile sacrificio.

Mai come ora è indispensabile mantenere i nervi saldi, seguire le indicazioni di chi ne sa più di noi, non farci prendere dall’eccessivo scoramento o da una pericolosa euforia e continuare questo isolamento con costanza e attenzione.

Da parte mia , ormai, esco di casa per una decina di minuti due volte alla settimana e, per il resto, mi godo il sole e l’aria tiepida sul balcone, tra i miei fiori e le casse che il riordino dei miei armadi (una delle attività di questi giorni) ha prodotto, in attesa di poter smaltire quanto ho ammucchiato.

Sto qui e osservo la magnolia, nel giardino della casa di fronte, che fiorisce rigogliosa a dispetto delle nostre paure e delle nostre emozioni.

Cavenago di Brianza - Dal balcone

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