Il piacere della disinformazione.

Fino allo scorso anno scolastico (quando frequentavo quotidianamente dei preadolescenti) consideravo un imperativo morale e quasi un dovere professionale avere in qualche modo contezza dei loro interessi e delle loro passioni.

Così, resistendo al mal di pancia e ad un principio di orticaria, davo un’occhiata di tanto in tanto a qualche reality, giusto per capire l’argomento delle loro accese discussioni.

E così cercavo di districarmi fra isole popolate di celebrità a me per lo più ignote e case che ospitavano perfetti sconosciuti o vip quasi altrettanto sconosciuti, fidanzamenti spazzati via in pochi giorni e amici che tutto mi parevano meno che amici.

Capivo poco e non mi divertivo per nulla, ma stare in classe (purtroppo) non consiste solo nel ripassare Manzoni o Leopardi i quali, detto per inciso, se fossero finiti su qualche isola mi avrebbero appassionato sicuramente di più.

La pensione mi ha regalato anche questo: il piacere di essere disinformata e il gusto di guardare Rai5 o Alberto Angela come se non ci fosse un domani.

E pazienza se alla mattina, mentre bevo un caffè al bar, non capisco di cosa parlino molti degli altri avventori.

Beata ignoranza!

Caffè

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