I sapori del Natale.

Il periodo natalizio (che più o meno inizia all’inizio di dicembre e finisce intorno alla metà di gennaio) è un tempo di grandi abbuffate da scontare poi con un tempo più o meno lungo di rimorsi e dieta ferrea.

Una volta, quando ero bambina, era un tempo un po’ più ristretto in cui ritornavano ciclicamente sapori particolari che poi sparivano durante il resto dell’anno ed attendere quei sapori era un’esperienza gioiosa che oggi, nell’era della globalizzazione, in qualche modo ci è stata tolta.

Ricordo il profumo delle arance e dei mandarini avvolti in carta lucida che si spandeva  intorno alla tavola ancor prima che gli spicchi dorati venissero liberati dalla buccia tesa, ricordo il sapore particolare dei datteri, dolcissimi ed appiccicosi, il gusto delle noci, delle mandorle e dei fichi che, per il resto dell’anno, scomparivano come per magia.

Ricordo che mia madre preparava una sorta di aspic di pollo e verdure con la gelatina lucida e tremolante che troneggiava in mezzo alla tavola dove compariva anche, accanto al bollito, la mostarda.

E poi ricordo il profumo del panettone e il sapore dei canditi e dell’uvetta che mi sembravano più saporiti di oggi anche perchè il panettone era artigianale e ce n’era di un solo tipo non come ora che i panettoni sono ricoperti di cioccolato e glassa, farciti con creme dai sapori esotici, senza canditi, o senza uvetta, o senza uvetta e canditi, o senza uova e burro, o senza glutine, o senza panettone (… e in questo caso si chiama pandoro).

E poi c’era il torrone, duro come il cemento, profumato di frutta secca e di miele.

Forse non erano i sapori ad essere diversi, forse eravamo diversi noi che eravamo capaci di stupirci, che sapevamo il valore dell’attesa, che ci accontentavamo di semplici gioie, che sapevamo gustare la felicità di stare insieme.

Milano Expo 2015

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